Vincent Van Gogh: vita e arte dell’artista olandese

Vincent Van Gogh: vita e arte dell’artista olandese
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La vita è breve per tutti, il problema sta nel farne qualcosa di valore.

A pronunciare queste parole fu Vincent Van Gogh, pittore geniale e dalla spiccata sensibilità. Artista tormentato e poco apprezzato in vita, diventato famoso solo dopo la sua morte, avvenuta in circostanze non ancora certe, a soli 37 anni

La sua vita, breve, intensa e tormentata, assomiglia a un pellegrinaggio verso una meta ambita, quanto sconosciuta. Egli stesso scrive: «Noi siamo dei pellegrini, la nostra vita è un lungo cammino, un viaggio dalla terra al cielo», un viaggio difficile, tortuoso, sempre in salita, che non ammette soste, eppure lieto, animato da un ardore interno che conduce verso una luce forte, sicura, un faro nell’oscurità.        

Raccontare Van Gogh è un vero e proprio cammino spirituale, dove l’arte si fonde di continuo con
l’animo malinconico e allo stesso tempo pieno di vitalità dell’artista, un cammino che ci racconta di un uomo che amava i colori che vedeva nel mondo e che aveva un dannato bisogno di metterli su tela.

Le prime tappe del suo cammino

Vincent Van Gogh nasce a Zundert nei Paesi Bassi nel 1853. Il padre era un pastore protestante di paese e la mamma una casalinga, dalla quale ereditò l’abitudine di scrivere lettere. Si mostra da subito non incline agli studi ed inizia a lavorare all’età di 16 anni come apprendista dei mercanti d’arte Goupil & Cie.

Dopo l’esperienza lavorativa nella galleria d’arte di Bruxelles, Van Gogh si trasferisce a Londra dove prende in affitto una stanza. Qui si innamora perdutamente di una giovane donna, Ursula Loyer che non ricambia il suo affetto.

Questa esperienza Londinese segnata dalla delusione amorosa, lo porta a Parigi dal fratello Theo, ma ancora scottato dal rifiuto della giovane donna, vive dei mesi poco produttivi.
È proprio in questo periodo che si avvicina sempre di più alla religione e trova lavoro come insegnante catechista. Sposa gli ideali francescani di umiltà, allontanandosi da qualsiasi bene materiale, vivendo con il minimo indispensabile. Diventato troppo estremista, viene considerato addirittura un fanatico e finisce per essere licenziato.

Van Gogh decide di dedicarsi alla pittura

Da quel momento in poi inizia a dipendere economicamente dal fratello Theo, l’unica persona con cui sarà legato fino alla morte. Dal 1880 dopo diversi impieghi temporanei, decide di dedicarsi alla pittura a tempo pieno e si trasferisce a Bruxelles dove, grazie all’artista Mauve, compie i suoi primi passi verso la definizione della sua personale tecnica pittorica. 

Nelle opere del periodo olandese vediamo una forte ispirazione realista. Vincent Van Gogh vuole celebrare il lavoro dei contadini, dei minatori. A questo periodo risale uno dei suoi dipinti più famosi, “i mangiatori di patate”. Una modesta famiglia di contadini è riunita intorno al tavolo di sera. Una debole luce proviene dalla lanterna appesa al soffitto. Illumina i loro volti e il cibo sul tavolo di legno. Le loro fisionomie sono rocciose e quasi deformi. Le nocche descrivono il peso delle loro fatiche. Infine, un’espressione stanca e priva di speranza è dipinta sui loro volti. L’utilizzo di colori scuri conferisce alla scena un pathos di carattere quasi religioso. Anche se le figure non sembrano proporzionate, per Van Gogh la tecnica era semplicemente un mezzo per esprimere se stessi.

Vincent Van Gogh, i mangiatori di patate
I Mangiatori di patate 1885 (Fonte Pinterest)
Finalmente a Parigi

Nel 1885 si trasferisce ad Anversa dove conosce l’artista Rubens che ebbe un forte impatto sullo stile pittorico del giovane Vincent. Tuttavia la rigidità accademica di quegli ambienti ben presto lo convinsero a trasferirsi a Parigi.

Nella capitale francese Van Gogh conobbe Henri de Toulouse-Lautrec, Paul Gauguin, Camille Pissarro e Georges Seurat.

Artisti dal quale prese numerosi spunti creativi. In questi ambienti ricchi di fermento artistico assorbe la tecnica di scomporre i colori in piccole macchie, che danno il senso di un soggetto in movimento. Contemporaneamente scopre le stampe giapponesi che lo portano verso una pittura più ricca di colori.

