Guida agli strumenti digitali dei musei contemporanei

Guida agli strumenti digitali dei musei contemporanei
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Il mondo dei musei sta cambiando continuamente faccia. Non è un segreto che la pandemia abbia rivoluzionato l’economia delle istituzioni museali. A partire dal 2020, i direttori scientifici dei musei hanno dovuto reinventare le dinamiche di fruizione delle opere al fine di proporre un modo alternativo di frequentare luoghi culturali, nonostante il periodo storico non permettesse la visita fisica degli stessi.

Per il mondo dei beni culturali è diventato ormai impossibile prescindere dall’avvento della tecnologia e da tutti i cambiamenti che essa ha portato e tutt’ora porta con sé. L’importanza della rete e delle telecomunicazioni viene sottolineata dal D.M. n.113 del 2018, più precisamente nell’allegato I, dove si trova la parte dedicata alla “Comunicazione e ai rapporti con il territorio”. Al suo interno possiamo focalizzarci sulla parte concernente l’aspetto tecnologico, che afferma:

“Adeguato spazio va dato inoltre all’utilizzo delle tecnologie. L’importanza della rete come primo approccio conoscitivo fra l’utente/visitatore e gli istituti museali è stata più volte messa in evidenza. Pertanto, la disponibilità di informazioni online sull’accesso al museo, sulle collezioni, sui servizi, sulle attività extra – inclusi social network, applicazioni, ecc. – e la loro efficacia in termini di aggiornamento ed esaustività delle informazioni, diventano di primaria importanza.”

Dal decreto risulta piuttosto chiaro che per la fruizione, comunicazione e valorizzazione delle istituzioni culturali ci sia sempre più la necessità di avvalersi delle innovazioni tecnologiche per essere notati nella scena pubblica o, più semplicemente, per essere considerati al passo coi tempi. Perché è così: i tempi cambiano e, con essi, altrettanto le istituzioni.

È necessario mappare una guida degli strumenti che sono stati integrati all’interno dei musei contemporanei per favorirne la fruizione. In questo modo abbiamo la possibilità di vedere una nuova forma di narrazione tecnologica, dove i visitatori stessi ricoprono una posizione più influente e partecipativa nel processo di produzione dei contenuti.

La fruizione museale: i vari strumenti

La fruizione delle opere è favorita dalle tecnologie impiegate all’interno delle sale museali, ovvero di sistemi che si prospettano utili al miglioramento della fruizione del bene esposto. Questo per consentire una maggiore accessibilità al patrimonio culturale, con un conseguente coinvolgimento emotivo più forte. Totem, tavoli multimediali, app, chatbot e realtà virtuale, sono solo alcune delle tipologie di sistemi comunicativi esistenti all’interno delle istituzioni museali.

I prodotti possono essere divisi fra alta o bassa interazione, a seconda del taglio che si conferisce alle informazioni contenute e in base alla loro invadenza nel percorso museale. Logicamente, quindi, associamo ai prodotti a bassa interazione una presenza che non disturbi la visione delle opere, ma che funga semplicemente da arricchimento alla conoscenza del contesto di esse, tramite approfondimenti specifici, rigorosamente all’interno delle sale espositive. Viceversa, i prodotti ad alta interazione possono invece essere utilizzati per l’orientamento nel museo, dunque pensati come informazioni preliminari, proponendosi come più invasive ed esaustive.

È per questa fondamentale differenza che risulta essenziale decidere a priori l’ambiente all’interno del quale il prodotto deve essere circoscritto. Un’ulteriore considerazione da fare comprende la modalità di fruizione. I contenuti multimediali devono essere pensati per garantire la miglior esperienza espositiva possibile, e per questo i testi sono di una lunghezza adeguata. Né troppo brevi, per sfruttare appieno le potenzialità del mezzo, né troppo prolissi, poiché il visitatore seguirà il testo in piedi e un testo esageratamente lungo potrebbe risultare stancante.

Totem e tavoli multimediali

La lunghezza dei testi varia a seconda che si tratti di totem e tavoli. I primi richiedono una fruizione singola: inserire contenuti eccessivamente lunghi presupporrà un monopolio del prodotto da parte del singolo visitatore, un’azione deleteria per i fini della mostra. I secondi invece sono multiutente; più persone possono accedere contemporaneamente alle informazioni del tavolo. Sia che si tratti di totem che di tavoli multimediali, sarà inutile proporre l’intero catalogo nei suoi contenuti. I testi dovranno essere studiati appositamente per quel determinato momento dell’esposizione. Per favorire la fruizione, il lessico adottato dovrà essere chiaro e semplice, ricercando la comprensione di quanto l’istituzione vuole comunicare. Un lessico troppo specifico può ostacolare il corretto godimento della mostra e provocare l’allontanamento del visitatore.

