“Senza eredità”, la ballata finale di Moltheni

“Senza eredità”, la ballata finale di Moltheni
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“La mia verità corre piano, non è altruista e non proietta ombra (tratta dal brano “Ieri”).

“Senza eredità” è, per Umberto Maria Giardini, anche un monito verso la musica italiana. Musicista che da vent’anni fa parlare di sé, tra album più o meno memorabili ma sempre da prendere in considerazione, si è costruito negli anni una solida reputazione, aiutato da concerti in tutto il territorio italiano e un linguaggio visivo accattivante, personale e raffinato.

La sua storia è stata segnata da una forte presa di posizione rispetto al sistema discografico nazionale (famosi i suoi alterchi con nomi più o meno importanti del mainstream e dell’industria musicale), che ha trovato manforte tra varie case discografiche indipendentie svariati musicisti che l’hanno sempre affiancato sia in studio che sul palco.

La storia si ripete per la sua ultima fatica, “Senza Eredità”, edito per La Tempesta Dischi, album annunciato molto tempo prima dal nostro nei suoi canali social e ha tenuto col fiato sospeso i suoi fan. Attesa che, come vedremo, non è stata tempo sprecato.

L’ultima via percorsa

“Senza Eredità” prende le distanze dalle sonorità cupe ed ermetiche di “Ingrediente Novus”, così come dall’ultimo album di inediti a firma Moltheni , “I segreti del corallo”, lavoro che forse segnava l’epilogo di un filone di ricerca ormai arido.

Il nuovo album, con la splendida copertina realizzata dall’artista Poion, ha la particolarità d’essere più diretto, forse è l’album più diretto di tutta la discografia di Moltheni. “Senza Eredità” è un lavoro dolce, che ti culla, hai l’impressione durante tutto l’ascolto di ascoltare un concerto che ha come contorno un tramonto all’orizzonte.

Oltre il disco in quest’occasione Umberto Maria Giardini ha fatto realizzare in tiratura limita il libro “L’ombra Del Pavone”, realizzato a mano, che ha venduto il mese prima dell’uscita dell’album, andato a ruba in pochissimo tempo.

Moltheni, la cover di Senza Eredità
Analisi dell’album

In “Senza Eredità” ogni canzone parla di temi ricollegati alla memoria di ricordi passati e ai rapporti sentimentali, in alcuni casi con un’enorme carica erotica, capaci di raccontare la passione carnale con classe ed eleganza (“Se puoi ardi con me”), nonchè l’innocenza dei primi rapporti sentimentali in gioventù (“Estate 1983”) . A tratti si ha l’impressione di sentire i pensieri dell’artista mentre rovista in soffitta tra i cimeli d’infanzia.

I riferimenti stilistici si possono trovare nel cantautorato italiano caro ad autori come Sergio Endrigo e Luigi Tenco, coadiuvato da un comparto sonoro riconducibile a quello che la critica chiama “pop barocco” (i The Zombies se vogliamo citare un nome storico, i The Divine Comedy se invece guardiamo ai giorni nostri).

Lungo gli 11 brani che costituiscono “Senza Eredità” troviamo una sezione musicale di assoluto spessore (frequente l’uso dell’hammond e del rhodes per le sezioni più psichedeliche) che trova la chicca nella sezione d’archi diretta dal maestro Carlo Carcano.

In altri frangenti troviamo qualche virata verso il soft rock (“il quinto malumore” ed “Ester”, canzone con un testo di una semplicità e di una bellezza disarmanti) e riferimenti alla musica popolare (“Ieri” è a tutti gli effetti un valzer).

Innumerevoli i giochi di parole geniali dei testi, canzoni che potrebbero tranquillamente essere usate come base per scrivere la sceneggiatura di un film.

L’album finisce con “Tutte quelle cose che non ho fatto in tempo a dirti”, la canzone che ricorda maggiormente le sonorità più cupe di Umberto Maria Giardini, dilatata e rarefatta, come una nebbia che si dirada al sorgere di un nuovo sole, canzone che sembra la giusta conclusione per un lavoro che a detta dell’autore segna la fine di Moltheni.

La più grande eredità

Era praticamente impossibile non aspettarsi da Moltheni un lavoro memorabile, nel bene o nel male. Se nessuno prenderà il suo testimone, la sua discografia rappresenta una preziosa eredità d’un artista che ha saputo raccontare negli anni il suo punto di vista sul mondo.

“…la tua pelle come latte di perle
dentro a un cielo con le stelle
ed io povero come un dio
a cui non restano nemmeno quelle…”

Verso tratto dal brano “Ester”

a cura di
Giorgio Cappai

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Giorgio Cappai

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