“Fleabag”: l’esaltazione del cinismo nella geniale serie di Phoebe Waller-Bridge

“Fleabag”: l’esaltazione del cinismo nella geniale serie di Phoebe Waller-Bridge
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“Fleabag” è una serie inglese scritta e prodotta dalla mente geniale di Phoebe Waller-Bridge. Disponibile su Prime Video dal 2016, è composta da due stagioni. Arguta, tragica, sarcastica e priva di pietismo, “Fleabag” è la serie del decennio.

Raccontare la disfunzione sembra essere diventata, ormai, una tendenza degli ultimi anni. Normalizzare gli antieroi, coloro che tutto sono meno che personaggi positivi e buoni in senso stretto si sta dimostrando assolutamente vincente in termini di narrazione cinematografica e televisiva. “Fleabag” rientra così a pieno titolo in quelle serie il cui personaggio principale catalizza verso sé una buona dose di fastidio e un discreto imbarazzo.

Il prodotto non è di certo nuovo: la prima stagione è stata distribuito su Prime Video nel 2016 e tre anni dopo è arrivata una seconda e ultima a sancire la lapidaria fine di una serie che in poche puntate ha trattato le contraddizioni del mondo moderno.

La serie ispirata da un monologo teatrale di Phoebe Waller Bridge ha avuto luce proprio grazie all’arguta mente della sceneggiatrice inglese, il cui talento è passato tutt’altro che inosservato agli occhi della critica. Infatti, “Fleabag” ha ottenuto nel tempo ben quattro Emmy e e due Golden Globe annoverando la Waller-Bridge tra le migliori autrici del panorama seriale e filmico internazionale.

Le due stagioni di “Fleabag” disponibili su Prime Video

La protagonista della serie è una donna inglese sui trenta, proprietaria di un’inusuale caffetteria a Londra. Circondata da familiari e amici squilibrati, la vita di Fleabag, il cui nome non verrà mai rivelato, è piena di problemi lavorativi, di interazioni sociali e sentimentali. Di contro, Fleabag risponde alle avversità della vita con spassionato cinismo e un sarcasmo scorretto politicamente risultando spesso e volentieri una fastidiosa “pulce” nell’evoluzione del racconto.

La prima stagione mostra attraverso lo sguardo crudo dell’emarginazione, l’esistenza sgretolata della protagonista la cui figura con il passare degli episodi si palesa come sempre più solitaria. Senza veri legami affettivi e alla spasmodica ricerca del piacere effimero, quella di Fleabag, è una vita evidentemente vuota riempita a pezzi da rapporti occasionali con uomini beceri e ridicoli e da relazioni familiari pressocché superficiali.

L’unica reale forma d’amore conosciuta da Fleabag è quella condivisa con la sua migliore amica Boo, venuta a mancare già prima dell’inizio della serie. Così, quest’ultima si arricchisce di flashback della storia d’amicizia tra Boo e Fleabag, unite dall’inquietudine di una generazione persa, dal desiderio profondo di sentirsi amate ma divise, poi, dalle incombenza della fatalità.

Dopo la morte di Boo, allora, Fleabag procede ad intermittenza anestetizzando i sentimenti, percepiti solamente nei brevi momenti di ricordo dell’amicizia con Boo. Qualcosa, però, la turba e con il passare delle puntate si scoprirà il suo coinvolgimento indiretto nella scomparsa dell’amica ed il senso di colpa in Fleabag si spargerà a macchia d’olio, fino a farla apparire un guscio vuoto senza emozioni.

La rinascita: l’incontro con il prete

A distanza di tre anni dalla fine della prima stagione di “Fleabag”, Amazon ne distribuisce la seconda, questa volta però cambiandone in parte la rotta. La protagonista rappresenta la solita dissacrante complessa figura moderna ma in lei durante questo capitolo si smuove qualcosa. L’appiattimento sentimentale e la promiscuità fisica vengono attutite dall’incontro con un prete il quale è stato ingaggiato per sposare sua padre con la compagna fintamente svampita ma parecchio provocatoria.

Il prete, anche lui senza alcun nome assegnato, è per certo una figura ecclesiastica controversa e per nulla convenzionale: eppure, nel suo confusionario modo di agire fa breccia nel cuore della donna che inizia dopo tanto tempo a provare davvero qualcosa.

