Silent Night – Il Silenzio della Vendetta: la recensione in anteprima del film (SPOILER!)

Silent Night – Il Silenzio della Vendetta: la recensione in anteprima del film (SPOILER!)
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Oggi giovedì 30 novembre, in tutte le sale italiane, uscirà “Silent Night – Il Silenzio della Vendetta”, il nuovo film dell’acclamato regista d’azione John Woo. Realizzata dai produttori di “John Wick”, la pellicola ha come protagonista Joel Kinnaman.

John Woo, il famoso regista di The Killer, Face/Off: Due facce di un assassino e Mission Impossible 2, torna finalmente sul grande schermo con Silent Night – Il Silenzio della Vendetta, il revenge movie di Natale, in uscita al cinema nella giornata di oggi.

In questo film il protagonista è Bryan (Joel Kinneman), che perderà suo figlio e la sua voce – da qui il titolo Silent Night – a causa di una sparatoria tra gang nel suo quartiere il giorno di Natale. A seguito di questo evento, l’uomo deciderà di vendicarsi con ogni mezzo possibile.

“Silent Night – Il Silenzio della Vendetta”

La prima evidente caratteristica di Silent Night, che differenzia la pellicola da altri altri film d’azione, è rappresentata dal fatto che il protagonista sia una persona comune – come potrei essere io, se avessi tutti quei muscoli e fossi alto quasi 2 metri! -, che mette tutto sé stesso nella vendetta della morte del figlio e per fare in modo che episodi come quello che ha vissuto non capitino più a nessun altro.

John Woo decide di prendersi il suo tempo per raccontare l’inizio di questa storia, mostrandoci tutte le fasi del lutto attraversate da Bryan. Assistiamo quindi alla sua sofferenza, alla depressione e alla sua incapacità di reagire e di voltare pagina. L’uomo non riesce a darsi pace e non può fare a meno di incolparsi per ciò che è accaduto, finendo per cadere nella disperazione più profonda.

Ma è proprio quando tocchi il fondo che trovi la forza per rialzarti, quell’unico motivo per continuare a vivere e a lottare. E Bryan troverà questa motivazione in un’unica cosa: la vendetta.

Vendetta

In un normale film d’azione il momento della vendetta arriva immediatamente, un po’ come succede in John Wick – che per inciso ha ammazzato comunque più persone per un cane di quante ne abbia uccise Bryan per suo figlio. Lì, però, il protagonista era un killer professionista, che tutti temevano per la sua letalità. In Silent Night parliamo invece di un uomo qualunque.

Per questo motivo, John Woo sceglie di basare tutta la prima – e lunghissima – parte del film sull’introspezione del personaggio, mostrandoci come la vendetta gli cresca lentamente dentro, arrampicandosi in lui come un’edera velenosa e avviluppandosi con i suoi grovigli attorno al collo del protagonista. Così Bryan cerca la propria luce, che sembra poter trovare solo portando a compimento la sua vendetta. Tutto ciò è amplificato dalla potenza delle immagini, a cui viene fornito il maggior spazio possibile, e da un montaggio veramente ben fatto.

Tuttavia la prima parte della pellicola non si basa solo su questo: un uomo comune non potrebbe ovviamente pensare di affrontare un’intera gang da solo e sperare di uscirne vivo, soprattutto se non ha mai combattuto in vita sua, non ha mai impugnato un’arma e non ha mai ucciso nessuno.

Ecco perché John Woo ci mostra anche tutta la fase di addestramento del protagonista, che, però, risulta poco credibile.

Il potere del “fai da te”

Uno dei maggiori problemi di questo film è, a mio parere, proprio il modo in cui Bryan si addestra.
Personalmente – visto che tutto ciò avviene nell’arco di un anno – avrei preferito vedere il protagonista recarsi presso varie palestre di arti marziali per apprendere più stili di combattimento possibili e osservarlo imparare a sparare grazie a lezioni tenute da un professionista.

Invece, tutto ciò che Bryan impara sull’autodifesa lo apprenderà grazie a… Youtube.

Tutto qui. Guardando tutorial su Youtube, imparerà come usare il coltello e come difendersi dalle aggressioni! Recandosi al poligono di tiro, apprenderà, inoltre, come sparare rigorosamente da solo e, infine, acquisterà una macchina sportiva imparandola a guidare in stile Fast and Furious, da autodidatta.

Ah, e non dimentichiamoci della cosa più importante, ovvero l’unico esercizio fondamentale per poter combattere i cattivi: le trazioni alla sbarra.
Ecco qui tutto l’addestramento del nostro Bryan.

C’è da dire, però, che John Woo ha reso un tantino più credibile la vicenda, mostrandoci la costante paura sul volto dell’uomo e rendendolo palesemente ancora impreparato per una guerra contro gang. Facendolo massacrare un po’ da tutti, specialmente nel finale.
Era perciò evidente che la sua fosse una missione suicida.

