Laura Campagna e il suo amore per l’arte

Laura Campagna e il suo amore per l’arte
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Laura è una ragazza di 20 anni che studia storia dell’arte a Roma.
Nei suoi otto anni scolastici, tra medie e superiori, ha studiato musica.
In particolare ha suonato il clarinetto con il quale ha avuto un rapporto di amore-odio poiché non è stata una sua scelta; lei avrebbe desiderato suonare come strumento la chitarra avendo una famiglia di chitarristi!

Ha sempre avuto una vena artistica anche per quanto riguarda il disegno, la pittura e, in particolare, la fotografia.
Passioni che sono state le sue migliori amiche durante diversi periodi della sua vita poiché permettevano alla sua mente di allontanarsi dai periodi bui nei quali, purtroppo, si è ritrovata.

Passioni accostate alla sensibilità, dono che in pochi percepiscono e che in tanti ignorano in una persona.
Sensibilità che si può acquisire attraverso le arti che, sfortunatamente, la civiltà di oggi mette in secondo piano.

Mi ha confessato che ha sempre utilizzato la sua sensibilità come fosse un filtro per osservare tutto ciò che la circonda, riuscendo a vedere la bellezza in ogni dettaglio, ogni gesto e in quasi ogni persona… Solo in questo modo riesce a spiegare e quindi raccontare attraverso i suoi scatti, la continua voglia di fotografarle. 

Con le mie domande ho cercato di entrare in punta di piedi nel suo mondo, per coglierne bellezza, sincerità e purezza.
Laura è una ragazza curiosa e carica di entusiasmo, tutte qualità che la faranno viaggiare alla scoperta di sé stessa.
Un talento che per me andava assolutamente presentato…

Ciao Laura, quando hai scoperto la tua passione per la fotografia? 

Ciao! Diciamo che la fotografia mi ha sempre incuriosito… ricordo che quando avevo sei anni mi regalarono una macchinetta fotografica (di quelle con cui tutti, almeno una volta, abbiamo giocato) e da lì cominciai a scattare a più non posso fino a quando non si esauriva il rullino (vale a dire nel giro di una giornata, per quanta voglia avevo di fotografare tutto ciò che per me era bello o, semplicemente, meritava di far parte dei miei ricordi). Dopodiché, passati alcuni anni, ho fatto la conoscenza di una fotografa con la quale ho imparato tutto il lavoro che c’è da fare prima di cliccare il famoso bottone. Di seguito ho iniziato a lavorare nel campo della fotografia e, quindi, ho lasciato che diventasse parte di me. 
La fotografia è tutta da scoprire, è un mondo assai vasto e non si finisce mai di esplorarlo. 

Qual è la foto che ti ha stupito di più di un fotografo che ha fatto la storia e la motivazione per la quale l’hai scelta… 

Ci sono molte fotografie che sono rimaste impresse nella mia mente ma, se dovessi scegliere qualcosa in particolare, sceglierei uno dei lavori di Julia Margaret Cameron. Più che una foto, però, è rimasto in me il pensiero della fotografa. Julia fu una delle primissime donne ad avvicinarsi al mondo della fotografia e, guardando scatti come Il sussurro della MusaBeatrice, non a caso ispirata al quadro del pittore Guido Reni, era come se potessi ammirare un vero e proprio dipinto grazie alla composizione delle sue foto, sfumate e senza una precisa messa a fuoco.
Motivo per il quale ha attirato la mia attenzione.
Questa sua tecnica non veniva accettata dalla comunità fotografica di fine ‘800 che la definiva una “sciagurata” che non sapeva utilizzare l’attrezzatura. Premesso questo, io nelle mie fotografie cerco sempre di seguire le parole che Julia utilizzò per rispondere a chi l’accusò di sciatteria: 

“Nessuno ha il diritto di dire quale messa a fuoco sia quella giusta, io aspiro ad assicurare alla Fotografia il carattere, gli usi tipici dell’arte, combinando il reale e l’ideale […] con la maggior devozione alla bellezza e alla poesia”. 

Preferisci che una foto venga descritta o ti piace avere libera interpretazione di essa? 

