Iohosemprevoglia, quattro chiacchiere sul nuovo video “Mi piaceva da morire””

Iohosemprevoglia, quattro chiacchiere sul nuovo video “Mi piaceva da morire””
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“Mi piaceva da morire” è la prima di una serie di canzoni che reintroduce, sotto una luce nuova e più letteraria, gli Iohosemprevoglia al pubblico. Canzoni che saranno pubblicate tutte nell’arco di un anno. Dopo un periodo di pausa, Vittorio, Silvio, Onny e Andrea si sono ritrovati a lavorare su una manciata di nuovi brani.

“Mi piaceva da morire” è il nuovo video degli iohosemprevoglia, un passato di successo anche a Sanremo e una svolta sonora davanti.
Noi di The Soundcheck li abbiamo intervistati

Ciao ragazzi, come siete arrivati a “Mi piaceva da morire”, il vostro nuovo singolo e video?

Ciao a tutti voi di The Soundcheck, qui Vittorio (voce/chitarra). “Mi piaceva da morire” è stato scritto in piena pandemia, avevo appena finito di (ri)leggere “Orientarsi con le stelle” di Carver e avevo in petto la sensazione che sempre Carver ti lascia.

Scrivendolo ci ho visto le sue storie, l’utile malinconia che due anime ereditano l’una dall’altra e il residuo che alla fine, dopo tutto quel fluire di parole e carezze, resta in ognuno. Ho cercato di raccontarlo per immagini e azioni concrete, simulando (mai farei un paragone) il modo di Carver. La musica, anzi, l’arrangiamento ha seguito e sottolineato questi elementi fotografici, supportando l’atmosfera sospesa delle parole. 

La vostra band sta affrontando un periodo di cambiamento. Ci raccontate perché?

Cominciamo col dire che questa fase nuova è dovuta più agli eventi che a una nostra decisione personale, nel senso che alla fine del giro per il nostro secondo disco nel 2014, eravamo giunti al momento anagrafe che tutti incontriamo, quindi chi ha deciso di metter su famiglia, chi di intraprendere una carriera lavorativa impegnata, chi semplicemente di suonare altro.

Poco prima della pandemia ci trovammo a casa mia per una cena senza scopi e parlando di qualsiasi cosa, venne fuori che avevamo una gran voglia di suonare cose, confrontandoci sono emerse nuove o rinnovate consapevolezze artistiche da perseguire. Allora ho cominciato a rimettere mano a delle idee che avevo e a cercarne di nuovo e… bhè, la cosa ci ha preso la mano ed eccoci qua. Siamo sempre noi, ma con una propulsione tutta nuova.

Qual è il fattore dominante nell’ispirazione che porta alle vostre canzoni?

Il fattore in questione è cambiato moltissimo nel tempo (suoniamo assieme dal 2003!). All’inizio, sbarbini e caciaroni, ci piaceva fare scena, quindi i brani venivano scritti in funzione del palco e perché no, del numero di conquiste da fare. Poi abbiamo scollinato l’adolescenza e si è partiti a ricercare il modo di scrivere che avevano i nostri miti, questo è stato un periodo di totale emulazione. Dopo è arrivato il momento dello studio su scrittura e arrangiamento, abbiamo cominciato a ragionare su quello che volevamo dire, su come volevamo dirlo e sul modo migliore di farlo arrivare a più gente possibile (periodo Sanremo). Adesso invece, bhè, siamo più maturi, così si dice no!? Ora andiamo vertiginosamente in fondo al concetto di ogni brano, proviamo dieci arrangiamenti diversi per ognuno e il testo non è mai definitivo fino al momento della registrazione. 

Ci fate il nome di tre band che vi hanno fortemente ispirato nella vostra carriera?

Battisti, Diaframma, Beatles.

Consigliereste a una band emergente di tentare la strada di Sanremo Giovani?

Sì, nel modo più assoluto. È un’esperienza che, se vissuta con cognizione di contesto e consapevolmente, può portare risultati eccezionali. Credevamo e crediamo che sia l’unico palco (assieme a Musicultura) che possa portare idee vere, senza edulcorazioni discografiche, al grandissimo pubblico. Può essere feroce ma dipende da come la si prende. Crederci sempre, comunque. 

Che progetti avete per l’immediato futuro?

C’è un disco, ma prima abbiamo bisogno di riprendere tutti quei “vogliosi” (così chiamiamo chi ci segue da tempo) smarriti, quindi abbiamo deciso col nostro manager Francesco Capoti di uscire con un paio di singoli spalmati in un paio di mesi, vedere un po’ che succede e poi, con o senza un’etichetta (che però creda appassionatamente in questa nostra musica), uscire nel primo inverno col disco. Che no, non ha ancora un titolo. Arriveranno sorprese, questo posso dirlo.

a cura di
Sara Alice Ceccarelli

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Valentina Vitrani

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