I colori di Marco

I colori di Marco
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La carriera e soprattutto la reputazione di uno sportivo non passa solo da ciò che lui sa di aver costruito, purtroppo nel corso degli ultimi anni è capitato che la caduta dall’olimpo per molti atleti sia arrivata in maniera molto misteriosa. Non vale solo per Marco Pantani.

Il tetri spettri della malavita e dei poteri forti aleggiano morbidi dietro le quinte, padroneggiano silenti le fila dello spettacolo e spesso questi fili quando lo ritiene opportuna la necessità del caso vengono tagliati.

Abbiamo l’esempio del marciatore Alex Schwarzer che recentemente è stato assolto dall’accusa di doping dopo lunghi anni, abbiamo l’odissea di Fabio Quagliarella che, vittima di stalking da parte di un agente della polizia postale ha rischiato di chiudere la sua carriera anche grazie ad accuse di pedofilia.

A volte le cose si posso sistemare, la vita può tornare a fluire e la giustizia per lo meno riprende le redini del percorso, ma a volte non succede e qui la fragilità e l’assurdo meccanismo dell’odio e dell’interesse umano sfociano nel dramma più buio.

Chi è Marco Pantani?

Marco Pantani nasce a Cesena il 13 gennaio 1970, figura e icona tutt’ora indelebile nel cuore e negli occhi di ogni romagnolo. Dal dopo guerra pochi personaggi hanno fatto appassionare come lui, imprese titaniche, pure leggende cavalcate sulle due ruote rimaste nel firmamento della memoria. Marco unisce la nazione e regala momenti di riflessione, spunti di vita che nella metafora della salita aprono venature di coscienza e umanità.

L’anno d’oro, quello della consacrazione è il 1998, quando riesce nell’impresa di conquistare in successione il Giro d’Italia e il Tour de France. L’impresa per un italiano di riuscire nell’accoppiata maglia rosa e maglia gialla risale alla leggenda di Fausto Coppi.

Domande

Ma cosa può portare alla distruzione di un’icona come il Pirata?

Cosa può esserci dietro al sacrificio? Cosa ci può essere di cosi brutale da ammainare la poesia di un personaggio simile? Cosa si può celare dietro questa trama nascosta e sanguinaria atta a disintegrare una realtà sportiva e genuina come quella del ciclista di Cesenatico e del ciclismo in se?

Le risposte potrebbero essere molteplici, ma nella realtà dei fatti ciò che rimane è un pugno di mosche contornato da altre domande.

Marco forse era scomodo a qualcuno o a qualcosa e non conosceva bene il pericolo come avrebbe dovuto, perché tutti amiamo pensare che a lui, il corsaro di Romagna, interessava solo spingere sui pedali e prendersi scherno della salita alla quale andava incontro ma che in fondo amava tremendamente.

I giochi di potere, il giro vorticoso del denaro, i favoritismi e le linee di “regime” dettate da vicende extra sportive sono state uno sporco mondo di fantasia perversa che avevano poco a che vedere con lo spirito di sacrificio e la dedizione. Nello sport come nella politica esiste e pulsa come un cancro mai sazio, il monopolio delle scelte imposte, delle opportunità prolifiche e del più puerile materialismo. Marco involontariamente e deducibilmente tramite conoscenze errate ne è divenuto la vittima sacrificale per eccellenza.

Sfumature di Marco

Ciò che ci resta oltre alla tristezza e l’incolmabile senso di vuoto è che Marco la fece in barba ad ogni fetido archibugio e derise ogni pronostico che lo dava come eterno secondo. Il potere di Marco fu quello di far appassionare l’imperturbabile, di tenere incollato allo schermo il bambino di cinque anni cosi come i vecchi nonni palesemente commossi, vedendo nel Pirata la loro gioventù, “quando si correva per rabbia o per amore” come cita saggiamente Francesco De Gregori. Appassionò il suo stile, la sua costituzione esile e il suo volto cosi ingenuo da non sembrare nemmeno un atleta famoso ma semplicemente il vicino della porta accanto con cui condividere le partite del Cesena in tv quando gioca in trasferta.

Marco e la sua Romagna

Marco è stato lo specchio di una Romagna mai sazia, il prototipo concettuale di un popolo, ha incarnato quel senso di orgogliosa pienezza che abita queste terre, dal voler fare qualcosa in più, al voler dimostrare a se stessi prima che agli altri che qui in Romagna “abbiamo due palle cosi” e “queste palle le metto sul piatto anche per te se tu non puoi farlo”, sembrava volesse dirti mentre si alzava sui pedali.

Poi per carità è facile giudicare, è accomodante sgretolare chi ha raggiunto il successo e la fama, fa più gola sentenziare e sputare addosso a un volto famoso, e ci sono tante, ma tante persone che non hanno capito che ogni atleta, cantante o persona di rilievo con una certa influenza rimane e rimarrà sempre una persona in carne e ossa, coi dubbi e i timori che tutti abbiamo e giornalmente esercitiamo.

