Johnny Depp Vs Amber Heard: un verdetto tanto atteso, anzi due…

Johnny Depp Vs Amber Heard: un verdetto tanto atteso, anzi due…
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Il caso legal-mediatico dell’anno Depp Vs Heard è giunto finalmente al termine. Con una sentenza di condanna, anzi due, accolte, almeno per il momento, con il senso di #justiceforjohnnydepp fatta e finita.

L’ex Pirata dei Caraibi è stato diffamato e dovrà essere risarcito per 15 milioni di dollari. Anche se forse siamo di nuovo solo all’inizio?

Il “caso” era letteralmente scoppiato di “mano” ben cinque anni orsono, con una richiesta di ordine restrittivo. Il 27 Maggio 2016 l’attrice Amber Heard ha portato “a spasso” in tribunale un vistoso livido sulla sua guancia destra. Inabissando, in un colpo solo, le carriere cinematografiche del suo ormai ex-marito Johnny Depp…e la sua.

E così naufragava la loro favola d’amore. Una favola sulla quale, in tanti, fino a quel momento, avevano fantasticato. Di certo doveva aver aiutato poter gettare un occhio qua e là a immagini patinate e da sogno. A vite vissute tra attici, isole private, budget mensili pari a uno stipendio annuale medio di un colletto bianco.

E tanti rumours (che fossero più da cocci di bottiglia e vetri rotti si capirà di lì a poco).

Ma da cosa deriverà mai tanto clamore ed interesse per questo pasticciaccio brutto di Beverly Hills? Solo gossip holliwoodiano, fiumi di soldi in ballo e americanissime carte bollate?

A guardar bene, c’è da ammettere che il “caso” c’è tutto. Lo hanno confermato in questi giorni le prime veline e gli articoli e post con l’annuncio della notizia. Per non parlare degli hashtag a profusione in questi anni. Coniati, rilanciati e a volte forse chiamati in ballo a sproposito

E il primo posto, la pole position, su tastiere, video e cinguettii, a volte solo un po’ fanatici altre un pochettino deliranti, se li è meritati.

Proviamo per gradi ma nella forma omeopatica più piacevole possibile, a confezionare per voi lettori un recap sintetico ma incisivo.

Una copertura social-mediatica senza precedenti

Durante le sei settimane di dibattimento, la causa civile per diffamazione di Johnny Depp, ex Pirata dei Caraibi e Gellert Grindelwald licenziati sull’onda di molto clamore (per nulla???), intentata contro l’ex moglie Amber Heard, ha tenuto banco nell’aula del Tribunale di Fairfax, Virginia.

Lo stesso è avvenuto, in forma ovviamente amplificata, anche su molti canali televisivi, alcuni con copertura h24 come l’americano Law&Crime, ma soprattutto su post e tweet qua e là per il globo e su video, riassunti, analisi e speciali realizzati a tempo di record da youtuber e tiktoker anche nostrani.

Come sia finita nel vortice anche io è presto detto: “Depp-Heard Defamation Trial II” è una sceneggiatura originale da premio Oscar.

Allora è stato tutto solo una “finzione”?

Partiamo da una doverosa quanto forse ormai non più necessaria precisazione iniziale. Non si è trattato del primo processo che Capitan Sparrow Depp ha intentato contro l’ex eroina di Aquaman (ed ex moglie) Amber. Siamo infatti al secondo (Trial II, per l’appunto). E questo passerà alla storia, almeno per i sostenitori di Johnny, per il primo che ha vinto. E quello che, sperano definitivamente, ha ristabilito la verità sul loro beniamino.

Non un wife beater, letteralmente picchiatore di mogli, come aveva dovuto incassare dal tabloid The Sun nella causa precedente. Ma un uomo vittima di abusi: di alcol e di droghe, ma anche di violenza domestica e forse psicologica da parte della sua ex-dolce metà.

Clamoroso un audio di quando erano ancora insieme riprodotto in aula in cui Amber provoca Depp a rivelare al mondo la scomoda verità. Audio già spoilerato e presente in rete già da buoni due anni.

La statuetta dell’Accademy è assolutamente meritata, e il “The winner is…” può essere pronunciato con tutta la trionfalità riservata agli annunci di quella famosa notte.

Perché quanto è accaduto sotto i tanti occhi di spettatori, curiosi e detrattori è stato “tanta roooba”. Una disputa legale affrontata magistralmente, soprattutto da una parte. Un‘analisi economica attenta e serrata dei business di Depp sfumati, a suon di milioni.