Videomapping

Il videomapping è un ulteriore sistema di fruizione, considerato come forma di realtà aumentata (AR) che prevede la proiezione di fasci di luce su superfici neutre in modo da trasformare oggetti ed edifici in schermi base per contenuti video. Si tratta di un fenomeno che ha preso piede negli ultimi anni e soprattutto in contesti urbani. L’obiettivo è quello di evocare dei veri e propri viaggi sensoriali, che possono favorire la riqualifica degli stessi luoghi. Il videomapping contemporaneo si esprime attraverso la performance artistica, con installazioni spettacolari, o i progetti di storytelling, volti a raccontare la realtà del luogo.

Le installazioni artistiche prodotte attraverso questo sistema di realtà aumentata sono facilmente imprimibili nella memoria. Questo perché si presentano attraverso scenografie interattive ed immersive che favoriscono il coinvolgimento del pubblico. Inoltre, il loro contenuto è condivisibile sui social e quindi ha la possibilità di diventare virale senza troppe difficoltà.

I progetti di storytelling sono mirati alla riproduzione di contesti che non esistono più. Questo campo di studio sfrutta le potenzialità delle videoproiezioni, cercando di riproporre un contesto nel modo più veritiero possibile. Questo risultato avviene dall’unione di due sistemi di tipo analogico: la lastra plexiglass serigrafata e le ghost structures. I due sistemi sono per lo più utilizzati per siti archeologici in cui mancano i presupposti per installare soluzioni digitali. Essi sono complementari nelle loro funzioni: la lastra consente di ricostruire l’aspetto originario del bene, mentre le ghost structures evocano in ambienti tridimensionali i volumi che sono andati persi.

Il fatto che il videomapping sia indipendente da qualsiasi device è un vantaggio consistente rispetto ad altre tecnologie, dal momento che non è richiesto alcun tipo di connessione e si promuove un’esperienza di tipo immersivo e di estrema libertà. Un esempio di videomapping lo si ritrova nel Parco archeologico del Colosseo, dove sono state integrate videoproiezioni in sette luoghi, illuminazioni selettive e narrazioni sonore per permettere un maggior coinvolgimento e comprensione delle emergenze museali.

App

Interessante è il sistema delle app: applicazioni software, mirate ad assolvere una funzione specifica, studiate per dispositivi mobili, quali smartphone o tablet. Le app sono un meccanismo assai moderno, suddiviso in due diverse tipologie: app native e web app. Le prime sono applicazioni che variano da sistema operativo a sistema operativo, in quanto sviluppate specificatamente per ciascuno di essi. Infatti, le app native sono installate direttamente sul telefono dell’utente, il quale può accedere allo Store e scaricare tutte le app di suo interesse.

Una web app invece non è scaricabile tramite App Store, ma è accessibile solo con navigazione su Internet. Le istituzioni culturali adottano entrambi i sistemi per la fruizione di contenuti. La scelta dipende dalle disponibilità offerte dal museo stesso, come la presenza o meno di un wi-fi o di postazioni di ricarica per gli smartphone. Nonostante le difficoltà che si possono riscontare, i dispositivi mobili possono offrire una grande quantità di vantaggi, dovuti al possesso e utilizzo di uno smartphone. La maneggevolezza che si è acquisita con i telefoni favorisce una maggior immersione del visitatore rispetto all’uso di un sistema sconosciuto e più criptico. Le eventuali barriere quindi vengono superate consentendo una visita più lineare e scorrevole, permettendo al pubblico di cogliere tutti dettagli pensati per la fruizione.

Un ulteriore vantaggio è il sollevamento del museo dall’obbligo di acquisto, aggiornamento e manutenzione di eventuali dispositivi da dare in prestito ai visitatori.  Notevole è il numero di giovani che hanno iniziato a frequentare più assiduamente le mostre, entrandoci in contatto tramite l’utilizzo delle app e quindi di una comunicazione a loro più prossima e conosciuta. Strettamente collegate alle app è il proximity marketing, sistema a supporto di esse e che riesce a veicolare contenuti in base all’esatta posizione dell’utente attraverso strumenti chiamati Beacon. Esistono poi i Near Field Communication, chip che permettono di poggiare il telefono su un’etichetta posta accanto all’opera per attivare la visualizzazione di contenuti. Infine, non può passare inosservato lo strumento più famoso, il Quick Response Code (QR Code), consistente in un codice che, se inquadrato con uno scanner del telefono, rimanda ad una pagina che accede agli approfondimenti e informazioni.

