Red Hot Chili Peppers: “Unlimited Love”, il ritorno…
… di Jack John Frusciante e dell’essenza della band. Negli ultimi 15 anni hanno provato a fare cose un po’ diverse, hanno imparato la lezione. Una recensione contesa, che alla fine si è risolta in un doppio punto di vista. Buona lettura
Può un solo elemento fare la differenza in una band? Sì. Perché è bastato il ritorno, l’ennesimo, di John Frusciante nei Red Hot Chili Peppers per ristabilire degli equilibri che sembravano perduti. “Unlimited Love” è questo: una base che cigola, ma su cui puoi fare affidamento.
Perché i cigolii, le imperfezioni, quelle piccole crepe le conosci. La struttura può ancora reggere perché Flea, Chad, Anthony e John hanno dato una bella mano di vernice antiruggine e fatto asciugare per bene la cera per lucidare il legno stagionato.
No, non è bricolage, ma poco ci manca. Prego, seguire passo-passo il libretto d’istruzioni
Nonostante la descrizione che avete appena letto sembri tratta dal volantino di Bricofer, è tuttavia un paragone calzante. “Unlimited Love” è un ritorno a quello che i Red Hot sanno fare meglio: rock con possente influenza funk. Lo capisci da “Here Ever After Fever”, “Aquatic Mouth Dance” o da “One Way Traffic”, dove Kiedis torna a rappare (a rimarcare – come se ce ne fosse bisogno – che è molto più portato a questo tipo di vocalità); persino dal secondo singolo “Poster Child” che, pur soporifero e non molto ispirato all’apparenza, ha un tappeto ritmico di tutto rispetto.
Col ritorno di Frusciante alla chitarra, la band ha capito due cose: che John è indispensabile e che era necessario, vitale fare qualche passo indietro.
“Ehi, Rick, come stai?” “Presto! Dobbiamo andare indietro!” “Aspett… Indietro dove?” “Indietro… nel futuro!”
Un contributo di non poco conto è stato apportato da Rick Rubin, esperto nel prendere band allo sbando e riportarle a una decenza qualitativa.
Lo schema del barbuto produttore è il medesimo attuato con i Black Sabbath di “13”: obbligare i musicisti ad ascoltare le cose della loro golden age e riprendere la vecchia strumentazione. Un hard reset, tenendo comunque conto che non sei più un ragazzino di 25 anni imbottito di energia giovanile.
Il risultato è un album che ha un collegamento, in qualche modo, con “Californication” e “Stadium Arcadium” (no, non ho tralasciato “By The Way” per caso). Tante buone idee, forse troppe (diciassette brani sono troppi), ma con una base sempre piacevole, decorosa, degna. Laddove c’è un appiattimento, “Unlimited Love” diventa comunque un tappeto musicale godibile. Dopo le ultime prove, non era scontato.
a cura di
Andrea Mariano
“Unlimited Love”, l’album numero 12 per la band losangelina dei Red Hot Chili Peppers, sarà ricordato per il ritorno di John Frusciante (Enrico Brizzi hai mai pensato anche tu a una remake del tuo libro?). E non solo.
Ma vuoi mettere anche il ritorno del guru per eccellenza di tutti i produttori musicali che si rispettino? Rick Rubin (anche se con Jovanotti mi è mezzo caduto il mito). E ancora, vuoi mettere il baffo da attore porno di Anthony Kiedis all’altezza del quotato Ron Jeremy?
Scherzi a parte, dicevamo seconda reunion della band dopo Californication ed è un ritrovo di amici come ai vecchi tempi. Sopratutto si sente l’amalgama della band e la maturazione stilistica. Il suono personale di John Frusciante in un’epoca dove lo stile si perde in mille rivoli sonori. I giovani ora lo definiscono, nelle community dei chitarristi, suono da boomer bands ma lui se ne fotte altamente.
La formula sembra quella che ha accompagnato il sound della band ormai da quasi quarant’anni. Unlimited Love vede un sound funk rock con Flea che viaggia sul suo Fender Bass. Chad Smith alla batteria gigioneggia. Anthony Kiedis si divide fra liriche melodiche e virate rap. Frusciante sembra uscito dagli anni 70 con un suono ben definito, pulito, distorisioni di chitarra mai esasperate.
L’album “Unlimited Love” è lungo e impegnativo: diciassette brani per un’ora e un quarto circa di musica. Se cercate la botta di “Blood Sugar Sex Magik” siete fuori strada, troppe acque sotto i ponti e troppe droghe fa. Diciamo che si avvicina, nella sostanza, più a “Californication”. Brani tirati, chitarra in libertà e qualche pezzo più arpeggiato.
Fra i brani spicca “Black Summer”, singolo di lancio perfetto per la reunion. Chitarra in evidenza che rimanda a paesaggi western. La sezione fiati in salsa jazz di “Acquatic Mouth Dance”. In “The Great Apes” Frusciante dà il meglio di sé ricordando lo spettro di Jimi Hendrix. “One Way Traffic” è il classico brano in stile RHCP con il rap di Kiedis, mentre a metà brano prende una piega in stile Who: finale con assolo di Flea, band che si muove in assoluta improvvisazione. “The Heavy Wing” è un altro brano notevole, decisamente psichedelico, con ritornello potentemente rock. Finale slow d’atmosfera (e passame sta canna) con chitarra arpeggiata affidato a Tangelo.
“Unlimited Love” è un disco che permette ai Chili Peppers di tornare in grande stile. Si pesca dal passato, ma lo si fa con tanta coscienza. Mica è poco, eh.
a cura di
Beppe Ardito
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