L’altra faccia della moda sostenibile: il Greenwashing

L’altra faccia della moda sostenibile: il Greenwashing
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Il fine è quello di dare ai propri prodotti dei connotati “green”, per riscuotere un maggiore guadagno, nascondendo la verità.

Cos’è il Greenwashing?

La parola greenwashing è un neologismo. Essa è infatti composta da green (colore associato a scelte etiche e consapevoli nei confronti del nostro pianeta) e whitewash (che significa insabbiare o mascherare).
Il fine è quello di dare ai propri prodotti dei connotati “green”, per riscuotere un maggiore guadagno, nascondendo la verità.

Il termine fu infatti utilizzato per la prima volta in America negli anni ’90 del 900, per descrivere il comportamento di alcune aziende americane che operarono un vero e proprio lavaggio d’immagine affiancandosi alle tematiche ambientali.

“Green” a tutti i costi: per una lettura del contemporaneo

Negli ultimi anni stiamo assistendo ad un’ondata di green fashion, in linea con una rinnovata attenzione per il cambiamento climatico, i cui danni si acuiscono via via sempre più col passare del tempo. Qualcosa è cambiato anche grazie ai movimenti giovanili, fra cui ricorderete sicuramente i “Fridays For Future“, i venerdì dedicati all’ambiente.

Esistono sicuramente persone che ad oggi cavalcano la moda del green che sta esplodendo in questo periodo ma ne esistono altrettante che, rifuggendo da determinate logiche, adottano un certo stile di vita con convinzione, tenendo viva la speranza di poter realmente cambiare il futuro, grazie alle proprie scelte consapevoli.

Proprio a causa della pressione esercitata dall’opinione pubblica, affinché l’industria dell’abbigliamento riduca rifiuti ed emissioni di carbonio, qualcosa ha cominciato a muoversi.
Risale al 2019 il Fashion Pact, firmato parallelamente all’ultimo G7, da un sostanzioso gruppo di aziende di primo piano nel mondo della moda, ha un significato simbolico importante, ma purtroppo non è vincolante come ci si auspicava. Fra i firmatari figurano i grandi nomi della moda contemporanea, Adidas, Armani, Mango, Nike, Stella Mccartney, ma sono molti gli assenti.

Alcuni brand che ricorrono al greenwashing: H&M e Zara

La Federal Trade Commission (FTC) degli Stati Uniti ha creato vere e proprie “Green Guides” nel 1992 (aggiornate poi nel 2012) insieme all‘Environmental Protection Agency (EPA) per aiutare le aziende a evitare affermazioni fuorvianti. La FTC e l’EPA hanno messo in guardia i consumatori molte volte per proteggerli dalla pratica del greenwashing. Eppure sono molti i brand che ingannano i loro clienti, per un tornaconto economico.

Il caso H&M e la Conscious Collection

E’ il caso di H&M, popolare brand di fast-fashion svedese, che ha lanciato nel 2019 una linea di abbigliamento ecosostenibile, la Conscious Collection. L’azienda ha utilizzato materiali più rispettosi dell’ambiente come il cotone organico e il poliestere riciclato per realizzare i capi della collezione. Il vero problema è che soltanto una piccola parte dei tessuti può essere riciclata dal momento che il riciclaggio è un processo molto complesso e necessita di molte risorse.

Attualmente infatti i capi della collezione Conscious, non sono al 100% composti di tessuti riciclati ma in prospettiva, sul sito ufficiale si specifica che:

“Il nostro obiettivo è che tutti i nostri articoli siano prodotti con materiali riciclati o provenienti da fonti sostenibili entro il 2030.”

H&M

Nella sezione delle info sui dettagli della collezione in questione, ci sono però anche parole che lasciano ben sperare:

“L’unica eccezione riguarda il cotone riciclato, dove accettiamo un limite minimo del 20% perchè, se ne includessimo di più, i capi non avrebbero la stessa qualità. (Ma speriamo presto di trovare una soluzione anche a questo!) Con nuove soluzioni e innovazioni tecnologiche, lavoriamo costantemente per rendere la nostra offerta sempre più sostenibile.”

H&M

Zara e Join Life

Altro colosso del fast-fashion che si avvale delle medesime tattiche di marketing ingannevole è Zara.
Il brand spagnolo fa parte del più grande rivenditore di abbigliamento al mondo, il gruppo Inditex e negli anni, ha lanciato molte collezioni ecosostenibili. Famosa è la collezione “Join Life“, mediante la quale il brand, proprio come la collezione Conscious di H&M, si impegna in scelte sostenibili.
A fare la differenza è però un’importante specifica, che sul sito di Zara figura e che dona all’impegno del brand una caratteristica lungimirante, come si legge:

“Il nostro obiettivo è che almeno il 50% dei nostri articoli commercializzati nel 2022, siano fabbricati secondo gli standard Join Life.

Zara

La verità è che attualmente la grande maggioranza delle attività commerciali di Zara resta disastrosa per il pianeta.
Solo nel 2040, sarà possibile per il brand, creare una collezione totalmente ecosostenibile:

“Il nostro impegno è raggiungere la neutralità climatica entro il 2040. Ciò significa zero emissioni di gas serra o che quelli emessi in atmosfera saranno compensati dalla transizione verso le energie rinnovabili e da un uso più eco-efficiente delle risorse.”

Zara

Come distinguere il vero Green fashion

Al fine di non cadere nel tranello del greenwashing, è consigliabile valutare la sostenibilità di un prodotto nel suo intero ciclo di vita. La fase della nascita include non soltanto le prime lavorazioni ma anche l’origine delle materie prime.

Parlando di tessuti ciò che è fondamentale è l’eliminazione di sostanze nocive nelle fasi di coltivazione e produzione di fibre. La sostenibilità e l’eticità dei prodotti del green fashion non sono qualità immediatamente percepibili. Il consumatore dovrà infatti affidarsi a sistemi di certificazione e di controllo, che sono i principali strumenti per garantire il processo di qualità. Inoltre per le aziende è fondamentale l’osservazione delle regole stabilite per il rispetto dell’ambiente e dei lavoratori
Se volete adottare uno stile di vita sostenibile qui di seguito ci sono tre consigli per iniziare ad essere parte del cambiamento in atto nel mondo della moda e non solo:

Comprate vintage!

Le nostre bellissime città italiane pullulano di mercatini vintage e negozietti curiosi in cui perdersi, alla ricerca di capi d’abbigliamento che sono pronti per una seconda vita. A tal proposito, in moltissime città d’Italia, un brand interessante, per quanti di voi vogliono intraprendere uno shopping consapevole è Humana Vintage!
Una vera scoperta!

In foto: lo store Humana Vintage di Bologna!
Altri consigli per essere eco-friendly

Cercate di evitare i resi: la produzione di imballaggi e l’inquinamento dei trasporti causato dai resi è un tema che va contro ogni principio etico di sostenibilità. Pensateci due volte, prima di comprare qualcosa che non sapete se vi stia bene o meno…

Un altro consiglio che può sembrare banale è di lavare i capi solo se necessario. Lavare spesso i vestiti non porta alcun beneficio per i tessuti di cui sono fatti, che tendono ad usurarsi molto più facilmente. Senza considerare il grosso impatto ambientale che hanno le lavatrici fatte non a pieno carico ed il consumo di acqua ed energia andato sprecato.

a cura di
Letizia De Mase

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