Nelle campagne di Arles

Da qui nasce la decisione di trasferirsi ad Arles nel sud della Francia, dove oltre ai paesaggi ricchi di luce non troverà più lo stesso ambiente brulicante di arte, ma un paesino senza nessun punto di riferimento culturale. Nonostante ciò fu un periodo molto prolifico per l’artista. In quei mesi realizza numerosi paesaggi con un approccio ai colori estremamente personale. Questi ultimi non presenteranno più una corrispondenza con la realtà, ma la scelta ricadrà sull’intensità del messaggio che vuole trasmettere

I numerosi paesaggi ispirano anche un altro soggetto non facile da rappresentare. Si interesserà sempre di più alla pittura notturna, alla rappresentazione dell’oscurità, riuscendo a conferire a questo nuovo “personaggio” una grande ricchezza di colori. 

È proprio in questo periodo che nascono due dipinti notturni molto famosi: “Notte in un caffè” e “Terrazza del caffè la sera, Arles“.

Vincent Van Gogh, Terrazza del caffè la sera, Arles
Terrazza del caffè la sera, Arles 1888 (Fonte Pinterest)

Ad Arles dipinge tantissimo e l’idea nata a Parigi di creare una comunità di artisti, diventa sempre più concreta. Decide così di prendere in affitto una casa e la dipinge del suo colore preferito, il giallo. Con l’aiuto del fratello Theo, riesce a convincere Gaugin a trasferirsi da lui. La convivenza durerà pochissimo a causa dell’opposta veduta artistica. Il tutto precipitò in seguito ad una lite tra i due che portò Van Gogh, in un momento di forte pazzia, a tagliarsi parte del lobo di un orecchio.

La notte Stellata a Saint- Rémy-de-Provence

In seguito a questo episodio chiese di essere temporaneamente rinchiuso nel manicomio di Saint-Rémy-de-Provence per essere sottoposto a cure mediche. Nonostante le continue crisi ed alternando stati d’animo di calma e disperazione, i quadri di questo periodo comunicano una forte tensione alla vita. 

A questo periodo risale il suo quadro più iconico, “la notte stellata“. In questo quadro l’artista non ritrae solo il paesaggio, ma anche elementi immaginifici. Sogno e realtà diventano le due facce della stessa medaglia. L’inquietudine dell’artista prende forma grazie ai numerosi vortici che ci mostrano allo stesso tempo la vitalità ed il tormento interiore del pittore.

Vincent Van Gogh non dipinge in maniera fedele quello che vede, ma la sua idealizzazione ed interiorizzazione. Il protagonista dell’opera è sicuramente il cielo, che occupa i due terzi del dipinto, con le sue numerose stelle che danno vita ad una frenesia di emozioni, alle quali è impossibile trovare un ordine preciso. I cipressi invece rappresentano un elemento di unione tra il cielo e la terra, un punto di contatto tra la vita e la morte. Trasforma la visione notturna in una potente visione onirica dalla quale traspare il suo stato d’animo.

Van Gogh, Notte stellata
Notte stellata 1888 (Fonte Pinterest)
L’ultima tappa del cammino di Van Gogh

La nota fondamentale di questa fase 1889-1890 fu la paura di perdere il contatto con la realtà, oltre a una certa tristezza. Non avendo scelta di argomenti e rendendosi conto che la sua ispirazione dipendeva dall’osservazione diretta, Van Gogh fu combattuto nel dover lavorare a memoria. 

Uscito dal manicomio, dopo alcuni giorni a Parigi dal fratello, decide quindi di trasferirsi ad Auvers-sur-Oise, dove verrà seguito dal dottor Gachet amico di Theo. Qui nascerà il suo capolavoro in ambito ritrattistico, attraverso l’utilizzo di linee e colori vibranti riesce a mettere su tela i sentimenti di malinconia del dottore.

In questo periodo Van Gogh disegna come un forsennato, come se la pittura fosse un modo per restare appesi alla vita e non cadere nell’oblio della pazzia. Lavorò inizialmente a soggetti come i campi di grano, la valle del fiume, case di contadini, la chiesa e il municipio che riflettevano il suo sollievo spirituale. Seguì una modifica del suo stile, le forme naturali divennero meno contorte e rese la luce con tonalità più fresche.

Van Gogh, il ritratto del dottor Gachet
Ritratto del dottor Gachet 1890 (Fonte Pinterest)
La tragica fine di un genio

Questo periodo apparentemente sereno durò poco, infatti il 27 luglio del 1890 si sparerà un colpo di pistola al petto e morirà due giorni dopo nelle braccia del fratello che era riuscito a raggiungerlo. Un’esistenza fatta di tormenti dove fino alla fine Pittura e vita si intrecciano per dar luogo a quel destino che era stato segnato nel libro delle ore di Vincent Van Gogh. 

Pittura e vita agiscono ed interagiscono senza sosta e l’una non potrebbe sorreggersi senza l’altra. 

Più divento dissipato, malato, vaso rotto, più io divento artista, creatore… con quanta minor fatica si sarebbe potuto vivere la vita, invece di fare dell’arte.

Vincent Van Gogh

a cura di
Cesario Cesaro

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Cesario Cesaro

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