Anna Soares e il suo amore al limite della sacralità

Anna Soares e il suo amore al limite della sacralità
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“Sacred Love” non è soltanto il nuovo album di Anna Soares ma anche un viaggio attraverso la scoperta della spiritualità e della sessualità che si compenetrano, e, in un trip di incontro scontro, scopriamo insieme a lei, traccia dopo traccia le varie tappe del suo percorso di scandaglio.

Definita come la madre della BDSM music, Anna Soares si fa portatrice di un nuovo genere che va a mettere insieme sonorità psichedeliche e dance elettronica che riprende molto dai Massive Attack ai Nine Inch Nails.

Un mondo, quella BDSM, con cui veniamo in contatto in maniera del tutto naturale attraverso l’ascolto di “Sacred Love”. Qui, dunque, proviamo a raccontarvi qualcosa in più senza svelarvi troppo!

Ciao Anna benvenuta su The Soundcheck! Ti abbiamo conosciuto con “Witch Lust”, singolo che ci ha introdotto nel tuo mondo sicuramente unico e peculiare: in che senso ti definisci madre della BDSM Music?

Madre perché l’ho messa al mondo. Sacerdotessa perché ne canto come se fosse un inno. La BDSM Music basa il suo principio su un concept, quello di fondo, piuttosto che su una singola sonorità.
Un po’ come le playlist basate sul “mood”. Il BDSM è il mio “mood”.

Il 26 novembre sancisce sicuramente l’iniziazione del tuo “Sacred Erotic”, fuori per Lost Generation Records: un album questo sicuramente non scontato sia musicalmente che testualmente. Ti va di raccontarcelo?

Certo! “Sacred Erotic” è un concept album che racconta un percorso umano, all’interno del quale sessualità e spiritualità si compenetrano e tracciano la strada. L’album parte dal brano più doloroso e crudo, la matrice, dopo la quale si sviscerano varie tappe del percorso: la sottomissione, l’inconscio, la sapiosessualità, la seduzione, la consapevolezza del proprio potere interiore fino ad arrivare al brano più spirituale e magico, alla fine. Un incantesimo che unisce corpo e anima.

A quali livelli di sacralità si avvicina l’amore di cui parli nell’album?

La spiritualità a cui faccio riferimento è di matrice neopagana, e, nello specifico, si rifà ai politeismi greci in una chiave estremamente personale. La sacralizzazione del profano, del corpo, notoriamente declassato per le sue connotazioni materiali, accompagnano l’atto di sublimazione intima che procura l’approccio erotico estremo: io divengo il qui ed ora, attraverso un atto che all’esterno sembra “distruttivo”. Costruisco senso attraverso la demolizione, spiritualizzo il “basso” (in senso metafisico).

Hai trovato delle difficoltà a pubblicare un disco che non ha paura di sesso e sessualità in maniera anche estrema, in una società come la nostra che si professa laica?

Ho trovato delle difficoltà oggettive nella diffusione dei miei contenuti sin da quando ho creato questo concept. Non ho mai potuto avviare una campagna di sponsorizzazione perché non le accettano, considerate le tematiche e l’estetica. Tuttavia, non smetto di sentirmi libera nel pubblicare la mia arte, nonostante la censura e le porte chiuse in faccia.

Parlando invece dell’universo musicale: quali sono gli artisti a cui ti ispiri maggiormente per le tue produzioni?

Amo moltissimi artisti e mi nutro delle loro creazioni con avidità. Quelli ai quali mi sono ispirata in questo album sono sicuramente Massive Attack, Telefon Tel Aviv, Synkro, Burial, Nine Inch Nails e Trentemøller.

Hai già in mente una campagna particolare per promuovere l’uscita del disco?

Dopo la presentazione del disco il 26 novembre al Klang di Roma ci sarà un tour nei playparty BDSM in Italia, una realtà che esiste, persiste ed è vivida in molte città.

Lasciaci con l’insegnamento che hai tratto dalla creazione di “Sacred Erotic”!

Scrivere “Sacred Erotic” mi ha fatto comprendere che il tempo e la volontà, se utilizzati con criterio e “visione” possono essere il più potente mezzo di espressione nel mondo che possediamo. Ho imparato a produrre scrivendo quei brani dal nulla, oggi li riascolto, percepisco tutte le cose che oggi farei diversamente, ma quelle “sbavature” mi danno la forza di pensare che sempre un margine di stimoli ancora dietro l’angolo. Per cui sì, mi ha insegnato a darci dentro forte con l’esplorazione, la perseveranza e la mia visione.

a cura di
Ilaria Rapa

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Ilaria Rapa

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