Il tutto condito e rimpolpato da uno squarcio, a tratti nudo e crudo a tratti semplicemente crudele, su ciò che non è un rapporto d’amore sano.

Almeno per la parte #justiceforjohnnydepp non si poteva scrivere un copione tanto centrato sui punti salienti ed efficace…

Ma non dovevate non parlarne mai più?

Un altro aspetto che mi ha catturato, come un tornado da costa occidentale, è che di tutta quella storia, fatta di schiaffi, pugni e violenza domestica, i contendenti, Depp e Heard, si erano formalmente e legalmente impegnati a non parlarne più. Questo almeno nell’ormai lontanissimo accordo di divorzio siglato nel 2017…e noi non avremmo più potuto saperne nulla.

Ma il diavolo, si sa, fa le pentole, ma non i coperchi e i corsi di giornalismo ed opportunità. E quindi la nostra Amber, o quanto meno la sua “storia” e le sue scottanti rivelazioni avevano riacceso una miccia. In almeno due occasioni, nel 2018: prima sul britannico “The Sun” poi sullo statunitense e più titolato “The Washington Post”.

Una miccia che la chiusura del matrimonio, dopo appena 15 mesi dalla sua celebrazione, avrebbe dovuto spegnere per sempre.

E qui si apre, e non posso fare a meno di citarlo e sottolinearlo a gran voce, quello che a dire mio e di tanti altri, è uno dei punti più bassi e controversi della vicenda: il richiamo al #MeToo.

Un richiamo da parte di Amber strumentale, pretestuoso e con effetti dirompenti futuri al famoso e ormai quasi dimenticato movimento “anche a me”, sorto quasi spontaneamente nell’Ottobre 2017. E che da quella data aveva portato prepotentemente in primo piano e sotto i riflettori la “questione” della violenza sessuale e delle discriminazioni di genere in ambito lavorativo.       

È quanto emerge a chiare lettere dall’articolo del Post, datato 18 Dicembre 2018, per il quale Amber si è vista recapitare una richiesta di risarcimento di 50 milioni di dollari, accolta, con un ricco sconto (quasi il 90%) dal verdetto della giuria della Virginia appena reso noto.

La pistola fumante

L’editoriale è firmato dall’attrice, che parla in prima persona e di suo “pugno”. Deve essere stato sicuramente revisionato da qualche esperto legale che in prima battuta sapeva il fatto suo in materia, perché non cita mai espressamente, per nome e cognome e attico a Los Angeles, il celebre e una volta amato attore.

Però flirta, ma senza passione e seduzione convincente, sciorinando un politichese un po’ lobbista e un po’ noioso, strizzando l’occhio ai temi delle cause civili e della difesa delle donne. In particolare quelle come lei che parlano e denunciano, in un mondo che le vuole, ancora una volta, mettere a tacere.

Tutto giusto, tutto ok: però tra le righe si citano date in cui tutto il mondo la sapeva sposa di Johnny Depp…e più di un contratto cinematografico va a farsi benedire.

L’effetto economico dell’articolo, illustrato durante il processo da un esperto di parte Depp, è stato uno dei momenti meno appassionanti, forse per i più, ma il più concreto del dibattimento. Ben 45 milioni di dollari in fumo per l’ormai ex Pirata, ex marito, ex idolo di grandi e piccini, con carico da undici, dodici, primiera e settebello di un’immagine pubblica (e forse anche privata) distrutta per sempre.

Dopo una pandemia e una guerra non potevamo proprio farne a meno?

A questa domanda vorrei rispondere, sia agli appassionati della vicenda sia a quelli che, e giustamente, sono ancora attoniti quando continuano a sentir parlare, da cinque anni a questa parte, da sei settimane ad oggi, delle vicende di questa strana coppia, non riuscendo a capire perché abbiano sollecitato tutta questa attenzione e sovraeccitato animi e video all-over-the-world.

Le udienze americane, con il loro carico di testimonianze contraddittorie e per nulla convergenti del team di Johnny Depp da un lato e di quello di Amber Heard dall’altro, hanno portato alla ribalta vecchi e nuovi temi che meritano un approfondimento molto poco patinato e gossipparo: l’abuso di sostanze, da un lato, la violenza, tutta, sia fisica sia psicologica, dall’altro.

