Due chiacchiere pre-concerto con i Bengala Fire – Vibra Club, Modena

Due chiacchiere pre-concerto con i Bengala Fire – Vibra Club, Modena
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I Bengala Fire arrivano a infiammare il Vibra Club di Modena con il loro rock’n’roll per la quinta tappa del Tour 2022. Prima del live, abbiamo fatto due chiacchiere con loro!

Dopo il successo nell’edizione di X Factor 2021, i Bengala Fire arrivano finalmente a esibirsi in alcuni dei più importanti club italiani, portando sul palco il loro coinvolgente rock’n’roll dal sapore britannico.

I Bengala Fire sono Mario (voce e chitarra), Orso (chitarra), Lex (batteria) e Borto (basso), quattro ragazzi che amano fare il rock’n’roll. Suonano insieme da quando avevano dodici anni e la sintonia tra loro è evidente, così come il loro adorabile accento veneto. La band, originaria di Cornuda (TV), ha attualmente all’attivo tre singoli, di cui due in lingua inglese prodotti da Manuel Agnelli e Rodrigo D’Erasmo degli Afterhours e uno in italiano, l’ultima uscita “Jack (non sa)”. Ma bando alle ciance: ecco di cosa abbiamo parlato durante l’intervista!

A tu per tu con i Bengala Fire

I ragazzi si sono prestati con grande disponibilità alle nostre domande. Ci raccontano che inizialmente non erano nemmeno così convinti di andare a X Factor, ma che l’esperienza gli ha insegnato tanto di cosa significa lavorare e vivere con la musica. Nel corso dell’intervista abbiamo cercato di concentrarci in particolar modo sul come stanno vivendo il ritorno ai live e il lavoro in studio e, ovviamente, abbiamo chiesto qualche spoilerino su quello che potremmo aspettarci nel prossimo futuro

Parlando dell’ultima uscita “Jack (non sa)”, il vostro primo pezzo in italiano, vi chiediamo uno spoiler: se state lavorando su un eventuale album, che speriamo di sentire presto, cosa ci dobbiamo aspettare? Altri brani in italiano, in inglese… Si può dire?

Borto: Dai qualcosa si può dire. È un progetto in fase di sviluppo quindi non abbiamo ancora le idee chiare al 100% su quello che vogliamo fare. Stiamo mettendo insieme tutti i tasselli per creare il concept dell’album, perché dev’essere una cosa coerente. Anche grazie ai Måneskin è stato sdoganato il fatto che si possa fare un disco metà in italiano e metà in inglese.

Ci sono dei pezzi che semplicemente noi sentiamo in inglese, perché è naturale sentirli così, li abbiamo scritti così e suonano bene così. Altri invece, tipo Jack, sono partiti in italiano o li abbiamo trasformati in italiano e ci hanno preso bene. Poi ovviamente anche grazie a X Factor e Manuel che ha spinto un botto sull’italiano ci siamo ricreduti, è stato davvero un bel passo per noi. Non credevamo di riuscire a farlo o, se non altro, non in così poco tempo! Insomma, sarà un mix buono.

Orso: Un misto mare… una pizza mare e monti.

Mario: Diciamo che venendo ai concerti qualche spoiler lo si sente…

(La discussione prosegue su come sia la pizza mare e monti, quanto sia terribilmente anni Ottanta e quanto faccia schifo – cosa su cui mi trovo molto d’accordo, ndr)

A proposito di Måneskin, diciamo che hanno cambiato un po’ le carte in tavola, aprendo la strada a qualcosa di diverso per quanto riguarda le band rock italiane. Come vi immaginate il vostro percorso (nel breve termine e nel futuro), dove vi piacerebbe arrivare? Ci avevano dato il permesso di fare domande scomode…

Borto: Non è una domanda scomoda, è una bella domanda, nel senso che è difficile porsi degli obiettivi in questo momento. Quello che mi auguro è il fatto di riuscire a portare uno stile di musica, una nuova onda se così vogliamo chiamarla, anche in Italia. Alla fine cantando in italiano, ci siamo detti cazzo, non per essere “sboroni”, ma non c’è tanto che assomigli a quello che stiamo provando a fare noi. Perché una musica di stampo britannico, cantata in italiano…

Lex & Mario: Sicuramente c’è stata, negli anni 60. Gli Equipe, i Diaframma, ancora prima i Dick Dick, i Camaleonti, anche lo stesso Battisti seguiva la scia dei Beatles… Però effettivamente nel contemporaneo, secondo noi, poi magari è ignoranza, manca qualcuno che abbia quel piglio musicale con il cantato in italiano.

