Samuel e Brigatabianca: la nostra intervista

Samuel e Brigatabianca: la nostra intervista
Condividi su

Con l’uscita di BRIGATABIANCA Samuel ci racconta del suo lungo percorso artistico, di Golfo Mistico e dell’amore per l’Italia intera

Brigatabianca, il nuovo album da solista di Samuel, esce in un freddissimo giorno di gennaio per scaldarci il cuore ed è subito Velvet 1999 per metà della nostra redazione. Per l’altra metà Krakatoa, stessi anni o prima. Dopo la conferenza stampa online a cui siamo stati invitati ballando a ritmo del mini live al Golfo Mistico di Samuel (abbiamo dovuto spegnere microfono e webcam), gli abbiamo fatto qualche domanda.

Brigatabianca è il tuo secondo album da solista: un lavoro in cui hai scelto di esplorare generi e stili musicali diversissimi tra loro. Quando è nata in te l’esigenza e l’urgenza di questa esplorazione?

Il mio secondo album era già schedulato, nel percorso che ho iniziato nel 2016 2017, con il mio primo album da solista. Facendo parte di un gruppo come i Subsonica, che hanno una grande esigenza dal punto di vista creativo, avevo la necessità di esprimermi in solitaria un po’ come fanno i miei colleghi.

Quindi decisi in quella occasione di iniziare questo percorso. Ho avuto la fortuna di avere un contratto discografico che mi ha messo di fronte a due album, quindi BRIGATABIANCA è nato dall’esigenza di tener fede al contratto con la Sony. Il primo lockdown ha fatto accendere in me una forte vitalità creativa e quindi ho decido si attivarmi e di iniziare a costruire questo secondo album. A fine del periodo di scrittura mi sono reso conto che questo era un album solitario, ossia che era stato pensato e costruito solo da me, nel mio studio. 

Mi è venuta quindi voglia di farlo ascoltare e di confrontarmi con i miei amici produttori. Questa cosa ha fatto sì che tutti i miei amici che arrivano anche loro da un periodo di reclusione creativa si siano messi dentro a questo progetto con grande foga ed energia trasformandolo in un album corale. Anche per questo ho deciso di intitolarlo BRIGATABIANCA.

La Brigata bianca del tuo album è una vera ciurma di amici e professionisti che hai coinvolto nel progetto. Quanto è importante per te la visione “corale” nel fare musica?

Per me è fondamentale far parte di un gruppo persone, di un’equipe creativa, di una modalità in cui le idee vengono ribalzate da una testa all’altra. Per questo ho sempre generato dei gruppi, dai Subsonica a Motel Connection e anche ora che sono in qualche modo da solo a rappresentare la mia musica intorno a me ho radunato degli amici con i quali costruisco i miei live. Quindi per me è fondamentale avere un gruppo di persone con cui ho un certo rapporto di amicizia con cui fare musica.

Il tuo tour in barca alle isole Eolie della scorsa estate ha permesso di rivivere l’esperienza della musica dal vivo, che oggi ci manca così tanto. Come ti immagini il futuro prossimo dei live, in uno scenario post pandemico?

Mi auspico che si possa tornare il prima possibile a condividere i concerti con un pubblico assiepato sotto il palco, in cui non c’è più la paura di avvicinarsi, di stare insieme di sudare. Perché questo è il vero motivo di salire su un palco: far divertire la gente.

Nel frattempo bisogna inventarsi dei modi per ovviare a questo problema che stiamo vivendo che è il distanziamento sociale. A me l’altr’anno è venuta in mente l’idea di salire su una barca e fare i concerti da li. L’idea è piaciuta moltissimo, tanto che la regione Sicilia ci ha chiesto di riproporla anche quest’anno, infatti sto cercando di capire come proporre la seconda edizione. Un evento che ho iniziato come pretesto per ripartire con gli eventi dal vivo ma sta diventando un vero e proprio Festival.

Il tuo Golfo Mistico è più un luogo ideale e fisico: esattamente, dove si trova nella geografia della tua esistenza?

Il Golfo Mistico è il mio studio che geograficamente sorge sotto a casa mia a Torino. È il luogo a cui ho affidato la mia creatività, in cui ho posizionato tutto quello che è il mio gesto creativo.

Ho sempre pensato che la creatività fosse un qualcosa che va nutrito che va alimentato e stimolato e anche che le varie creatività diverse tra loro generalmente tendono a punzecchiarsi, a stimolarsi a vicenda. Quindi ho costruito questo luogo che non è soltanto uno studio musicale ma quasi una piccola casa con cucina e minibar, con degli spazi anche per fare arte. Questo luogo è fondamentale per pensare che la mia musica possa continuare a esistere e evolvere.

Rimaniamo in tema di geografia: Torino, Palermo, Rimini. Nelle tue canzoni i luoghi sono presenti, ricorrenti e spesso protagonisti. Perché? In quale dei luoghi che hai esplorato nei tuoi testi e nella vita, ti senti veramente a casa?

Casa mia è Torino ed è il luogo i cui ho imparato a scrivere, a vivere, a camminare, a fare tutto. Però l’Italia mi ha adottato. Sono vent’anni che giro per l’Italia, ho amici in ogni città e in ogni piccolo paese c’è sempre uno locale in cui sono stato.