Molte sono le app che rivestono un ruolo importante nel mondo artistico. Basti pensare a Google Art Selfie, app di Google che si basa sulla tecnologia del riconoscimento facciale, o Smartify, basata sull’identificazione delle opere d’arte semplicemente inquadrandole. La categoria di app più utilizzate in ambito museale è quella che mette a disposizione dell’utente l’intero catalogo della collezione.

L’app del Centro Pompidou di Parigi appare graficamente in linea con le spinte del museo. È divisa in quattro sezioni: “Oggi al Centre Pompidou” per indagare l’attività quotidiana del Centre, “Il museo”, “La cronologia”, “I percorsi”. In questo modo l’app si impone come guida del museo e come accompagnamento durante l’esperienza, in modo da cogliere tutti gli approfondimenti e dettagli necessari. Ovviamente, questa scelta di fruizione richiede un gran investimento economico da parte del museo ospitante. Esso tenterà di sfruttare a pieno tutte le potenzialità del mezzo per utilizzarle a proprio favore e a quello del visitatore.

I chatbot

L’uso della tecnologia dei chatbot implica una conversazione con un robot. Il sistema è basato su un app di messaggistica istantanea che prevede l’avvio di una conversazione automatica tra il robot e l’utente, guidato tra le varie opzioni. Questa metodologia permette una fruizione differenziata e personalizzata per ogni visitatore. Si possono scegliere i percorsi di propria spontanea volontà, a seconda della gestione della conversazione con il bot. Questi sistemi sono altrettanto necessari come supporto informativo. I chatbot ricoprono un ruolo cruciale per la diffusione di notizie sulle opere, le mostre, il costo dei biglietti o le modalità di visita.

Il pubblico più coinvolto, come per le app, è giovane, abituato quindi ad un dialogo tramite smartphone. La parola chiave dei chatbot è “istantaneità”, che avvicina una determinata tipologia di pubblico al museo. Il chatbot si basa su applicazioni di messaggistica già diffuse, come Whatsapp o Telegram. La scelta verte verso app di uso comune per non complicare l’esperienza e non portare nel pratico a situazioni scomode per i visitatori. Si potrebbero verificare situazioni per cui il visitatore è restio alla richiesta di scaricare app aggiuntive perché occuperebbero troppa memoria del telefono.

Per avvicinare ulteriormente il pubblico giovane, un ottimo risultato viene ottenuto dall’inserimento dei videogiochi. Un medium interessante che intreccia cultura popolare, intrattenimento e, in questo caso, arte. Noti musei quali il British Museum a Londra o il Museum of Modern Art di New York hanno adottato i videogiochi all’interno delle loro azioni comunicative, trovando ispirazione nelle opere d’arte e facendoli progettare spesso dagli artisti stessi. Il museo londinese aveva lanciato nel 2010 Young Explorer, videogioco dal nome evocativo e che mirava ad un pubblico di giovanissimi. Il gioco permetteva un avventuroso viaggio nel tempo con Time Explorer alla scoperta di civiltà antiche quali la Cina Imperiale, il Messico Azteco e l’antica Roma. Il MoMA invece predilige la costruzione di un sito web interattivo, dove i bambini tra i 5 e gli 8 anni possono entrare in contatto con le principali opere del museo e con le storie sugli artisti.

Realtà aumentata e realtà virtuale

Infine, ma non meno importante, parliamo della realtà aumentata e della realtà virtuale. Di realtà aumentata abbiamo già parlato, specificando che si tratta di un arricchimento di informazioni, tra immagini, testi e animazioni. Come si fruisce di questa realtà? Attraverso lenti trasparenti che permettono di visionare la realtà che ci circonda con i dati aggiuntivi pensati.

La realtà virtuale invece, si pone proprio come ambiente tridimensionale che sostituisce la realtà circostante. Differisce anche nella modalità di visione, poiché hanno bisogno di dispositivi che oscurino la visione reale per proiettarci in una nuova realtà creata digitalmente. I dispositivi indossabili richiedono più manutenzione e sono quindi più impegnativi, inoltre molti visitatori hanno esplicitato la loro reticenza all’indossarli davanti alle altre persone. Realtà di questo genere sono facilmente riscontrabili sia in Italia che all’estero: sono tra le tecniche di fruizione più adottate in assoluto.

a cura di
Annachiara Magenta

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