Giovanni Succi e il suo classico contemporaneo

Giovanni Succi e il suo classico contemporaneo
Condividi su

Una riflessione sul suo nuovo singolo “Artista di Nicchia Remake”, fuori per Ohimeme dal 3 dicembre.

Chi l’ha detto che la poesia è morta? “Dafne era già la ninfa del flow” ci spiega Giovanni Succi, artista poliedrico, compositore e ideatore del progetto Bachi da Pietra. Noi lo abbiamo incontrato in concomitanza con la sua nuova pubblicazione da solista “Artista di Nicchia Remake“, con la produzione di Ivan Rossi e di Luca Grossi (Ave Quasar).

Atmosfere elettroniche incontrano tematiche cantautorali e di nicchia, appunto…o forse no? Succi ci racconta di come ciò che si pensa sia qualcosa di incomprensibile perché legato alla tradizione (come i classici) diventi invece facilissimo e super contemporaneo se letto da un’altra prospettiva.

Ciao Giovanni, benvenuto su The Soundcheck! Il 3 dicembre pubblichi per Ohimeme il singolo da solista “Artista di Nicchia Remake”, un brano questo che più che essere spiegato andrebbe ascoltato. Ti chiediamo a questo punto: come nasce il brano?

Il brano apre il primo album di inediti a mio nome del 2017, “Con Ghiaccio” (La Tempesta/Ala Bianca), registrato e mixato dall’ormai mitologico Ivan Antonio Rossi (magari non lo conosci di nome, ma hai già ascoltato almeno una delle sue innumerevoli produzioni da ingegnere del suono per Zen Circus, Baustelle, Giovanni Truppi, FASK ecc.). Prima del 2017 avevo pubblicato le mie canzoni solo come Madrigali Magri o come Bachi Da Pietra o altro, salvo un album per sola voce dedicato a Giorgio Caproni e uno di cover di Paolo Conte, al netto del jazz (“Lampi per macachi”).

“Artista di Nicchia Remake” è stata scritta insieme agli Ave Quasar: come è avvenuto questo incontro?

Grazie a Ivan Rossi ho conosciuto Luca Grossi (Ave Quasar), ho portato nel suo studio nei pressi di Alessandria una mia produzione artistica, i Mür – poderoso combo stoner-sludge senza chitarre – e siamo entrati subito in sintonia stocastica, sibillando il glutine attrattevole del prastico. La proposta di Luca di rifare A.D.N. nella versione che ascolterete a palla ha prodotto spasmoplasmi elicoidali e ci siam detti ma magari.

La lingua e il linguaggio (anche chiaramente quello musicale) sono fluidi e in continuo cambiamento, come credi che sia evoluto quello prediletto dai giovani artisti oggi?

Se un linguaggio è vivo, come ogni cosa viva, cambia nel tempo. Lo racconto nel mio nuovo spettacolo “Una Storia Grammatica”. Il fatto che il tempo produca cambiamenti nelle cose non significa che le uccida, significa al contrario che quelle cose sono vive, quindi cambiano. Questo vale per ogni tipo di linguaggio: l’imbalsamazione si fa sui cadaveri. Oggi è più rapido e frammentario? Pace, sarà per forza di cose meno profondo? Pace. Assisto compiaciuto anche ai cambiamenti che magari non incontrano i miei gusti… Anzi spero sempre di imbattermi nella cosa che non capisco.

Oltre che di musica, sei un artista a 360 gradi, ti occupi anche di teatro. Hai presentato infatti “L’arte del selfie nel Medioevo”: ti va di dirci qualcosa in più?

In un mondo perfetto non ci sarebbero compartimenti stagni tra le arti (discorso vecchio ma mai digerito); non ci sarebbero muri a separare musica, letteratura e teatro. L’Italia tribale odierna non è un mondo perfetto, eppure provo lo stesso a passare attraverso i muri. Quando mi si offre la possibilità di farlo, dimostro nei fatti che l’esperimento può riuscire. Mi rendo conto di essere in controtendenza rispetto all’andazzo e alle aspettative del grande pubblico… Pace. Diversamente che artista sarei? Dimmelo tu.

foto di Sebastiano Toma
Sei un appassionato di letteratura come di poesia. Su Patreon, hai aperto un locale virtuale in cui non si fa soltanto musica ma si legge anche Leopardi, Sanguineti, Gozzano. Credi che le nuove generazioni si siano allontanate troppo da queste forme espressive come appunto la poesia?

Già a chiamarla ‘poesia’ la si fa cadere dall’alto (quando nei fatti nasce da sempre dal basso), e poi ci pensa l’obbligo scolastico a rendere odioso il tutto alle nuove generazioni di ogni tempo. In realtà mai come negli ultimi vent’anni i giovani si sono riappropriati della possibilità di esprimersi in versi: li chiamano barre. Non si rendono conto di fare lo stesso mestiere di Dante, solo settecento anni dopo. Ma ancora prima, in origine, Dafne era già la ninfa del flow.

A questo punto, non possiamo che chiederti, quasi per il recupero della letteratura, un libro di prosa e uno di poesia che ci consigli assolutamente!

Per la prosa i racconti di Kafka, che valgono un corso di scrittura creativa, tra i quali ne troverete uno dedicato ad “Un artista della fame” (Ein Hungerkünstler), tale Giovanni Succi. Giuro. Per i versi l’ultima raccolta di Paolo Basso, dal titolo “Perdonami l’assenza”, presentata sul Palco Aperto del mio locale virtuale. Oppure un classico contemporaneo, i versi di Simone Cattaneo, se non lo conoscete cercatelo. Li trovate tutti sul mio Patreon, raccontati, letti e suonati. Come me.

a cura di
Ilaria Rapa

Seguici anche su Instagram!

LEGGI ANCHE-Cordio: “credo sia comune sentirsi incompleti”
LEGGI ANCHE-
Anna Soares e il suo amore al limite della sacralità
Condividi su

Ilaria Rapa

Un pensiero su “Giovanni Succi e il suo classico contemporaneo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *