Tra cielo e terra: l’amore e la malattia in Queen Charlotte

Tra cielo e terra: l’amore e la malattia in Queen Charlotte
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In un limbo tra Paradiso ed Inferno si sviluppa la complicata storia d’amore tra Queen Charlotte e suo marito il Re Giorgio. Su Netflix l’atteso spin-off di “Bridgerton” ideato dalla romantica mente di Shonda Rhimes.

Non è semplice dopo così tanti anni nell’intrattenimento seriale riuscire a mantenere un buon livello in termini di qualità: lo sa bene Shonda Rhimes, tra le più importanti sceneggiatrici e produttrici statunitensi, che a discapito dei detrattori, i quali la considerano un po’ troppo melensa, continua imperterrita a sfornare prodotti di incredibile successo. Successo che ha investito senza alcun dubbio “Bridgerton” e con quest’ultimo anche il suo spin-off incentrato sulla discussa figura di Queen Charlotte distribuito da Netflix a partire dal 4 maggio di quest’anno.

La miniserie torna indietro di diversi anni rispetto alle vicende raccontate nella serie principale per porre l’attenzione sul matrimonio combinato tra il giovane Re Giorgio e Carlotta di Meclemburgo-Strelitz, giovanissima nobile tedesca, orfana e data in moglie al monarca per volontà del fratello. Lo spin-off promette di spiegare il cambiamento epocale che tale unione ha poi portato nella nobiltà inglese e la conseguente integrazione delle persone nere nell’alta società.

Nella serie principale, infatti, questo fatto è dato per assodato: non c’è nessuna apparente distinzione tra le diverse origini dei nobili, eppure tale traguardo è stato possibile grazie a quel Grande Esperimento, come è stato poi definito, che equivale alle nozze tra Re Giorgio e Carlotta, una donna nera.

Una licenza poetica, quella di Shonda Rhimes, che nell’era dell’inclusività fasulla, però, funziona in più sensi. Dal punto di vista del racconto, infatti, consente di consegnare allo spettatore molti spunti narrativi così come anche da quello sociale, dove gli emarginati almeno nella finzione seriale si riprendono il giusto posto nel mondo.

Ed è così che l’inesattezza storica dell’integrazione tra bianchi e neri che in “Bridgerton” sembrava un pelo forzata, grazie alla miniserie sulla Regina Carlotta non solo viene spiegata ma è rivendicata con forza.

La Regina Carlotta: il racconto si fa più cupo

La miniserie alterna intelligentemente diverse linee temporali mettendo al centro della narrazione la storia personale di Charlotte inevitabilmente legata anche a quella di una giovane Lady Danbury e perfino di Lady Violet, futura madre dei protagonisti di Bridgerton.

La Charlotte del passato è costretta a sposare un uomo di cui non conosce neppure le fattezze mentre quella del presente si trova ad affrontare l’ennesima beffa del destino quando l’unica erede al trono, sua nipote, muore mettendo a repentaglio il futuro della sua dinastia nella monarchia inglese.

Charlotte è una donna ribelle, dal temperamento audace, molto lontana da ciò che convenzionalmente dovrebbe rappresentare una servile donna vicina ad un uomo di potere. Eppure, è proprio questa personalità sovversiva che lascia senza fiato Re Giorgio il quale, seppur contro la sua volontà, non può far a meno che innamorarsene.

Un matrimonio combinato, il loro, che li rende miserabili e li allontana dalle rispettive passioni ma che con il tempo fa riscoprire ai due ragazzi un’impensabile capacità di amare. Il loro matrimonio, infatti, sin dalle prime battute della sua esistenza si dimostra estremamente complicato a causa dell‘atteggiamento sfuggente del Re che ora è un amante perfetto ora il più odioso dei nemici.

Una regia in linea con gli intenti dello show

Re Giorgio nasconde, infatti, una malattia la cui origine è sconosciuta ma che fa giochi strani con la sua mente rendendolo profondamente instabile. Così di pari passo con la scoperta delle difficoltà mentali del Re e della grande difficoltà di sua moglie di stargli accanto, sia il racconto che la messa in scena si fanno più cupi.

Abituati al glamour e alla vivacità della serie originale dove il gossip e il sesso sono padroni indiscussi, lo sviluppo stilistico di Queen Charlotte di primo acchito può decisamente stupire. La sofferenza dei personaggi non solo viene affrontata di petto ma indagata nel dettaglio, grazie all’aiuto della regia che non rifugge dal dolore ma lo palesa in tutta la sua insensatezza ed ingiustizia.

Certo è che Queen Charlotte rimane un prodotto che strizza l’occhio alla soap opera ma ne esalta le sue caratteristiche sensazionali senza rendere i dialoghi patetici o stucchevoli. Di romanticismo, in Queen Charlotte, ce n’è a bizzeffe ma d’altronde quello a cui stiamo assistendo è un fenomeno di finzione: cosa sarebbe la serialità senza la sfumatura romantica che contraddistingue ogni suo figlio venuto alla luce?

Tuttavia, notevole è anche la volontà di andare oltre l’idealistica condizione del “Happy ever after” poiché in tale assunto non vige alcune verità. Felici si è quando si ha la possibilità di esserlo, quando si è fortunati abbastanza da riconoscersi in quanto privilegiati, quando si sceglie ogni giorno di provare a trovare un equilibrio per se stessi come la regina Carlotta cerca di fare nella sua unione con il Re.

