I Bengala Fire raccontano il nuovo singolo “Bobby Eroina”
Lo scorso 2 dicembre è uscito il nuovo singolo dei Bengala Fire, “Bobby Eroina”, un brano crudo ed esplosivo che riconferma la band come una delle più interessanti nel panorama rock italiano
Bobby Eroina è il nuovo singolo dei Bengala Fire, realizzato in collaborazione con Rodrigo D’Erasmo e Daniele “Mafio” Tortora.
Mario (voce e chitarra), Orso (chitarra), Lex (batteria) e Borto (basso) suonano insieme dal 2010, precisamente da quando avevano dodici anni. Il loro rock’n’roll si contraddistingue per un sound di stampo fortemente britannico che ha infiammato il palco di X Factor nel 2021.
Il 2022 segna per i Bengala Fire l’inizio del tour in giro per la penisola e se non siete mai stati a un loro live, vi consigliamo vivamente di controllare le future date della band, che da il meglio di sé proprio sul palcoscenico.
In occasione dell’uscita, abbiamo avuto il piacere di tornare a intervistarli e farci raccontare qualcosa in più sull’ultimo singolo!
Ciao ragazzi, bentornati su TheSoundcheck! Può sembrare una domanda banale, ma dato che è stato un anno intenso… come state?
Ciaoooooo! È un piacere tornare a rispondere alle vostre domande! L’ultima volta che ci siamo visti era a Modena prima di un live e ricordiamo di aver detto un sacco di cazzate, quindi ci impegneremo a fare altrettanto.
La vostra ultima uscita “Bobby Eroina” è un brano nudo e crudo, ispirato a diverse storie che gravitano intorno all’abuso di droga. Ci raccontate la genesi di questo brano?
È nato da una frase un po’ scomoda: “I’m fucking up my mind with these thoughts I have bout heroin”. Non voleva dire niente di personale, però poi rendendola in italiano ci abbiamo trovato il nostro senso.
Chi è Bobby, o meglio, chi impersona?
Bobby, nella realtà, è un nostro caro amico che per fortuna non ha nulla a che fare con la canzone. Speriamo non si sia offeso, dall’uscita del brano non si è più fatto sentire… Nella finzione, cioè nella canzone, Bobby è chi medita di fuggire dalla propria realtà rifugiandosi in qualcosa o qualcuno, in questo caso, il più drammatico, nell’eroina.
Il brano è un tripudio di punk rock britannico, che porta a galla la furia sfacciata del dolore, ma mi è sembrato anche un brano emotivo. Seppur l’esperienza che racconta possa essere lontana dalla vita di molti, è facile immedesimarsi in quei momenti bui in cui non si vede una via di uscita, in cui si cerca solo il sollievo di un abbraccio. Qui l’abbraccio incontra però l’ambiguità del “chi”: quello di una madre, di un amore o, tragicamente, dell’eroina. La musica può essere questo abbraccio che dà sollievo?
Innanzi tutto una precisazione: non è propriamente punk, altrimenti Lex (grosso estimatore degli albori di questo genere) si arrabbia. La risposta è sì, assolutamente sì. Tuttavia noi la intendiamo diversamente: la musica fa parte della realtà (è il nostro lavoro), laddove l’abbraccio è un allontanarcisi.
Raccontare storie di altri non è facile, soprattutto in una lingua complessa come l’italiano, ma i vostri testi hanno sempre un peso e una misura, si sente che ci lavorate molto. Anche dal punto di vista emotivo, musica e parole viaggiano sulla stessa lunghezza d’onda, arrivando dritte allo stomaco. Per voi la musica significa più “sentire” o “esprimere”?
Bella domanda, in tutti i sensi. “Sentire” a volte significa assecondare ciò che si vuole esprimere, che si vuole esprimere ma inconsciamente. Se pensiamo alla sala prove, quello che succede è proprio un gioco tra questi due verbi, bisogna imparare a sentire ciò che ognuno di noi sta esprimendo musicalmente, seguire la traccia invisibile che rende una jam qualsiasi un tutt’uno coerente, una canzone.
Anche questo brano, come il precedente Matador, vede Rodrigo D’Erasmo alla produzione. Com’è lavorare con lui?
Questa l’abbiamo registrata con lui e Daniele “Mafio” Tortora a Roma. Lo studio, il Klangore Factory, è veramente bellissimo. Ci siamo sentiti grandi e coccolati. Rod e Mafio sono due amabili cazzoni assieme, dovremmo fare un’intervista a parte per raccontare tutti gli aneddoti del caso.
C’è chi scriveva che a fine anno non tirava le somme (Bukowski), ma è impossibile non guardarsi indietro e rivivere certi momenti. Se doveste riassumere quest’ultimo anno in una sorta di reel immaginario, che momenti inserireste? Cosa ricorderete di questi ultimi mesi di ritorno ai live e di composizione?
Eccome se ci si guarda indietro. Il primo concerto, in Latteria Molloy, con il computer che non funzionava appena prima di iniziare; pisciare in una bottiglietta prima di iniziare perché non c’era tempo di andare in bagno al Tunnel a Milano; il sold out al New Age, sognato da sempre; distruggere una batteria (a noleggio) da qualche parte nel Lazio…
Questa vita è una meraviglia, dobbiamo ammetterlo. Siamo spesso seri lavoratori e ovviamente non è stato tutto rosa e fiori, però cazzo siamo grati per tutto questo. Lunga vita al rock and roll.
È giusto dare un’occhiata al passato, ma con lo sguardo volto al futuro… un po’ come la vostra musica. Prima di Bobby, abbiamo conosciuto Jack e un Matador. Incontreremo altri personaggi dell’immaginario dei Bengala Fire nel 2023?
Sicuramente. Questa formula “dei personaggi” ci piace molto, è una sorta di escamotage per cui riusciamo ad esprimerci senza censure. Noi non siamo i nostri personaggi, ma loro sono delle estensioni dei nostri pensieri. Faranno una gran balotta e usciranno tutto assieme nel 2023, non vediamo l’ora.
a cura di
Chiara Serri
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