Ma la verità è che, con un addestramento del genere, Bryan non sarebbe durato neanche 5 minuti.

Film d’azione?

La domanda che sorge spontanea, dopo aver assistito a più di un’ora in cui il protagonista si deprime e NON parla perché, nel caso vi fosse sfuggito prima, ha perso la voce, è la seguente: “E questo sarebbe un film d’azione?”

Perché, quando ho visto il trailer e ho capito che il protagonista non sarebbe più riuscito a parlare, ho infatti pensato: “Bene, il regista ha creato i giusti presupposti per realizzare un action movie senza molti dialoghi”. Mi aspettavo, quindi, botte da orbi e sparatorie a non finire, con inseguimenti vari ed esplosioni in ogni dove.

Ma non è stato così, perché non solo Bryan non parla, ma non interagisce quasi mai con gli altri personaggi, che sono comunque piatti come un tavolo in legno di quercia levigato a mano.
Vige dunque la totale assenza di dialogo.

E, per carità, comprendo la volontà e l’idea di far provare allo spettatore quello che sente il protagonista, portandolo ad immedesimarsi con lo stato d’animo di una persona che ha perso tutto, ma così si corre il serio rischio di annoiare il pubblico.

E questo non perché l’idea sia sbagliata o stupida, essendo in realtà molto interessante, ma perché, trattandosi di un film “d’azione”, mi sarei aspettato una cosa completamente diversa. Tipo d’assistere a scene action in almeno un’ora e un quarto di film, e non solo per 40 minuti scarsi!

A meno che per “film d’azione” non si intenda “film in cui le persone fanno azioni”, ed in quel caso va benissimo così.

Volontà di essere qualcos’altro

La sensazione che ho avuto è che John Woo abbia provato a mascherare Silent Night da pellicola concettuale, per provare a renderlo un film d’azione diverso dagli altri, più ricercato e meno caciarone.

Il problema è che le persone che si recano al cinema a vedere un film come questo ci vanno per essere intrattenute più a livello adrenalinico che a livello concettuale. A loro interessa assistere ai combattimenti, al sangue, alle esplosioni, alle botte, e non nutrono quasi nessun interesse per l’introspezione. Altrimenti sarebbero andati a vedere un film di Kubrick o di Hitchcock.

Sicuramente avrei apprezzato maggiormente il tutto, se ci fossero stati dialoghi volti a mantenere più alta la concentrazione e l’attenzione degli spettatori.
Ma è palese che John Woo abbia scelto di eliminare quasi completamente questi e di rendere Silent Night un film praticamente muto, eccezion fatta per i rumori circostanti. Il suo obiettivo era quello di puntare tutto sulle immagini e sull’espressività di Joel Kinneman, che ha reso al meglio il dolore e la rabbia di Bryan.

Così ho capito che Silent Night non si riferisce solo al fatto che il protagonista abbia perso la voce, ma anche all’assenza della componente dialogica nell’intera pellicola. Apprezzo dunque la coerenza col titolo.

Conclusioni

La poca credibilità dell’addestramento e l’interminabile prima parte introspettiva del film, mi hanno fatto storcere un po’ il naso. Non dubito, però, che questo tentativo di originalità possa essere apprezzato da molti, perché comunque rende il film diverso dagli altri.
Tuttavia, personalmente, in un film d’azione cerco qualcosa di diverso, ovvero quello a cui ho assistito negli ultimi 40 minuti di film.

Ovviamente, devo riconoscere la genialità ed il coraggio di basare un intero film d’azione su silenzi ed immagini e, soprattutto, di non aver inserito il solito killer professionista o il talentuoso agente della CIA che, onestamente, ci hanno un po’ stancati.

La parte finale è ricca di momenti d’azione perché, dopo l’agonia della prima ora, il minimo che Woo possa fare è fornirci più adrenalina possibile, così da risvegliare lo spettatore dal torpore in cui è sprofondato.
Le sequenze sono ben fatte ed anche piuttosto credibili, senza troppi momenti esagerati o inverosimili.

Ma il vero punto forte del film – che lo salva un po’ da tutto il resto – è il finale, che conclude, nel modo più sensato e coerente possibile, l’avventura di Bryan.

Silent Night – Il Silenzio della Vendetta non è, dunque, solo un film d’azione, ma molto di più.
In esso si nota come John Woo sappia ancora il fatto suo e come mettere in scena qualcosa di speciale.
Qualcosa che potrebbe non essere apprezzato del tutto da persone come me, ma che, indubbiamente, porta ad un genere privo di nuove idee un po’ di freschezza.

a cura di
Edoardo Iannantuoni

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