“Violet Evergarden”: una storia di traumi e parole

“Violet Evergarden”: una storia di traumi e parole
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La straziante storia di Violet riesce senza alcuno sforzo a tenere tutti incollati allo schermo e a suscitare in ciascun spettatore emozioni fortissime. Si tratta, tuttavia, di una tragedia molto più complessa di ciò che appare

Presentazione

Violet Evergarden nasce come manga scritto da Kana Akatsuki ed illustrato da Akiko Takase; viene pubblicato dal 2015 al 2020 e successivamente riadattato in una serie animata di 13 episodi disponibili sulla piattaforma di streaming Netflix. L’anime tratta le vicende di una giovane dalle origini sconosciute che viene cresciuta per diventare una formidabile combattente dell’esercito.

Una volta terminata la guerra, la ragazza si ritrova sola e abbandonata in un mondo per lei nuovo. Infatti, durante uno scontro decisivo, perde le braccia e l’unico uomo che l’avesse mai trattata come un essere umano: il Maggiore. Violet è ora alla disperata ricerca di uno scopo e durante il suo percorso di crescita cercherà di capire il significato delle ultime parole del suo Maggiore. La vera storia ha quindi inizio quando Violet decide di diventare un Auto Memory Doll, ovvero una ghostwriter

La protagonista e il genere

Violet è paragonabile ad una lente di ingrandimento: uno strumento abilmente usato dagli autori per inviare il loro messaggio con successo. La sua apparente inabilità comunicativa è una scusa per rappresentare il lutto in modo chiaro, senza “censure” dovute alle convenzioni sociali del caso. Lei, che sembra venire da un altro mondo, racconta senza giri di parole o menzogne la nostra realtà. La sua storia descrive l’amore tra una bambola ed un uomo e di come questo si trasformi in tragedia. Questo argomento, che risulta particolarmente problematico per il genere anime e manga, Violet Evergarden lo affronta di petto e, fortunatamente, ne respinge bene gli stereotipi

Innanzitutto, tra lei e il Maggiore vi è una relazione di affetto puramente platonico che non si consuma mai in un rapporto carnale, come invece succede in numerosi altri casi. Il concetto di bambola resta quello di essere puro e non viene mai deturpato da una qualche forma di atto sessuale, topos per cui alcuni titoli sono tristemente famosi.

Inoltre, affronta in modo estremamente toccante e delicato il tema del tragico, senza cadere in esagerazioni o in risultati catastrofici. È un bel traguardo considerando che molto spesso questo intento produce risultati di scarsissima qualità. Con questo anime lo spettatore può immedesimarsi e rispecchiarsi nel dolore mostrato, purificandosi dal suo malessere interiore, che sia inerente o meno allo stesso tipo di evento. La serie, quindi, rende molto facile appassionarsi e liberarsi assieme ai personaggi della propria sofferenza.

Violet Evergarden
(fonte: Google Images)
La serie come viaggio

Con l’evoluzione della protagonista, è possibile che “cresca” anche lo spettatore. Violet passa dall’essere in uno stato quasi ferale ad un’assassina infallibile e obbediente dell’esercito, poi ancora ad una bambola che non ha una propria personalità e che si limita a trascrivere quella altrui, ad una donna. Indice di questi passaggi è il cambiamento nel suo portamento: dapprima è quasi animalesco, poi diventa rigido e militare, a seguire si evolve in quello di un automa (sottolineato dal rumore che fanno le sue dita metalliche sulla macchina da scrivere), ed infine si trasforma in un atteggiamento delicato e umano. 

La fanciulla ci mostra come anche noi, da animali soli, con tanto tempo e fatica possiamo (come dichiara anche Saint-Exupéry nel Piccolo Principe) farci “addomesticare” all’amore. E poi può succedere che, per un qualche motivo che può essere interpretato come colpa nostra o meno (anche Violet non sa se incolparsi o meno della morte del Maggiore), lo perdiamo. Proprio come lei, sentiamo di non poter amare di nuovo e di non poter provare più niente. E, sempre come lei, impariamo a leccarci le ferite e ad andare avanti, accettando quel che è successo e riadattandoci a quel mondo che, con il nostro dolore, avevamo dimenticato e ci aveva dimenticati a sua volta. 