Sono sempre stata dell’idea che nessun fotografo sia tenuto a descrivere la propria opera; semplicemente perché in una foto può esserci tutto il mondo interiore della persona dietro l’obiettivo che, a sua discrezione, può rimanere segreto, lasciato all’interpretazione di chi la osserva.  
Penso sia bello scattare una fotografia e lasciare che le persone ritrovino se stesse in quell’attimo di luce catturata; che sia nostro compito metterle nella condizione di ragionare ed emozionarsi di fronte l’immagine, partendo dalla loro interiorità, senza che nessuno dica loro in che modo farlo. Ritengo quest’ultima una forma d’arte libera e che, come tale, deve permettere la riflessione dei fruitori. 

Avere un proprio stile non significa concentrarsi su una sola tipologia di scatto, cosa attira la tua attenzione e cosa si avvicina alla tua personalità? 

Concordo con ciò che hai detto, avere un proprio stile non deve essere una limitazione. Bisogna spaziare nell’arte, nessuno ci obbliga a fotografare un soggetto piuttosto che un altro. Personalmente sono alla ricerca di uno stile, ricerca che non finirà mai. La mia persona è in continua evoluzione e, così, sono i miei scatti.
Come si può notare prediligo i ritratti, mi innamoro degli occhi delle persone che ho davanti, ho la possibilità di immortalare lo sguardo che mi riservano e ciò mi permette di entrare in sintonia con quella persona. Dagli occhi ci si può addentrare in vasti passati, cogliere emozioni che non tutti sono in grado di cogliere.

Ti capita di ripensare a uno scatto mancato? Se sì, raccontami cosa avevi visto! 

Sempre! Gli scatti mancati sono quelli che rimpiangerai sempre, soprattutto quando ti trovi per le strade della tua città, dove la vita delle persone si presenta per quella che veramente è.  A volte, per Roma, porto con me il mio terzo occhio e appena vedo qualcuno di interessante, persone che smuovono la mia anima, non esito un secondo ad immortalare le loro azioni per portarle eternamente con me attraverso i ricordi. 
Gli scatti mancati, per me, sono semplicemente quelli che sì, vedrei bene in un’inquadratura, ma li vedo ancora meglio godendomi quel momento, ricordandolo, facendolo mio, senza disegnarlo

Hai mai studiato un progetto fotografico e lo hai realizzato in seguito? 

Io ed una mia amica, Manuela Discenza, stiamo portando avanti un progetto iniziato nei mesi della quarantena: THE ARTS MEET. 
Abbiamo pensato di unire la poesia alla fotografia, di rappresentare ognuna con la propria passione le emozioni dell’altra, un progetto che è piaciuto e che spero, continuerà a piacere. 

Se dovessi farti un autoritratto quali sono gli oggetti che useresti nella scena per descriverti? 

Se dovessi fare un ritratto di me stessa, utilizzerei le mie amate rose. 
Terrei gli occhi chiusi per far parlare i fiori, in ogni fase della loro esistenza: appena sbocciate, piegate, ferite… piene di vita!
Ho una foto che considero un autoritratto, una rosa, segnata dal tempo ma attaccata alla luce… delicata, fragile ma ancora piena di difesa.

Salutiamoci con i tuoi sogni e progetti che mi auguro tu vivrai!

Per ora sto studiando, ho intrapreso studi storico – artistici alla Sapienza di Roma. Come vedi mi incuriosiscono le varie forme dell’arte e, ritengo sia importante studiarne ogni singola pagina per godere della bellezza che con il passare degli anni è stata creata, bellezza che può ispirarci nella vita di tutti i giorni alimentando il nostro sapere, avendo cura di ciò che andiamo a scoprire. 
Mi piacerebbe un giorno integrare questi studi con la fotografia…ispirarmi ad un determinato pittore, ad una corrente artistica, per trarne uno shooting che possa incuriosire le persone. 
Questo devono fare gli artisti: estasiare l’anima di chi osserva, ispirare alla riflessione, rendere armoniosa la vita di chi, oggi, è intrappolato nella frenetica quotidianità. 

a cura di
Silvia Consiglio

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