Borto: Il fulcro del discorso non è che nessuno nella storia italiana abbia mai fatto questa cosa qui, ma che non c’è o perlomeno non conosciamo un artista contemporaneo che porti questa nuova wave.

Mario: Quindi per rispondere alla domanda, diciamo che ci sono dei livelli: a livello italiano c’è questo discorso che è molto interessante e sarebbe figo; a livello internazionale, da quando suoniamo, abbiamo sempre guardato il Glastonbury, il Coachella, questi festivaloni e queste band internazionali che cantano in inglese e niente, non ci farebbe schifo!

Per parere personale, vi trovo molto autentici e riconoscibili ed è difficile incasellarvi solo nel brit-rock, in particolare nel cantato in italiano. Mi chiedevo però, quali sono le vostre influenze in generale e in particolare se nel momento in cui avete iniziato a cimentarvi con l’italiano avete scoperto qualche gruppo che vi piace…

Orso: Non so può se si può considerare un’influenza, però paradossalmente gli Afterhours prima del nostro percorso a X Factor a me non interessava neanche ascoltarli, poi mi son detto “aspetta che ci provo” e mi son piaciuti tantissimo! Soprattutto i primi dischi, mi ritrovo tanto in quello stile, del ’95-97.

Mario: Quando Manuel l’ha costretto ad ascoltarli!

Borto: In un certo senso è stato un percorso in comune perché anche loro suonavano in inglese prima, poi Manuel ha tradotto un album in italiano e sono esplosi. Ci rivediamo in quella cosa, anni diversi, stile diverso. Anche i Verdena in italiano ci piacciono un botto, parlando del passato ovviamente Battisti.

Lex: A me piacciono un sacco anche i CCCP, con quella prima batteria elettronica.

Dato che vogliamo rimanere un po’ fuori dal discorso X Factor, ci piacerebbe sapere come componete i brani da “esterni” al mondo della musica. Uno di voi compone il testo e poi dopo lavorate sulla musica, qualcuno propone un riff e provate a farci qualcosa… Com’è il flusso creativo?

Orso: Beh, però da esterna alla musica sai cos’è un riff!

Borto: Di solito prendiamo un pezzo che ci piace e cerchiamo di plagiarlo, cambiare giusto quelle due tre note per non entrare nel limite del plagio…

Orso: No dai, diciamo che i testi sono di Mario, a volte arriva lui in sala prove con un’idea che ha sviluppato a casa e dopo in sala prove seguiamo la sua idea principale e ne ricaviamo un brano. Oppure può essere come l’ultimo brano che stiamo scrivendo, che è partito da una piccola jam stupida in sala prove che ha registrato col cellulare e riascoltandola abbiamo provato a imbastire un pezzo utilizzando una parte di testo scritto in precedenza.

Lex: È sempre bello quando si fa una jam e vedi Mario che si ferma un attimo e registra con il cellulare, vuol dire che ha sentito qualcosa.

Mario: La cosa più bella è quando succede in sala prove, che per caso viene una roba bella. Risultiamo sempre un po’ “sboroni” e mi dispiace, ma ci capita spesso in sala avendo una grande sintonia che vengano fuori effettivamente cose belle da subito.

Lex: Una volta avevo proposto di fare una canzone unica di mezz’ora e farla uscire con un falso nome per vedere cosa capitava, magari mettere anche dei synth più psichedelici, ho già la copertina, tutto strumentale…

(Se uscirà un pezzo lungo 30 minuti con dei synth di un gruppo sconosciuto sapremo a chi risalire, ma proveremo a mantenere il segreto, ndr)

Recentemente sono stata a un concerto dei Ministri, che nonostante non avessero ancora fatto uscire l’album hanno comunque fatto un tour nei club, per il piacere di suonare e per la voglia delle persone di andarli a sentire. Anche voi siete partiti subito con un tour anche senza avere un album e mi sembra non stiate seguendo la classica scia del talent, lavorando con calma ai brani. State cercando di non seguire quella strada tipica?

