“Divorzio di velluto” di Jana Karšaiová

“Divorzio di velluto” di Jana Karšaiová
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Il buio che si portava dentro era solo buio, sotto scorreva la vita, per tutti, anche per lei.

Divorzio di velluto è il romanzo d’esordio di Jana Karšaiová, tra i finalisti al Premio Strega 2022.

Il titolo fa riferimento alla separazione tra Slovacchia e Repubblica Ceca avvenuta senza violenza e, nel romanzo, anche al divorzio tra Katarína, la protagonista, e il marito Eugen.

Katarína torna da Praga a Bratislava, il suo paese, per trascorrere il Natale con la famiglia, nonostante, soprattutto con la madre, abbia un rapporto difficile. In quei giorni ritrova anche le sue compagne di università, Mirka, Dana e Viera.

Katarina e Viera si raccontano ciò che hanno passato, le loro ferite e i momenti difficili e Katarína ripercorre il rapporto con il marito: da quando si sono incontrati per la prima volta, al matrimonio, fino a che lui l’ha lasciata con un semplice bigliettino.

Katarina ricerca se stessa attraverso i suoi ricordi, legati a quelli del suo Paese.

Divorzio di velluto
Cosa mi è piaciuto e cosa no?

In questo romanzo l’autrice, attraverso i suoi personaggi, racconta lo smarrimento che si prova quando a vacillare sono le nostre radici: una famiglia da cui ci si sente ad un certo punto estranei, un paese che non è più quello di prima.

Ciò che leggiamo è il processo che porta alla separazione, il ritorno alle origini e la partenza verso qualcosa di nuovo.

L’autrice ha utilizzato l’italiano, lingua che ha fatto sua nel tempo, per scrivere il suo primo libro usando, appunto, questo espediente per allontanarsi da tutto e poter raccontare senza paura.

La sua è una scrittura senza fronzoli, ma di grande effetto. Ho apprezzato anche l’uso di capitoli brevi e le tante citazioni di pietanze tipiche.

Mi è mancato però qualcosa: non mi sono sentita coinvolta, è come se l’emozione non riuscisse ad arrivare. Le immagini mi sembravano sfocate, come in un vecchio film in bianco e nero.

Avanzavo nella lettura pensando che sarebbe successo qualcosa, ma le parole scorrevano senza cambiare mail il tono.

A creare un pò di ritmo c’era Viera, le sue scelte e il suo modo di porsi verso le difficoltà che ci sono quando vai a vivere in un altro paese.

Dal carattere più deciso e forte di Katarina è riuscita a rinascere, nonostante tutte le difficoltà che ha incontrato anche per affermare se stessa, ma la sua storia è rimasta sullo sfondo senza emergere davvero come avrebbe meritato.

“Il modo in cui si osserva il mondo è determinato totalmente o in parte dalla struttura della propria lingua madre.”

E quindi si può risorgere dalla polvere delle proprie radici?

Ci sono tanti modi per farlo, e Katarina e Viera ci mostrano il loro; ma io mi chiedo: davvero allontanandosi si può rinascere?

Parte di ciò che siamo stati ci rimane attaccato per sempre, ma forse proprio questa esperienza ci rende più capaci di affrontare il nuovo che ci aspetta.

Consiglio questo romanzo a chi ama le storie che si sviluppano su più piani di lettura e che lasciano spazio all’interpretazione e alla riflessione.

a cura di
Anna Francesca Perrone

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