Morto un X Factor se ne fa un altro. Considerazioni semiserie sull’ultima edizione
Giovedì scorso si è conclusa la 16esima edizione di X Factor, il più popolare talent show televisivo. Partita in sordina si è consolidata negli ascolti con 1.563.000 spettatori medi ed un aumento dello share del 20% rispetto all’edizione del 2021
Lo confesso. Ero scettico dopo l’annuncio dei giudici chiamati a presenziare questa edizione di X Factor. Nelle passate edizioni c’erano personalità che in qualche modo venivano da una sorta di gavetta artistica di tutto rispetto. Dalla Maionchi a Morgan passando per Elio fino a Manuel Agnelli, tutti potevano salire in cattedra come “quelli che la sanno lunga” a proposito di musica e canzoni. Ma poi succede come col Natale. Odi le consuetudini famigliari, i regali sotto l’albero e i maglioni da indossare solo un giorno ma ti ritrovi quasi a commuoverti quando avviene e magari ci scappa anche una lacrimuccia.
Agnello Michielin
La prima cosa che colpiva, forse a causa del Covid, è il considerevole taglio di budget. Va bene far svolgere le audizioni all’interno dell’Allianz Cloud di Milan, ma anche i Bootcamp e la Last Call no. Praticamente come mangiare pasta mattina e sera. Alla conduzione Francesca Michielin, nome di punta della musica italiana e vincitrice di X Factor nel 2011. Agnello sacrificale nella serata finale a partire dai duetti fino alla sua esibizione (ma se l’è cavata alla grande).
A parte Fedez, vecchia conoscenza del programma e personaggio famoso ormai più degli ultimi politici al governo, Dargen D’Amico e Rkomi provano a dire la loro. Ad Ambra le si vuole bene, eredità delle mie fantasie di ventenne mentre a bocca aperta guardavo le sue esibizioni durante il programma “Non è la Rai”.
Sangio…chiii?
Mi fa sentire particolarmente vecchio poi ascoltare l’annuncio dei dischi di platino, oro, incenso e mirra degli ospiti chiamati. Gente come Sangiovanni, Lazza o i Meduza (vi giuro, dopo l’annuncio credevo parlassero del mitico Trio di Mai dire gol). Ma a parte queste considerazioni da Zoomer constatare che il rock non vende più diventa ogni anno sempre più reale. E la nostalgia di Fedez verso i suoi amati Blink 182 risulta posticcia e imbarazzante (compreso vederlo suonare con gli Omini).
Ma alla fine it’s only entertaiment come dicono quelli bravi. Da sempre a X Factor la musica è un ingrediente quasi di contorno. Difficile in ogni edizione trovare proposte interessanti e fresche. Di questa edizione personalmente salverei poco. I Santi Francesi hanno stra-meritato la vittoria perché dall’inizio hanno dimostrato di avere uno stile. Ad esempio la cover di “Ragazzo di strada” presentata delle audition e riproposta nei best of della finale è lontana dall’originale, diventa un brano loro e rimane impressa in testa.
Altra proposta interessante quella di Dadà. I suoi mash-up fra sonorità contemporanee e tradizione partenopea sono una dimostrazione di ricerca e innovazione. Anche Linda ha saputo, puntata dopo puntata, far uscire una voce particolare insieme a una forza esplosiva. Ma come per tanti artisti usciti dalle precedenti edizioni il timore è che i solisti diventino un meccanismo di produzioni abbastanza piatte, buone per network popolari. Un altro esempio? Che fine ha fatto Baltimora ma sopratutto chi se lo ricorda?
Omini forever
Per i gruppi non nascondo una passione particolare per gli Omini. Il look preso dagli Who, col quale si presentarono alle audizioni, mi ha conquistato subito. Sono rimasti coerenti col loro percorso, compreso il taglio alla fratelli Gallagher degli Oasis e sono riusciti a presentare l’inedito “Matto” scritto nientemeno che da Appino. E vi giuro che non vedo l’ora di vederli dal vivo.
Ma i veri vincitori, i resilienti per eccellenza, sono stati i Tropea. Condannati ai ballottagi (praticamente dalla seconda alla sesta puntata) sono cresciuti puntata dopo puntata. Mi ricordavano il film “Rocky” dove Stallone, durante gli incontri e i pugni che prendeva, diceva: “non fa male, non fa male”. Il quarto posto l’hanno conquistato con sudore e dedizione, un piccolo insegnamento per chi ha in progetto di metter su una band. È vero, la loro proposta musicale non ha un indirizzo preciso, sembra più un minestrone tra Verdena, Battisti, Vasco e Placebo ma hanno una forza e un impatto da manuale.
E come non divertirsi ascoltando Beatrice Quinta, l’adorabile “rompiballe” del roster di Dargen D’Amico. Non mi meraviglierei di vederla al fianco di Amadeus nella prossima edizione del Festival di Sanremo 2024. Cresciuta anche lei, puntata dopo puntata ha saputo definire il personaggio di popstar di questa edizione, come l’ha definita Fedez.
L’ultima edizione svolta in un Mediolanum Forum in festa ha visto, fra gli altri, Fedez protagonista assoluto con la sua esibizione delle cicatrici, l’annuncio di una canna fumata coi Tropea e la vodka lemon sorseggiata in diretta sui social. E quindi anche questa edizione è passata. La conduttrice Michielin ha annunciato in diretta che i casting sono aperti per la prossima edizione.
Considerazioni finali
In conclusione X Factor funziona perché è un contenitore di sogni dei ragazzi. Sulle modalità e sulle strategie è un’altra cosa, ma fa tenerezza vedere le loro lacrime, la rabbia delle band. Di sicuro può essere un trampolino di lancio pur con la consapevolezza che, dopo il programma, le sfide non finiscono. Nel frattempo il prossimo anno preparo divano, coperta in pile, un chilo di popcorn e birra gelata (ovviamente sempre e solo Peroni).
a cura di
Beppe Ardito
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