Patti Smith – Auditorium Parco della Musica, Roma – 27 luglio 2022

Patti Smith – Auditorium Parco della Musica, Roma – 27 luglio 2022
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Il rock libero di Patti Smith riecheggia nel cielo della calda estate romana

È una delle tante caldissime serate romane, quella che la accoglie: iconica, sacerdotessa e poetessa del rock, impegnata e libera. Lei: Patti Smith.

Era un tour che si attendeva da tempo questo, annunciato e rinviato negli anni precedenti a causa della pandemia e che finalmente ha potuto realizzarsi partendo tre giorni fa da Pompei e facendo tappa l’altro ieri al Roma Summer Fest, in un live che si è rivelato indimenticabile, un vero e proprio inno alla vita.

Quando sale sul palco con i suoi lunghi capelli argentati, gilet nero e giacca over e quel sorriso di una donna ancora piena di grinta, sempre in lotta per le cause più nobili ma anche in pace con se stessa e in grado di trasmettere forza e serenità allo stesso tempo, il pubblico dell’Auditorium la accoglie con un applauso scrosciante.

Mi torna in mente un live di più di 10 anni fa, nel 2011, a Piazza del Popolo, in occasione del Earth Day. Io e i miei amici arrivammo proprio mentre Patti Smith tuonava “People have the Power“, correndo per raggiungere il palco e non perderci una nota. Stasera sono qui a fotografarla, stento a crederci, sono emozionantissima.

“Ok, devo rimanere concentrara, ho solo tre pezzi” mi dico.

Il racconto del live

Patti Smith apre il concerto attaccando con la ballata “Grateful“.
E sono subito cori, voce dolce e potente che arriva in alto e ti entra dentro, brividi sotto la pelle.
Al suo fianco, schierati il figlio Jackson Smith alla chitarra, l’amico Tony Shanahan, con lei da oltre 20 anni al basso e Seb Rochford alla batteria.
Si prosegue con il ritmo più incalzante di “Redondo Beach“.

Una breve pausa dalla musica per omaggiare il poeta Allen Ginsberg con la lettura della nota finale dell’ormai leggendario poemetto “Howl” (Urlo): “Il mondo è santo! L’anima è santa! La pelle è santa! Il naso è santo! La lingua e il cazzo e la mano e il buco del culo sono santi! Tutto è santo! tutti sono santi! (…) Ognuno è un angelo!”

Il live prosegue e in più di un’ora di concerto si alternano altre hit indimenticabili, pezzi di storia della musica, “My Blaken Year“, “Wicked Messenger“, “Nine“.
E proprio a questo punto sul ritornello che il pubblico abbandona i sedili e la raggiunge sotto al palco, continuando a ballare e cantare insieme a lei i brani che seguono: “Dancing Barefoot“, “Beneath the Southern Cross“.

People have the Power!

Il suo rock graffiante, poetico e politico è alternato da tanti momenti di interazione con il pubblico, vere e proprie esortazioni alla libertà e al futuro:

Free your fucking freedom! You are the future and the future is now

E ancora

Cross over people and live free!

È a questo punto che Patti Smith alza le mani al cielo e chiede a tutti di fare la stessa cosa, di sentire l’energia, di sentire che si è vivi. È un momento di connessione spirituale difficile da descrivere a parole.

Dopo aver presentato la band, lascia momentaneamente il palco a Tony Shanahan che attacca “Walk on the wild side” di Lou Reed, per poi raggiungerlo e unirsi a lui mentre si intreccia i lunghi capelli argento. “Questa canzone è per i bambini,” esclama “vittime della guerra e delle ingiustizie. Un augurio per proteggere l’innocenza”.

A proposito di bambini, si accorge che tra le prime file c’è un bimbo piccolo e dice alla mamma che il rumore è troppo forte per lui e le da dei tappi, scherzando sul fatto che il figlio Jackson da piccolino è cresciuto con la musica rock.

Dopo un’intensissima “Boy Cried Wolf” omaggia Neil Young con una “After the Gold Rush” da brividi, soffermandosi su quanto questa visione sia stata profetica di quello che sta succedendo alla madre terra “Look at mother nature on the run in the nineteen seventies” e di quanto l’emergenza climatica e la salvaguardia del pianeta siano dei temi ormai di priorità assoluta.

Altra poesia, altri brividi. È la volta della lettura dell’”Infinito” di Giacomo Leopardi. Patti si scusa perché leggerà in inglese, prima di iniziare.

È un momento unico. È poesia nella poesia. L’Auditorium è in un silenzio surreale. Nell’aria solo la sua voce, scandita dalle pause del poema.

Il live prosegue con “Pissing in a River“, “Because the Night“, “Gloria” per concludersi con il suo inno immortale “People Have the Power“.

Infine l’inchino di rito e il saluto con l’augurio più bello che si possa fare:

“Don’t forget use your voice”.

La setlist della serata:
  1. Grateful
  2. Redondo Beach
  3. Blaken Year
  4. Wicked Messenger
  5. Nine
  6. Dancing Barefoot
  7. Beneath the Southern Cross
  8. Walk on the Wild Side
  9. Boy Cried Wolf
  10. After the Gold Rush
  11. Pissing in a River
  12. Because the Night
  13. Gloria
  14. People have the Power

a cura di
Gabriella Vaghini

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