Lo hanno deciso le tante persone interessate e appassionate all’affaire…

Temi che, checché se ne possa pensare, fin troppo spazio hanno “rubato” alla vita serena e normale, dopo due anni di Coronavirus, strade vuote, cinema bar e teatri abbandonati a loro stessi…e porte di casa chiuse con vittime e aguzzini costretti a restare vicini vicini…

Il parere degli “esperti” della rete

Non so dire se sia stata solo fortuna la mia. Perché è ovvio che in queste settimane non mi sono occupata solo di Johnny e Amber, ma devo ammettere che ho trovato molto interessante tutto il materiale che sono riuscita a visionare sul processo in sé e sulla vicenda sentimentale dei due contendenti.

Dopo aver ricostruito una timeline dei fatti accaduti abbastanza completa ed esaustiva, la mia attenzione si è spostata sulle opinioni dei vari commentatori e soprattutto sugli aspetti che hanno deciso di approfondire.

Quelli che vi consiglio, neanche foste miei grandi amici, sono tutti quelli relativi a che cosa sia da considerare concretamente violenza ed abuso. Perché anche la rabbia che porta a spaccare cose, ad urlarsi contro, a farsi del male o a restare in silenzio è (la manifestazione di) una forma di violenza.

Sono sicuramente da non perdere gli approfondimenti sui disturbi quali il borderline e il narcisismo istrionico, che, ricordo a beneficio dei meno informati, sono i disturbi di personalità che l’esperta di parte Depp, la psicologa forense Shannon Curry, avrebbe riscontrato alla Heard, e che portano a comportamenti quali il mentire, il mistificare fatti e situazioni, il manipolare gli altri per arrivare ad ottenere ciò di cui si ha bisogno.

Il tutto in un clima di strisciante ma progressiva perdita di contatto dalla realtà fattuale.

Meno frequente invece, ed è un peccato, è stato il riferimento al PTSD (Disturbo Post-Traumatico da Stress), la condizione di stress acuta che si manifesta in seguito all’esposizione a un evento traumatico, che si può presentare nella vita di persone coinvolte, loro malgrado in eventi traumatici con conseguenze spesso anche invalidanti per una normale vita lavorativa, sociale e relazionale.

Le posizioni emerse

Sul fronte schieramenti, la percentuale dei sostenitori di #justiceforjohnnydepp è stata preponderante, e questo mi ha portato, per reazione, ad avere un atteggiamento più guardingo ed attento (sì, insomma…a fare più le pulci) a quanto proveniva dalla parte del Capitano.

Su un punto sono stata pienamente d’accordo su quanto ha affermato la maggioranza dei commentatori: la relazione tra i due è stata tra quelle ad alto grado di tossicità. Della serie: assolutamente da non imitare…

E quindi?

In conclusione, da una parte il verdetto, pronunciato durante il soundcheck di un suo concerto in Inghilterra, ha dato ragione a Johnny Depp, riconoscendo la diffamazione da lui subita, perché le accuse avanzate sono state ritenute false, salvo ridimensionarne il risarcimento spettante da 50 a 15 milioni di dollari (in realtà si tratterà di “soli” 10,35 milioni, poiché l’importo stabilito comprende 5 milioni di cc.dd. “danni punitivi” che in base alla Legge della Virginia non possono superare i 350.000 dollari).

Dall’altra ha riconosciuto anche ad Amber Heard un risarcimento di 2 milioni di dollari per frasi ritenute offensive che sarebbero state pronunciato dall’avvocato di controparte nei suoi confronti.

È apparsa una “realtà” di coppia ben lontana sia dalle immagini decantate nel passato sia da quanto raccontato a partire dalla richiesta dell’ordine restrittivo del 27 Maggio 2016. E sono stati rievocati, per entrambi, i vissuti familiari dell’infanzia, che hanno fatto emergere traumi e abusi di cui sono state spettatori e vittime, loro malgrado.

Morale di tutta questa brutta storia? Una violenza subita dovrebbe (e dovrà, lo spero) portare ad un profondo e convinto “never again”: della serie, non far provare agli altri quello che hai subito tu.

A spezzare quella catena invisibile che continua a riservare ai brutti ricordi e alle cose decisamente sbagliate uno spazio fin troppo eccessivo e privilegiato.  

a cura di
Silvia Morghen Di Domenico

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Silvia Morghen Di Domenico

Nata a Roma, con una Laurea in Economia alle spalle, scelta per una passione profonda che non mi ha ancora abbandonato, e che mi ha regalato una lente complessa ma al tempo stesso dinamica attraverso la quale guardare alle cose. Un amore viscerale e mai tradito per la Musica e per le Parole, pensate scritte e parlate, mi porta a cercare un punto di vista, un angolo di visuale, con i quali raccontare le cose da insider. O meglio, da infiltrata doc.

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