Orso: La nostra dimensione maggiore è il live, dove possiamo dare il meglio di noi stessi. Usciti dal talent abbiamo sicuramente potuto cavalcare una piccola scia del talent, però all’album ci stiamo lavorando con calma, ci teniamo che quello che uscirà sia studiato bene. Probabilmente (piccolo spoiler) usciranno altri singoli che anticiperanno il disco e un nuovo tour.

Mario: Diciamo che non c’è niente di male nel seguire la strada tipica, è inutile dirsi cazzate. La cosa più sensata una volta usciti dal talent è buttare fuori un disco e fare un tour. Noi siamo usciti da un talent, abbiamo visto cosa avevamo in mano, potevamo buttare fuori un disco ma con roba che non ci convinceva rispetto a quello che abbiamo imparato artisticamente lì dentro. Ci sono pezzi che non facciamo più live, perché ci siamo resi conto che non funzionano del tutto.

Stesso discorso vale per il disco, stiamo facendo quello che secondo noi, artisticamente, è giusto. Senza rinunciare al tour che è la nostra linfa vitale. È un tour atipico, ovviamente uno viene a vederci che abbiamo fuori quattro singoli e si chiede ma dopo che cazzo fanno questi? Sembra una cosa strana però il concerto funziona, abbiamo pezzi nuovi e vecchi che non trovi su Spotify, ci sono cover, e stiamo imparando sul palco che cosa funziona dei nostri pezzi. È un percorso un po’ al contrario però ci sta pigliando bene.

Un’ultima domanda così, de botto, senza senso: avete un rito pre-live o una frase che vi ripetete prima di salire sul palco?

Mario: Io ci ho pensato e deve rimanere una cosa segreta.

Borto: È troppo intimo! C’è un rito propiziatorio che si rifà a tantissimi anni fa, giorno in cui Orso ha risposto al telefono di Mario con sua mamma che lo chiamava, convinta rispondesse Mario dice una frase che è diventata la base del nostro rito, insieme a un ballo un po’ tribale…

Lex: Quasi esoterico!

Orso: Lo abbiamo sempre fatto, lo facevamo prima dei live di X Factor, lo facciamo prima dei live adesso. È come un mantra.

Mario: È bello, ci mette proprio nel mood. Magari un momento prima o sei teso, o sconcentrato, arrivi nel tuo mood, fai il rito e di colpo siamo tutti allineati.

Ringraziamo i ragazzi per la disponibilità e dopo cena e una serie di immancabili birrette torniamo ad incontrare i Bengala Fire, ma questa volta sotto palco.

La dimensione del live

Aprono il concerto due gruppi, i giovanissimi The Glamour e i locals Sharasad, che scaldano per bene il pubblico. Salgono poi finalmente sul palco i Bengala Fire e finalmente possiamo constatare quello che ci hanno raccontato poco prima: la loro dimensione è decisamente quella del live.

Ciao a tutti, noi siamo i Bengala Fire e facciamo il rock’n’roll!

Mario

Il concerto si apre con il brano Amaro Mio, Mario e soci si scatenano e il pubblico risponde con calore. Amichevoli ed entusiasti sul palco come seduti al tavolo, i ragazzi interagiscono con le persone, raccontano aneddoti, saltano nella folla e scherzano spesso (#Tourtellini è già trend per noi modenesi così fedeli alle tradizioni).

Il live è (sorprendentemente) variegato, tra vecchi brani non disponibili su Spotify, cover nuove e altre già sentite sul palco del talent show musicale. La scaletta comprende ovviamente anche gli altri tre singoli che già conosciamo e scopriamo con grande piacere qualche nuovo, apprezzatissimo inedito.

Che dire…

Insomma, quello che stupisce del live del Bengala Fire è l’incredibile energia, calda e travolgente, che riescono a portare sul palco. L’urgenza di esprimersi, di sfogarsi, di emozionare e di far divertire le persone è quella di una band che suona insieme da molto tempo, che ora non vuole fare altro che continuare a suonare e non smettere mai di farlo.

Per concludere, ci limiteremo a dirvi che i nuovi brani spaccano e vi consigliamo di non perdervi i prossimi live per scoprire le novità in casa Bengala Fire, nella speranza di rivederci presto al prossimo tour! E di svelare più dettagli sul rito propiziatorio pre-concerto…

a cura di
Chiara Serri

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Chiara Serri

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