“Poco mossi gli altri mari”: un tuffo nel tempo che passa (o forse no)

“Poco mossi gli altri mari”: un tuffo nel tempo che passa (o forse no)
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Fin dal titolo, Poco mossi gli altri mari, l’esordio di Alessandro della Santunione ci rimanda a una dimensione proverbiale, a qualcosa di fermo nel tempo; simile all’erba del vicino che è sempre più verde, una frase dal sapore nostalgico che esce dalle onde di una radio sempre accesa.

Un romanzo padano

Ed è proprio l’idea di un tempo cristallizzato il cardine dell’intero romanzo. Ci troviamo nella Pianura Padana, più precisamente a Campogalliano, e la voce narrante è quella di un uomo che ci descrive la sua vita all’interno di un grande appartamento di stampo sovietico in cui è andato a vivere con l’intera famiglia: genitori, nonni, zii e compagna.

E fin qui nulla di strano, se non che nessuno dei protagonisti può morire: il loro tempo si dilata infinitamente, così come anche lo spazio in cui vivono, una casa enorme in cui vengono continuamente rimodulati gli spazi.

“Un tempo a fisarmonica”

Sembra una grande fortuna quella di possedere “un tempo a fisarmonica”, così definito dal narratore perché alcuni tra loro invecchiano velocemente mentre altri no, eppure il tempo sembra essersi fermato solo per loro mentre il mondo continua a girare impetuosamente:

“Questa cosa che gli altri continuavano a morire però faceva di noi degli esuli, ogni tanto dovevamo ricordarci a vicenda che il mondo era cambiato, era diverso, perché gli uomini che lo abitavano piano piano stavano diventando un’altra specie di uomini”

La famiglia: entità che sopravvive al tempo

Ed è allora che abitudini semplici come il pranzo domenicale, i giri al mercato o una partita a carte diventano riti da rincorrere prima che spariscano per sempre, prima che la famiglia rimanga l’unica entità in cui ci si riconosce e si riconosce parte del proprio tempo.

La famiglia, appunto: un’entità tanto italiana e forse anche un poco opprimente, in cui – metaforicamente o meno – è incluso anche Dio che – colpo di scena Gucciniano e shock generale – un giorno muore:

“Un pomeriggio, sempre sul finire del secolo scorso, mentre il mondo veniva travolto da un edonismo economico senza precedenti, ritenni opportuno informare la mia famiglia che Dio era morto, me lo aveva confidato il mio professore di filosofia”.

Fra passato e presente

Teso fra un mondo che tramonta e una vita che invece non finisce mai, il narratore si trova quindi a compiere riflessioni profonde su tutto ciò che in maniera strana e contradditoria lo circonda.
Ironico, brillante ed estremamente emiliano, Poco mossi gli altri mari non ha una trama, è piuttosto una raccolta di pensieri e metafora di un tempo difficile da interpretare. Che è cristallizzato nel dialetto, negli oggetti iconici (radio, auto, lasagne e mazurke) e nelle credenze popolari; ma allo stesso tempo procede, ci rende vivi (anche se immortali!) e soprattutto dà linfa e senso alle relazioni e all’amore.

a cura di
Martina Gennari

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