Lui sembra, così, vederla realmente per ciò che è: fragile, affannata dalla vita, invasa dai sensi di colpa per aver fatto soffrire la sua amica Boo, quando in preda all’attrazione è andata al letto con il suo fidanzato. Il prete rompe progressivamente la spessa corazza di Fleabag eretta in anni di disagio sociale ed affettivo per scoprire, quindi, un’anima a lui affine, sopraffatta sì ma realmente autentica. Ironico, come la via della redenzione e la riscoperta dei sentimenti per Fleabag passano attraverso l’amore verso un prete che, per ovvie ragioni, non potrà soddisfare a lungo termine la sua richiesta d’amore.

Nonostante questo, però, la loro è una delle storie d’amore più belle mai raccontate nella narrazione seriale: così imperfetta ed improbabile da risultare vera, figlia della tentazione, del desiderio fisico e simbolo di un peccato primordiale di cui il prete stesso si fa portatore. Una sofferenza, quella provata dalla protagonista, che sa di rinascita perché la mette in contatto con se stessa e con la gioia di provare ancora amore e di sentirsi vivi.

Il percorso di Fleabag

In effetti, Fleabag nella seconda parte del suo viaggio ristabilisce quell’equilibrio che ha cercato a lungo senza, però, mai tradire la sua indole rivoluzionaria mentre scardina le incoerenze del suo tempo. Mai abbastanza femminista, progressista, amorevole o materna. Non toppo etero ma non sufficientemente lesbica, Fleabag non è mai veramente completa nell’espressione della sua personalità.

Tuttavia, al termine della serie, si ha la bellissima sensazione che la donna ha accettato la sua imperfetta esistenza con tutti i suoi altalenanti modi di essere. Infatti, quella telecamera che per lungo tempo ha insistito nel seguirla ovunque e con la quale la stessa protagonista ha interagito come fosse una fidata compagna, non la osserverà più ma rimarrà per sempre alla fermata del bus, dove avviene l’ultima commovente scena d’addio tra Fleabag e il prete, ma soprattutto tra Fleabag e noi spettatori.

Il suo è un viaggio verso la redenzione, manchevole ed approssimativo ma che ha comunque avuto un epilogo, molto di più dei personaggi che le gravitano attorno solo all’apparenza perfetti e soddisfatti. La donna, così, grazie all’interpretazione notevole di Pheabe Waller-Bridge diventa quindi l’emblema del nostro tempo quando raccoglie le spinte contradditorie della realtà odierna ma le fa sue decostruendole attraverso il filtro della demistificazione.

Quello di Fleabag è un personaggio scomodo, per nulla puritano che si interfaccia con il sesso più subdolo e la morte più violenta quasi spinto da scherno insensato: spesso fastidiosa ed irritante Fleabag è quello che siamo noi quando ci guardiamo allo specchio senza la lente delle convezioni.

Una serie magistrale: “Fleabag”

Non è azzardato affermare che “Fleabag” sia una delle serie più belle mai ideate degli ultimi tempi. Grazie al lavoro di Waller- Bidge, Fleabag ha una scrittura caratterizzata da comicità pungente e mai banale oltre che una messa in scena che coinvolge il pubblico specialmente quando viene rotta la quarta parete nel momento in cui Fleabag si rivolge direttamente a noi. La sua forza, forse, è stata proprio quella di riuscire a raccontare la storia della protagonista in due stagioni senza la necessità di dire più del necessario.

“Fleabag”, infatti, rifiuta il superfluo, va dritta al punto senza artifizi vari proprio come la protagonista della sua storia. La bellezza di questa serie che sa di capolavoro, quindi, risiede nel marcio che Fleabag rappresenta, nel suo trucco sbavato, nel sesso senza significato che pratica, nei suoi sbagli ripetuti, nell’odio provato verso alcuni membri della sua famiglia ma soprattutto nel disprezzo che ha verso se stessa.

Tuttavia, Fleabag costruisce un’atmosfera quasi incredibilmente poetica mentre esalta la rivincita dei cinici dimostrando che nonostante tutto sono capaci di amare, anche se questo sentimento talvolta può passare attraverso la sofferenza.

a cura di
Noemi Didonna

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