La solitudine, la lotta e rivendicazione personale: La Regina Carlotta non è solo una storia Bridgerton

Così Shonda Rhimes decide di scrutare all’interno di personaggi altrimenti irraggiungibili, i reali, mostrandone fragilità e debolezze. La Regina lotta per tutta la sua vita con un forte senso di solitudine alleviato solo dai fugaci momenti in cui il suo amato re Giorgio è in sé ed in grado di ricambiare il suo sentimento. Di contro un giovane re Giorgio combatte ogni giorno una guerra per rimanere vigile e per non cedere alla tentazione della pazzia spinto dall’amore verso sua moglie e dai faticosi obblighi di monarca che non ha scelto.

Una battaglia costante, quella dei due amanti, che come due calamite si attraggono e respingono sempre guidati dall’incessante desiderio l’uno dell’altro oltre ogni possibile ostacolo. L’amore a metà che vivranno nel corso della loro lunga vita insieme sarà poi caratterizzato dal progressivo peggioramento delle condizioni mentali del Re.

Quella metà in cui le loro anime gravitano pare, comunque, sufficiente ad entrambi: l’alternativa, intanto, è fasulla ed essere distanti è una soluzione peggiore. L’amore vero vive in case infestate: la dimora del loro matrimonio sarà per sempre compromessa, ma rimarrà, tuttavia, il luogo della loro dimensione più intima.

Lo spin-off, quindi, non si limita a raccontare le vicende scabrose della nobiltà inglese seguendo le parole della narratrice Lady Whistledown ma approfondisce le vite delle protagoniste ben prima che queste potessero essere un piacevole elemento aggiuntivo in “Bridgerton”. Così, anche per Lady Danbury arriva il momento di far conoscere il suo passato e quanto ha lottato per ottenere i suoi diritti di donna in un mondo predominato da uomini bianchi al potere.

Allo stesso tempo, però, per la Regina e Lady Danbury ogni risultato raggiunto corrisponde a delle rinunce, mentre nel cammino perdono i pezzi della loro individualità e dei loro sentimenti per adempiere ai compiti istituzionali.

Menzione speciale: l’amore tra Brimsley e Reynolds

Parallela alla storia d’amore tra la Regina e il Re, la Rhimes ne realizza un’altra, altrettanto potente e complessa: quella tra i due rispettivi servitori di Carlotta e Giorgio, Brimsley e Reynolds. I due sono già intimi quando la serie inizia ma il rapporto si intensificherà man man che la Regina e il Re diventeranno più vicini. Assaporeranno, infatti, l’idea di poter vivere insieme e vicini per sempre e di poter far crescere quell’amor strozzato dalle convenzioni sociali.

Un Brismley adulto, però, non balla più con il suo Reynolds e gli spettatori vengono informati che nonostante il forte sentimento che li ha tenuti insieme, per motivazioni ancora ignote, prenderanno strade diverse. Un punto di domanda che forse avrà delle risposte con il procedere della serie ma che al pubblico ha lasciato il sapore dolceamaro di una bellissima storia d’amore vissuta tra passioni nascoste, mani sfiorate lontani da occhi indiscreti e che ha conosciuto,però, un arresto improvviso tanto da lasciar Brimsley solo a ballare durante la notte.

Il contadino Giorgio e la sua Venere: l’occhio di un’appasionata anche di una professionista

Profonda e intensa, così la definirei la storia d’amore tra Giorgio e Carlotta. Ed al centro di questa relazione si cela la più grande delle sfide, la convivenza con una malattia mentale. Onestamente, conoscendo la serie tv “Bridgerton”, chi mai si sarebbe aspettato che questo tema venisse affrontato e proprio in questo modo?

È chiaro che quando si vuole parlare di malattie che riguardano la mente e soprattutto quando il contesto storico non è la modernità, in questo caso parliamo del 1700, le cose si complicano. Ma Shonda Rhimes ci ha preso in pieno, facendoci piangere tutte le lacrime del mondo.

Carlotta si ritrova “intrappolata” in un matrimonio politico e di facciata (inizialmente), ma se ti offrono in sposa al Re d’Inghilterra, beh, bisogna solo che accettare.

Ed è così che è inizia tutto…

Una volta svelato il mistero di questo matrimonio, Carlotta deve affrontare la malattia di Giorgio, anzi, con Giorgio. La lotta di Giorgio cessa nel momento in cui si affida a Carlotta, i due trovano una chiave di lettura per portare avanti la reggenza e per vivere una vita quanto più felice possibile.

Una volta che Carlotta ha avuto la certezza dell’amore di Giorgio si è resa conta di essere disposta a tutto pur di farlo sentire “normale” e soprattutto amato.

Non mancano le scene che rimandano alle “terapie” che all’epoca venivano utilizzate sulle persone con disturbi psichiatrici, più che terapie erano delle vere e proprie torture, ovviamente vane e non risolutive. Una scena in particolare diventa emblematica lungo tutto questo percorso, se non volete spoiler fermatevi qui.

Il dolceamaro finale di stagione: ATTENZIONE SPOILER IN ARRIVO!

Il finale di stagione dimostra come l’amore, la comprensione, l’accettazione e la forza siano il motore principale di tutto.

Quando Carlotta entra nella stanza e chiama il contadino Giorgio, il Re ritorna in sé, la riconosce e al sicuro, come se nel mondo esistessero soltanto loro, sotto il letto, si raccontano e come quando erano giovani, si dichiarano l’uno all’altra.

“Non hai scavalcato il muro.”

“No, Giorgio.

Non ho scavalcato il muro.”

Ed è proprio così che nudi, vulnerabili, senza i loro titoli, la malattia ed un regno, il contadino Giorgio e la sua Venere continuano ad amarsi. Nonostante tutto.

a cura di
Noemi Didonna
e Francesca Graziano

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