Violet tenta di sorridere
(fonte: Google Images)
L’importanza delle parole

Voler capire meglio ciò che sfugge all’immediata comprensione fa parte della natura umana. Ma Violet non è, o perlomeno non del tutto, umana. Come spiegare dunque la sua ossessione nel voler capire le ultime parole del Maggiore? La ragazza non è stupida e anzi, sembra comprendere molto bene a livello teorico la lingua. La verità è che sa benissimo cosa vuol dire “ti amo”; quello che non sa altrettanto bene è perché il Maggiore abbia scelto di dirlo e perché a lei.

Il bisogno umano di affidare l’astratto al concreto è sempre esistito e sempre esisterà sotto le più svariate forme di sfogo: letteratura, musica, arte, gestualità… l’individuo è sempre portato a ridurre ciò che non capisce (come i propri sentimenti o il concetto di Dio, per fare degli esempi) a qualcosa di più semplice, qualcosa che possa percepire e afferrare con i propri sensi, come le parole. Violet capisce il lato fisicamente percepibile delle parole, quello che i linguisti definirebbero il significante. Ciò che non comprende è l’emozione o il concetto che c’è dietro, il significato

È ironicamente saggio che lei scelga di fare la ghostwriter, ovvero colei che ascolta il significato espresso da qualcun altro e lo traduce con il proprio significante. Il ghostwriting è sostanzialmente l’opera del cliente raccontata dalla voce del lavoratore. Solo così Violet riesce a comprendere quel “ti amo”: allenandosi ad ascoltare i significati di qualcun altro (senza dover temere per i propri) e traducendoli con i suoi significanti.

Alla fine, quando è pronta, ascolta e comprende fino in fondo il significato delle parole del Maggiore, associandole a quel significante che finora era stato tanto enigmatico per lei.

Il Maggiore Gilbert
(fonte: Pinterest)
Violet e Cassandra: l’innocenza delle vittime

Il confronto tra Violet Evergarden e Cassandra, la figlia di Priamo re di Troia, potrebbe non essere il più immediato, ma sicuramente tra i più efficaci. 
Per ricordare brevemente la storia di Cassandra, si può dire che lei fosse una sacerdotessa di Apollo invisa ai suoi concittadini a causa delle sue profezie di sventura. La sua capacità di preveggenza le è stata donata proprio dal dio del Sole, il quale però impose il limite che nessuno le credesse mai. Nell’Orestea di Eschilo si racconta che fu stuprata da Aiace e che, violata nel suo voto di castità, vagasse tristemente cantando la marcia nuziale, nel disperato tentativo di legittimare l’accaduto.

Le due eroine hanno molto più in comune di quanto non possa apparire. Entrambe hanno un qualcosa in più che non hanno chiesto e che le distingue dagli altri esseri umani, donato loro da entità superiori. Nel caso della Doll, si tratta delle capacità belliche ricevute dall’esercito, mentre per la sacerdotessa è la sua abilità profetica donatale da Apollo. Ambedue subiscono un trauma che va completamente contro i loro princìpi e limiti che all’inizio avevano molto chiari. Violet doveva proteggere il Maggiore, Cassandra doveva rimanere vergine a vita. E infine sia l’una che l’altra cercano di trovare motivi e cavilli che possano salvarle dal dolore, ricercano spiegazioni che appaiono chiare a tutti tranne che a loro. Una non riesce a convincersi del fatto che l’uomo che ama è morto e l’altra non accetta che la sua promessa di castità sia stata infranta e il suo corpo sia stato violato. 

Queste due eroine così simili tra loro sono sia vittime sia carnefici degli eventi che le vedono coinvolte e tuttavia risultano ancora incredibilmente innocenti agli occhi dello spettatore, il quale finisce inevitabilmente per affezionarcisi e compatirle.

Considerazioni finali

Violet Evergarden è un viaggio breve ma intenso, ben fatto e dalla scrittura ben pensata, con ambientazioni accattivanti e dall’animazione fluida. È un piacevole susseguirsi di emozioni senza stereotipi e senza esagerazioni, un viaggio completo dal lutto alla guarigione. Se si vuole una scusa per piangere un po’, sicuramente questa è una buona opzione. E anche qualora non si volesse piangere, la visione resta comunque caldamente raccomandata, poiché questo titolo si piazza molto in alto nella lista dei migliori del genere.

a cura di
Adelaide Gotti

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Adelaide Gotti

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