Un vero romagnolo

Il “difetto” che poteva avere Marco forse era proprio quello di essere una persona normalissima, con una famiglia normalissima che ha distribuito della piadina ottima per le strade di Cesenatico.

Detta schietta noi romagnoli, che sia per il nostro modo di parlare o per la spiccata attitudine a gesticolare facciamo molta fatica ad apparire come dei divi, a mantenere il decoro e atteggiamenti posati per imposizione, il decoro nel senso letterale della parola lo mettiamo nell’esternazione e nel sorriso e Marco era uno spot impeccabile di romagnola beatitudine. Anche se ci impegnassimo sappiamo per certo che l’entusiasmo, la presa in giro e la parolaccia verrebbero a galla, non possiamo permetterci di tenere un profilo basso e soprattutto non abbiamo tempo da perdere nel credere che qualcuno sta provando a farcela sotto i baffi, e questo costa caro quando emerge dal buio dell’inganno.

Questa ingenua propensione a condividere tutto con tutti diviene un assist al bacio per i famigerati “figli di puttana” che come in questo caso hanno abusato della bontà e della permissività di una persona mite che stando semplicemente sopra a una bicicletta ha distribuito sogni ed emozioni senza chiedere indietro mai niente.

Marco e la Musica

Le leggende sportive vivono anche grazie alla musica ed è per questo che il mondo dei cantanti e degli atleti ha senso di essere unito nello stesso abbraccio. C’è una componente di forte rispetto tra le due compagini ed è essenziale conoscere il filo sottile ma molto resistente che spesso equilibra le due arti in questione.

Per Marco Pantani ci sono stati tanti tributi, a dimostrazione di quanto entusiasmo hanno propinato il lungo e in largo le sue gesta.

I Litfiba nel 1999 hanno dedicato a Marco Pantani la canzone “Prendi in mano i tuoi anni” dall’album “Infinito”. Il brano è stato scritto però nel 1999 quando il Pirata era nel pieno delle forze, prima della squalifica.

Nel 2006 i Nomadi gli hanno dedicato la canzone “L’ultima salita” dall’album “Con me o contro di me.

Francesco Baccini nel 2005 ha scritto la canzone “In fuga”, dall’album “Stasera teatro”.

Gli Stadio hanno scritto appositamente per lui “E mi alzo sui pedali”, dall’album “Parole nel vento”, integrando il testo della canzone con alcuni pensieri scritti dallo stesso Pantani su fogliettini trovati sparsi nella stanza accanto al suo cadavere. Questa canzone è stata anche utilizzata come sigla nel film “Il Pirata, Marco Pantani”, prodotto dalla RAI, in cui il ruolo del corridore romagnolo è stato interpretato dall’attore Rolando Ravello (fonte Wikipedia).

Antonello Venditti nel 2007 dall’album “Dalla pelle al cuore” ha scritto “Tradimento e Perdono” dedicata anche a Luigi Tenco ed il vecchio capitano della Roma nonché anche ex Cesena Agostino di Bartolomei.

Ultimo ma non ultimo perché il ventaglio di artisti è davvero enorme in merito ai tributi dedicati al Pirata, Claudio Lolli con “Le rose di Pantani” dall’album del 2006 “La scoperta dell’America”

Orgoglio di casa

La cronaca, quella nera, quella delle provette contraffate, la cronaca degli inganni, dei sotterfugi, della cospirazione contro un atleta eccellente lasciamoli fuori. Queste righe vogliono legare Marco al mondo della musica e legarlo ancor più forte al mondo del ricordo.

Che sia un monito e un’occasione per tutti quelli che avranno l’opportunità di raccontare a figli e nipoti delle storie incredibili, perché quella di Marco è una storia incredibile, perché la presenza del pirata è potente e la si può toccare ogni volta che si passa sul lungo mare di Cesenatico, ogni volta che si assapora una piadina calda, ogni volta che si percepisce la libertà del vento dopo una pedalata intensa verso casa. Marco lo trovi nei colori, nelle forme, nelle urla di trionfo, nell’inveire di un contadino e nella sorsata di un buon bicchiere di Sangiovese. Perché è semplicemente parte integrante della Romagna per come la conosciamo, parte di un’identità più forte e più potente di qualsiasi torto e menzogna.

Ciao Pirata

Marco Pantani muore fisicamente il 14 febbraio del 2004 in un hotel di Rimini in circostanze ancora irrisolte e misteriose, muore un pezzo di sport con lui e sopravvive col coltello tra i denti un sintomo del tutto italiano che porta a non preservare il sacro ma ad alimentare un profano, che, sotto gli occhi di tutti viene visto come una congettura sociale del tutto normale e radicalizzata.

Il pirata ci ha salutati il giorno degli innamorati e non poteva forse essere altrimenti, un ultimo messaggio che ci porta a intendere che l’amore vero, quello incondizionato risiede nella terra che accoglie i nostri passi, e nel suo caso quella salita che in fondo riconosceva come un accogliente e conquistata casa.

A cura di
Vasco Abbondanza

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