Moonlanded: il viaggio caleidoscopico di Birthh

Moonlanded: il viaggio caleidoscopico di Birthh
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Quando un impedimento si trasforma in una grande opportunità

Questo è successo a Birthh, Alice Bisi all’anagrafe, cantautrice alternative pop, toscana, che dopo essere rimasta bloccata a New York a marzo 2020, ha deciso di restare negli USA, a Brooklin per la precisione e dedicarsi alla scrittura di “Moonlanded” il suo nuovo disco e nuovo capitolo della sua vita, o una nuova nascita per giocare col suo nome d’arte.

Il concetto di origine ha da sempre incuriosito la cantautrice toscana che ha cominciato a suonare, oltre che ascoltare musica, da piccolissima. Merito del papà è sicuramente avergli trasmesso la passione per Tom Waits e Bob Dylan. I suoi ascolti che spaziano poi dal pop, al soul e all’elettronica riecheggiano nella sua musica, nel 2016, appena diciannovenne pubblica “Born in the woods” che la colloca tra le migliori esponenti dell’alternative pop internazionale.

Birthh – Ikka Mirabelli ph.
Da “WHOA” a “Moonlanded”

Lo scorso 1 settembre, a distanza di tre anni da “WHOA“, Birthh pubblica per Carosello Records “Moonlanded” scritto e autoprodotto insieme a London O’Connor. Questo terzo album è per Birthh un manifesto dei suoi vent’anni, di come alla sua età ci si lanci a capofitto nei propri sogni, delle turbolenze e paure conseguenti che sfociano poi nella rassicurante consapevolezza che la vita è bella anche per i suoi momenti grigi.

Ognuna delle undici tracce, in lingua inglese, rappresenta una tappa del viaggio e come in ogni viaggio si fa i conti inevitabilmente con quello che si lascia e quello che si trova, anche in termini musicali. Nei due anni lontano dall’Italia Alice ha apprezzato sempre più la musica d’autore italiana che suo nonno e sua madre le cantavano, così ascoltare Battisti, Paoli e Mina è stato il modo di sentirsi vicina alle sue radici, alle sue origini.

Origini che trasmettono calore, lo stesso delle canzoni di un tempo apprezzate anche da chi come London O’Connor non è nato in Italia. Il desiderio di entrambi di fondere ritmi e suoni attuali al “calore tipico italiano degli archi e delle voci” traccia la direzione di questo viaggio chiamato “Moonlanded”.

Un viaggio in cui emergono le doti canore, oltre la voglia di sperimentare e cambiare di Birthh, in “Hyperdrive“, ad esempio, spicca in particolar modo l’utilizzo di strumenti elettronici non casuale, dato il racconto dei giorni iperattivi per sfuggire ai “pensieri”. Nel finale di “Jello“, traccia numero tre, dedicata alla sua dolce metà, si apprezzano versi in italiano.

Ascolta “Moonlanded” su Spotify!
Tracce assortite ma estremamente legate tra loro

A dimostrazione che si tratti di un lavoro in cui le tracce seppur “assortite” sono legate tra loro, sul finale di “Hyperdrive” si inserisce perfettamente il preludio della traccia successiva. “Friends in the Energy“, per l’appunto, vede la collaborazione di Awl of Us, voci diverse si fondono e danno peso alla parola ‘energy’.

Questa, infatti, ripetuta quasi ossessivamente come un mantra, dà l’idea di quanto sia importante la potenza e l’energia che può scaturire dai legami affettivi, soprattutto in un periodo pesante come quello della pandemia da Covid19, quando ci mancava il calore umano oltre che la libertà e la voglia di ballare.

In “Somebody” il suono del piano ci culla in un abbraccio che riecheggia nel ritornello “I wanna be somebody”, un cerchio che si chiude sulla sua personale emotività, una promessa mantenuta quella di trovare il proprio posto nel mondo, messa nero su bianco al principio del disco in “Supercharged“:

One day I’m gonna be someone
I’m gonna buy a house for my mamma
She will be proud

“Supercharged”, Birthh

Un viaggio tra alti e bassi, ma pur sempre da vivere al massimo

Tra la sesta e l’ottava traccia si trova un elemento di “disturbo”, quasi a dispetto del titolo “Ship Integrity I“, è la turbolenza in un viaggio in aereo o quelle della vita in generale. La struttura “frammentata” e la durata ridotta sottolineano lo stato d’animo teso di quei momenti in cui ti chiedi se ce la farai e ne verrai fuori indenne o meno, ma non smetti di crederci.

Lightyears” è il pezzo mancante, così lo definisce Birthh, perchè arrivato dopo rispetto al resto dell’album. È una foto che cattura il momento reale vissuto dalla cantautrice, senza ritocchi e maschere, cosa che dovremmo imparare a fare anche nella vita di tutti i giorni.

La traccia numero 9 è “Ship Integrity II” in cui voce e piano sono protagoniste. Testo che comincia con “i just wanna be your friend” e si chiude con “I don’t know nothing at all”. E come dopo un momento di forte tensione c’è bisogno di allentare un po’ la presa, e come se non con “Straight Up” che ci rincuora come un “andrà tutto bene”, ricordando sempre che basta amare la vita anche quando non è come vorremmo.

“Blue” elogia la vita e la bellezza, diventando chiusura ideale di “Moonlanded”. Ora posso dirlo: questa è la preferita dalla sottoscritta (insieme a “Lightyears”), ma è un puro parere personale, obiettivamente l’album merita, come merita ascolto l’onestà e la voglia di raccontarsi e raccontare una fase di vita. Il tutto senza maschere, filtri, timori o remore di farlo in una lingua che non è quella madre, ma con la quale Birthh riesce a comunicare totalmente se stessa e i suoi vent’anni.

a cura di
Mariangela Cuscito

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