E quindi più che Torinese mi sento Italiano, nel senso che mi trovo a mio agio in qualsiasi luogo dell’Italia io mi trovi. In questo momento mi sto avvicinando all’ est italiano, mi sto spostando, sto mettendo in atto una delle mie più gradi trasformazioni geografiche però Torino rimane la mia casa in cui ho imparato ad essere Samuel quindi che credo sarà per sempre segnata come casa nel mio cuore.

L’esperienza di giudice a X Factor ha cambiato qualcosa nel tuo modo di ascoltare la musica?

L’esperienza di X Factor ha cambiato il mio modo di pensare alle persone e non alla musica. La musica è rimasta invariata, anche perché quello è un luogo di televisione e non è un luogo di musica. La musica è un pretesto per fare televisione.

Ho imparato, ho conosciuto il linguaggio della televisione e ho cercato di farlo mio. Però secondo me il linguaggio della musica sta da un’altra parte nella mia testa. Invece le persone che ho conosciuto a X Factor sono rimasto molto legato, soprattutto con i ragazzi che ho seguito e con tutto l’entourage che lavora in quel programma.

Le immagini e il concept di Brigata Bianca sono frutto di un’intensa collaborazione con lo studio creativo BRH+: da cosa nasce l’idea del codice visivo iconico che accompagna l’album?

Con l’amico e fratello Marco Rainò, il direttore creativo e artistico di BRH+, passiamo molto tempo insieme a ricercare a navigare del mondo dell’arte e della cultura Torinese e non. Insieme diamo vita a quello che è l’immaginario dei miei album.

Sia con “Il codice delle bellezza” e si con “BRIGATABIANCA” abbiamo deciso di lavorare con i simboli. La simbologia è molto importante per noi perché pensiamo possa trascinare un’idea musicale anche in un contesto visivo e grafico. Mente nel “Codice della bellezza” abbiamo costruito un vero e proprio linguaggio, un vero proprio alfabeto così con BRIGATABIANCA volevo lavorare con le bandiere.

Abbiamo costruito queste bandiere che in realtà poi sono i titoli delle canzoni e delle medaglie immaginarie che questo comandante di brigata, impersonificato da me in copertina, si porta addosso su questa divisa e poi sulla bandiera che sventola durante il servizio fotografico.

Quanto ti mancano le serate Krakatoa? Chi scrive è di Torino e ha una visione nostalgica della scena vivace di musica elettronica che si respirava anni fa in città. Per chiudere: torneremo a ballare?

Io non sono molto nostalgico, nel senso che il passato lo vedo come passato, penso sempre al futuro. Però devo dire che quelle serate erano veramente intense, perché raccontavano un periodo storico della nostra città in cui c’era molta vitalità, soprattutto musicale. Si poteva assistere a cose veramente importanti che accadevano in quei momenti in città. Torino in questo momento è un po’ più silente, in letargo. Speriamo e ci auspichiamo arrivi una seconda stagione come quella che ha visto nascere appunto Krakatoa.

Ultima cosa da parte della nostra direttrice che è una riminese: ti portiamo i saluti di Lucia Chiavari e di tutto il popolo del Velvet. Le serate assieme ai Subsonica sono state tra le migliori. Avete un aneddoto divertente da raccontarci rispetto al Velvet?

Il Velvet, ma ancora prima lo Slego sono stati luoghi e snodi fondamentali per la musica dei Subsonica ma non solo, per la musica italiana tutta. In quegli anni questi due locali hanno portato la miglior musica del mondo in Italia e l’hanno fatta ascoltare a noi che poi siamo diventati i musicisti italiani che hanno rappresentato l’Italia e che rappresentano ancora oggi l’Italia nella musica, quindi quei due luoghi e Rimini in particolare hanno un’importanza vitale per me e per i Subsonica.

Ci sono tantissimi aneddoti che possiamo ricordare, uno è molto ben narrato nella canzone che in questo momento sta raccontando BRIGATABIANCA, che è Cocoricò. In realtà il titolo è Cocoricò e si parla di una serata dove siamo finiti in quel locale, ma la serata è iniziata sul palco del Velvet. Quello è un aneddoto molto importante della storia mia, della band ma anche dei Bluvertigo.

a cura di
Emanuela Ranucci
Sara Alice Ceccarelli

Seguici anche su Instagram!

LEGGI ANCHE: “Quando trovo te”: la ripartenza di Francesco Renga
LEGGI ANCHE: Michele Bravi: “La geografia del buio” per orientarsi nel dolore

Condividi su

Sara Alice Ceccarelli

Giornalista iscritta all’ODG Emilia Romagna si laurea in Lettere e Comunicazione e successivamente in Giornalismo e Cultura editoriale presso l’Università di Parma. Nel 2017 consegue poi un Master in Organizzazione e Promozione Eventi Culturali presso l’Università di Bologna e consegue un attestato di Alta Formazione in Social Media Management presso l'Università di Parma. Ama il giallo e il viola, possibilmente assieme e vive in simbiosi con il coinquilino Aurelio (un micetto nero). La sua religione è Star Wars. Che la forza sia con voi.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *