Un giorno da volontario nella Croce Rossa Italiana
Spesso si ha l’idea che la Croce Rossa sia solo l’ambulanza che ti viene a prendere in caso di necessità, ma vi accorgerete che questo è solo uno dei tanti servizi alla collettività.
Oggi siamo andati a trovare i volontari della Croce Rossa Italiana, per conoscerli meglio e per capire di cosa si occupano.
Mi sono rivolto ad un Comitato legato al mio territorio, Sassuolo (MO), nello specifico a Carlo Alberto Venturelli Presidente dell’associazione di Sassuolo (che ringrazio per la disponibilità e per averci autorizzato in un periodo di emergenza sanitaria come questa).
L’appuntamento è per le 16:30 nella sede di Sassuolo purtroppo ad attendermi non può essere presente il Presidente Venturelli, per motivi lavorativi; c’è comunque passatemi il termine una “degna” sostituta la figlia Annachiara, una giovane ragazza che sa il fatto suo.
L’accoglienza è una bella accoglienza, ti senti come a casa.
La preparazione
Cominciamo subito senza perdere tempo, perché qui il tempo è importante come non mai per questi volontari che lo tolgono al loro tempo libero al solo scopo di essere utile agli altri.
Si procede con l’igienizzazione delle scarpe, un passaggio obbligatorio all’entrata della struttura dentro ad una soluzione disinfettante, step successivo il corretto uso dei DPI, prima le mani poi mascherina ed infine i guanti.
Facciamo un rapido giro nella struttura anche perché l’equipaggio che seguirò è già pronto per partire. Insieme a Roberta e Luca faremo il servizio di pronto spesa e pronto farmaci, servizio rivolto a tutte quelle persone che da sole non potrebbero fare diversamente.
Roberta lavorava in Croce Rossa fin da quando era statale, poi con la privatizzazione fu trasferita in prefettura ma non ha mai smesso di prestare servizio e ora la fo durante il suo tempo libero, “sento che se no mi mancherebbe qualcosa”, dice.
Luca, un giovane più che ventenne e figlio d’arte (suo padre già in Croce Rossa) spiega che tra università e nuoto si ritaglia del tempo per dare il proprio contributo, perché qui non è quanto tempo dedichi ma dedicare tempo per esserci.
Le tappe
Prima tappa Parafarmacia: qui facciamo i primi acquisti di farmaci il tutto nel rispetto delle distanze del DPCM e siamo pronti per andare a fare la spesa, prendiamo il carrello e ci dirigiamo verso l’entrata.
Qui il personale ti prende anche la temperatura con lo scanner.
Ancora non mi era successo e sinceramente il pensiero “ma sta a vedere che ho la febbre” mi ha sfiorato, e invece non ce l’ho.
Dopo un “vada” entro insieme a loro. Ci fermiamo alla reception e Roberta chiede se posso fare foto mentre loro fanno la spesa e dopo il via libera per gli scatti da parte del direttore iniziamo la lunga lista della spesa.
Si, perché abbiamo la lista, bella specifica che i ragazzi della Croce Rossa fanno con tantissima cura. Per esempio c’è scritto “penne rigate” e mi sono detto “Io stesso per la spesa infilerei nel carrello le prime che trovo o quello che più ci assomiglia”.
E invece no, loro cercano e ricercano fino a che non accontentano la richiesta della persona.
Provo a dare una mano ma niente da fare: loro arrivano prima di me su tutto quindi credo che mi limiterò a tenere d’occhio il carrello.
Spesa fatta, caricata in macchina e pronti per portarla a casa, raggiunta l’abitazione avvisiamo di essere arrivati e la lasciamo sulla soglia di casa. Dalla finestra i volontari vengono ringraziati “grazie per la spesa e per quello che fate”.
Saliti di nuovo in macchina Roberta mi dice che a lei basta un “grazie” e che sapere di aver fatto qualcosa per qualcuno la fa sentire bene.
Il nostro giro prosegue in farmacia dove acquistiamo farmaci per un’anziana signora, saliti in macchina Roberta avvisa al telefono la signora che stiamo arrivando “Signora siamo la Croce Rossa” con voce rassicurante, come una figlia che chiama la madre.
Il sorriso della anziana signora quando ci apre la porta sulla soglia di casa dice tutto, e inizio a capire quel “grazie” che ti far star bene. Due chiacchiere sul pianerottolo e andiamo, torniamo in sede, sanificazione all’auto ed entriamo nei locali.
L’intervista
Guardo l’ora e sono le 18:30 e sono quindi passate due ore dalla nostra partenza aiutando due persone anziane che altrimenti non avrebbero saputo come fare. Che bello, penso, mentre ritrovo Annachiara che mi chiede come è andata.
Con lei c’è Alessandro “un veterano” uno che ne ha viste di cotte e di crude, a lui chiedo subito
Come si fa a far parte di Croce Rossa?
Il nostro addestramento duro negli anni ha allontanato i volontari “poi chissà se mi prendono” ci siamo sentiti dire da alcune persone “io avrei tempo per venire a pulire, io per fare amministrazione”.
Il nostro addestramento è lungo e duro lo so, ma proprio perché dobbiamo dare delle risposte concrete deve essere al meglio. Abbiamo questa uniforme, questo emblema che ha un peso specifico, elevato.
Come dico ai miei colleghi, ricordiamoci sempre che quando la indossiamo le persone da noi si aspettano tanto, dalle emergenze in ambulanza alla cura con cui ascolti una persona che ti dice: ho bisogno di questo o quello.
Cose che non sempre sono traducibili con una lista della spesa ma sono dei bisogni come l’ascolto attivo di un problema o la semplice vicinanza.
Funziona bene il servizio telefonico?
Annachiara: molto bene, a dire la verità. Il servizio consiste nella consegna della spesa e dei farmaci, come hai visto ed è rivolto a persone sole o con patologie che non possono uscire di casa.
Chiamano se hanno bisogno oppure semplicemente per trovare conforto, per parlare con qualcuno e sapere che dall’altra parte ti ascolteranno.
Capita anche la signora che ha bisogno del mangiare per il gatto (che sembrerebbe una sciocchezza come richiesta) ma proprio quel gatto è la sua unica fonte di sicurezza, l’unica cosa che ha.
Proprio per questo a chi si avvicina al progetto Volontario Temporaneo viene affiancato da qualcuno più esperto per avere proprio questa tipologia di approccio con le persone.
Ma com’è cambiato l’addestramento in funzione del Covid19?
Alessandro: i volontari devono imparare a convivere con un pericolo e di conseguenza con dispositivi di protezione e sanificazione.
Quello che vedi in tv l’infermiere bardato, per noi è diventata la norma, e non è un “tieni qui c’è la roba” ma è formare il volontario su come usarli, addestramento e prove perché non si può commettere un errore che sfocerebbe nel dare inizio ad una catena di eventi sbagliati.
Annachiara: Il volontario deve essere conscio che è lì per essere parte della soluzione del problema, e non parte del problema e questo riesci ad ottenerlo solo quando la persona si sente di appartenere a Croce Rossa dietro a questo emblema ci sono dei principi, dei comportamenti che ci guidano, delle regole e dei valori che a volte anche ci sostengono.
Per questo serve una giusta formazione psicologica e sanitaria.
Ma avete mai paura?
Alessandro: io ho paura di chi non ha paura. Paura vuol dire affrontare la cosa con rispetto, con la consapevolezza del rischio che è quella cosa che ti fa lavorare con la massima attenzione.
Annachiara: tutti abbiamo paura, ma questa paura deve essere costruttiva e non trasformarsi in panico e affinché ciò non accada, torniamo all’addestramento ricevuto e al fatto di sapere di poter contare sul proprio compagno.
Perché alla fine non siamo un singolo individuo ma siamo una squadra impegnata a raggiungere un obbiettivo, qualunque esso sia, perché vedi non esiste in Croce Rossa un servizio più importante di un altro.
Ma a questo punto mi chiedo e vi chiedo: ma ci si nasce o ci si diventa così?
Annachiara: quando sono qua e porto questa divisa e so cosa rappresenta per me e per gli altri anche dopo dieci ore di duro lavora senza respiro, torno a casa io mi sento completa, mi sento come non mi mancasse niente, sono proprio felice e non ho bisogno di nient’altro.
