Piet Mondrian e il suo viaggio nell’arte del Novecento

Piet Mondrian e il suo viaggio nell’arte del Novecento
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In viaggio con Mondrian da Amersfoort a New York

Visitando un museo dove sono esposte le opere del periodo maturo di Piet Mondrian, è possibile ritrovarsi a udire commenti del tipo: “sarei in grado anche io”, ” che ci vuole a fare due linee rette”, “ci vuole fortuna anche a diventare pittore” e tante altre frasi, molto simpatiche. In effetti, per capire pienamente perché Mondrian sia arrivato a dipingere le opere per cui tutt’ora lo ricordiamo, è necessario fare qualche passo indietro e ripercorrere le diverse fasi pittoriche che lo hanno caratterizzato.

È un vero e proprio viaggio, dove ognuno di noi potrà vedere qualcosa di diverso ma che, alla fine, ci aiuterà a capire meglio le scelte fatte da Mondrian: cosa l’ha portato, dopo numerose esperienze accademiche, a comporre tele astratte fino a ridurre al minimo le geometrie e i colori. Vedremo, dal finestrino, come abbia dovuto cimentarsi nel dipingere il reale così com’era, prima di stravolgerlo, astrarlo e portarlo verso una nuova dimensione.

Tappa tra i paesaggi olandesi

La prima fermata sarà sicuramente Amersfoort, paese natio del pittore. È qui che Piet Mondrian muove i suoi primi passi, e decide di intraprendere la carriera artistica, per poi spostarsi ad Amsterdam dove si formerà alla locale accademia delle belle arti Rijksakademie, negli anni a cavallo tra il XIX e il XX secolo. La sua pittura mostra inizialmente i segni di una tradizione fortemente realista, che rispecchiava i canoni tradizionali della Scuola olandese dell’Aja. A differenza dei romantici, ormai superati, questo gruppo di artisti mirava ad una maggior ritorno alla realtà della natura.

I dipinti del periodo olandese mostrano elementi ricorrenti e tipici della pittura paesaggistica di quelle terre: mulini, campi, fiori, alberi e canali sono i soggetti principali delle sue tele. Nonostante queste opere abbiano tutte le caratteristiche dei ritratti descrittivi, si comincia a percepire, tra le righe, una tendenza verso la dimensione interpretativa delle cose. Col tempo di queste figure naturali, come le dune del deserto e i rami degli alberi, rimarranno solo le strutture, caratterizzate da linee verticali e orizzontali.

Inoltre, in alcune opere di quel periodo, è possibile iniziare a vedere progressivamente l’esigenza di superare il limite con la realtà attraverso l’utilizzo di prospettive piatte e apparentemente “sbagliate”. Sono anni dove l’artista subisce numerose influenze, passando da Vincent Van Gogh al simbolismo nordico di Munch.

Piet Mondrian, Filari di 11 pioppi in rosso
Filari di 11 pioppi in rosso (Fonte: Pinterest)
Parigi ed i nuovi fermenti artistici

È seguendo queste nuove tendenze, che insieme all’artista ci spostiamo con il nostro treno a Parigi, città ricca di nuovi fermenti artistici, grazie alle numerose sperimentazioni messe in atto, nel decennio precedente al primo conflitto mondiale, dalle avanguardie artistiche.

Le tele del periodo parigino iniziano a perdere i connotati realistici, nonostante in questi quadri possiamo ancora riconoscere la struttura degli alberi e della veduta, è percepibile una vera e propria decomposizione della natura, tipica dello stile cubista.

Rispetto a questi ultimi, ancora legati alla realtà, Piet Mondrian fondatore del neoplasticismo voleva però spezzare ogni legame con la soggettività derivante dall’osservazione del reale. L’arte, infatti, secondo Mondrian, non serve per rappresentare la natura, bensì per esprimere l’esigenza di semplicità ed essenzialità, che secondo l’artista olandese è universale. La sua arte è una progressiva rastremazione del superfluo, il tutto può essere rappresentato attraverso la linea retta e i colori primari.

Il culmine di questo processo di riduzione si ha con la serie di tele Composizioni, alla quale si dedica dagli anni ’20 agli anni ’40 del novecento. È in queste opere che l’artista abbandona definitivamente riferimenti realistici, passando a una pittura astratta costituita da linee geometriche nitide, definite e rigorose. Quella di Mondrian è una pittura dello spazio: in essa le cose e le loro forme si ritraggono per lasciare vedere unicamente lo spazio stesso.
Nel dialogo sul neoplasticismo alla domanda sulla predilezione per la linea retta, Mondrian risponde:

“L’anelito ad esprimere la vastità mi ha portato a ricercare la massima tensione: quella della linea retta. Poiché ogni curva deve risolversi nella linea retta, non poteva esserci più posto per la curva”.

Piet Mondrian

Piet Mondrian, Composizione con rosso, giallo e blu
Composizione con rosso, giallo e blu – 1921 (Fonte: Pinterest)
La Grande Mela e l’incontro con il jazz

Con l’avanzata del nazismo, e l’inizio del secondo conflitto mondiale, Piet Mondrian è costretto a trasferirsi prima a Londra e poi, nel 1940, a New York dove rimane fino alla sua morte, nel 1944.

È proprio nella grande mela che il nostro treno farà capolinea.

Qui il percorso artistico del pittore olandese, a contatto con la vitalità che caratterizza la città metropolitana, prenderà delle nuove forme. Le linee e i colori che caratterizzano le opere di questo periodo, avranno una nuova dinamicità. L’artista trova inoltre nel jazz e nelle danze, come il boogie-woogie, dei nuovi riferimenti che influenzeranno le sue ultime tele. In questo contesto, infatti, non possono non essere rammentati i due dipinti Broadway Boogie – Woogie e Victory Boogie – Woogie.

In entrambi i quadri è ribadito l’ostinato rigorismo del primitivo impianto teorico e l’utilizzo dei tre colori fondamentali. Le tinte si distribuiscono sulle linee stesse piuttosto che all’interno dei riquadri. Il reticolo che si viene a creare sembra quasi ricreare la mappa della città nel suo continuo fluire. Inoltre, il titolo dell’opera non può che ricondurci allo schema ritmico del boogie – woogie tanto amato da Mondrian.

Piet Mondrian, Broadway Boogie-Woogie
Broadway Boogie-Woogie, 1942-43 (Fonte: Pinterest)

Scendendo dal treno e ripensando al viaggio, possiamo ora riflettere e provare a cogliere il senso del lungo percorso appena concluso, attraverso le parole del protagonista:

“Attendiamo così il pieno giorno: il futuro. Attendiamo la nostra maturità. Ma per attenderla bisogna amarla. E per amare il pieno giorno occorre aver amato la notte, aver conosciuto l’alba e amarla ancora: per detestare il tragico occorre aver molto vissuto.”

Piet Mondrian

a cura di
Cesario Cesaro

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