Asteroidi: le stelle e le congiunzioni astrali di Leo Caleo
Un telo spiegato su un prato, tutto è buio e l’unica fonte di luce sono gli astri e la luna, e l’unico suono è quello della chitarra di Leo Caleo mentre ci canta Asteroidi, il suo ultimo singolo.
Totalmente autoprodotto, lo fa dunque sistematicamente rientrare entro la dicitura “indie”, eh sì Leo Caleo ha proprio scritto un pezzo indie, termine a cui però dobbiamo pensare nella sua dicitura denotative, togliendo cioè qualsiasi accezione negativa, perché di banale e prevedibile Asteroidi non ha proprio niente.
La voce effettata e il fingerpicking di sottofondo avvolgono e cullano, facendo sentire a casa in qualsiasi punto dell’Universo ci si ritrovi; un posto in cui ritrovarti, come scriverebbe Caleo. Insomma, il folk di riferimento non può che scaldare anche i cuori più solitari e atarassici.
Un’interconnessione tra cielo e terra
Se Asteroidi ci fa riconoscere e apprezzare le radici che ci tengono ben saldati al suolo, c’è però il rovescio della medaglia. Come anche il titolo ci suggerisce, la canzone non è riversa solo verso il lirismo interiore, ma tiene contemporaneamente il naso volto all’insù. E come secoli di letteratura ci hanno insegnato, la propensione alla venerazione cosmologica non può che essere considerata un atto poetico.
Io sono te e tu sei me e noi siamo un tutt’uno
Se le stelle e i pianeti ruotano intorno ai due innamorati che si perdono l’uno nei confini dell’altro, allo stesso tempo anche i due protagonisti del brano diventano loro stessi il centro dell’universo. In questo antropocentrismo astrale, solo una cosa è certa: che il loop spazio-temporale che ci fa premere play ancora e ancora, non è per via di qualche buco nero, né di qualche allineamento dei pianeti, sicuramente invece di un vero e proprio big bang musicale.
a cura di
Ilaria Rapa
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