Alessandro: qualche anno fa andai in ferie nella ex Jugoslavia a Mostar, passando nella parte musulmana dove si trova la sede della Mezzaluna Rossa (la Croce Rossa musulmana) e da bravo turista italiano chiedo a mia moglie di farmi una foto davanti alla bandiera – si commuove ricordando quel momento.
È uscito un collega jugoslavo e dopo avergli detto che sono di Sassuolo lui ha chiamato tutti fuori urlando “qui c’è uno di Sassuolo”. Questo perché durante la guerra in Jugoslavia da qui partì una colonna di aiuti, e in sede a Mostar ci sono ancora le foto dei nostri volontari.
Questa è la Croce Rossa, in ogni parte del mondo è casa nostra.
Ma come si fa a trasmettere questo anche ai giovani, ad avvicinarli per avere un cambio generazionale, certo oggi con i social si raggiunge un bacino di utenti più vasto ma poi?
Annachiara: qui c’è un bel gruppo di giovani, siamo uniti con stessi progetti e ideali. Il nostro progetto attuale si chiama “Il Mondo con i miei occhi” ed è un progetto in collaborazione con maestre, logopedisti e scuole del territorio che seguono alcuni bambini affetti da DSA (Disturbi dell’apprendimento).
Grazie alla collaborazione con questa associazione “Il Mondo con i miei occhi” di Sassuolo ha permesso di allargare il numero dei bambini assistiti, di condividere volontari e spazi.
È un progetto secondo me bellissimo e sono molto, molto contenta di quello che stanno facendo i giovani di Sassuolo perché se prima eravamo capaci di assistere sette o otto bambini, adesso non sappiamo più dove metterli”.
Com’è il rapporto con gli altri Comitati sparsi sul territorio?
Annachiara: c’è assoluta collaborazione sullo scambio di materiali, di mezzi, di volontari, c’è una sorta di rete per lavorare al meglio alla soluzione del problema.
Ma la Croce Rossa c’entra con la Protezione Civile?
La Croce Rossa è la Protezione Civile. È una struttura operativa che opera nel Dipartimento di Protezione Civile e l’organismo della CRI che si occupa della gestione delle emergenze nazionali ed internazionali è l’Unità di Crisi Nazionale
Guardando entrambi assieme, sembrano padre e figlia dall’età, capisco che la generazione differente non conta: l’amore per il prossimo è uguale per ogni membro della Croce Rossa.
Mi sembra di capire che Croce Rossa sia come una “fede” si può fare volontariato ovunque ma qui ci si sente completi.
Mentre parliamo si sta preparando l’equipaggio dell’ambulanza indossano già le protezioni ai piedi e la tuta anti contagio per metà. Alessandro mi spiega che l’essere già quasi pronti fa sì di essere più tempestivi nell’arrivare a prestare soccorso.
L’equipaggio è formato da tre persone: due con tute e protezioni ai piedi mentre l’autista ha solo i classici DPI questo perché lui rimarrà chiuso nell’abitacolo.
Il contatto con i pazienti lo avranno solo i suoi colleghi sul retro dell’ambulanza, un modo per preservare l’incolumità di chi li porterà in giro tutta la notte.
Proseguo la mia chiacchierata visitando gli spazi della sede, magazzino, sala operativa, sala chiamate, sala relax, sala del gruppo giovani, mensa con cucina, segreteria e mentre siamo da una sala all’altra arriva una chiamata e qui sale un po’ la tensione.
Li guardo salire e poi andarsene in ambulanza e penso (non me ne voglia nessuno) che qui sono tutti volontari. Quello che fanno, lo fanno per me che scrivo e per te che stai leggendo. Li fanno i tuoi amici o per i mie parenti. Lo fanno per tutti perché questa è Croce Rossa.
E qui finisce anche la mia visita in un mondo di cui sapevo l’esistenza ma di cui conoscevo poco. Questa visita mi ha lasciato qualcosa dentro, mi ha arricchito e anche tranquillizzato: se hai bisogno chiama Croce Rossa perché lì qualcuno c’è ed è lì per te.
Grazie a tutti i volontari che mi hanno accolto oggi tra loro e un grande grazie al presidente Carlo Alberto Venturelli che ha permesso tutto questo.
a cura di
Enrico Ballestrazzi
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