“Stranizza D’Amuri”: se l’odio non riesce a macchiare l’amore

“Stranizza D’Amuri”: se l’odio non riesce a macchiare l’amore
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“Stranizza D’Amuri” è il primo film diretto da Beppe Fiorello che, distribuito ormai un anno fa, si è guadagnato due nomination ai David di Donatello. Sognante e brutalmente onesto, il lungometraggio è liberalmente ispirato ad una triste storia realmente accaduta.

Siamo nella Sicilia degli anni ’80, precisamente nel 1982 proprio durante quella famosa estate in cui la nazionale italiana di calcio ha fatto sognare milioni di persone nel nostro paese, raggiungendo la prima posizione nella competizione più importante per lo sport. Una squadra che fa sognare anche Gianni e Nino, due giovani che per un indicente casuale in motorino s’incontrano e diventano grandi amici. Il loro rapporto con il tempo, dopo aver condiviso diversi momenti insieme, evolve fino a trasformarsi in un amore profondo ma così tanto “ingestibile”, da tenerlo nascosto alle loro rispettive famiglie.

I segreti, però, soprattutto nei paesi di provincia del meridione, non durano a lungo: così quando, in giro si vocifera di questo “strano” legame tra Gianni e Nino, i due amanti si vedono costretti ad allontanarsi. Ma come dice uno dei personaggi del film, “Quello che si fa di nascosto si può fare per cent’anni” riunirsi, intrecciare ancora le proprie mani, può essere l’unica soluzione per la felicità. Per questo, a separare Gianni e Nino non ci riesce proprio nessuno: né il vociferare dei compaesani, né le minacce odiose delle loro famiglie, né tantomeno quei due colpi di pistola di cui, noi spettatori, ne sentiamo solo il rumore feroce.

Questo è “Stranizza D’Amuri”, il film d’esordio di Beppe Fiorello che decide di riadattare cinematograficamente un fatto di cronaca, avvenuto in Sicilia nell’ottobre del 1980. Si tratta del Delitto di Giarre quando due giovani amanti vennero presumibilmente uccisi a causa della loro relazione omosessuale. Un duplice omicidio rimasto irrisolto che, però, è diventato fondamentale nella storia del movimento di liberazione omosessuale italiano. Fiorello riadatta la vicenda due anni dopo, durante i mondiali: una licenza poetica perfetta poiché contribuisce a far percepire pienamente “lo spirito” di quegli anni.

Il ritmo realista si scontra con l’onirico amore tra Gianni e Nino

La cifra stilistica della pellicola rispecchia le caratteristiche del realismo sia nel montaggio sia nella fotografia che inquadra in maniera puntuale il paesaggio naturale siciliano ma anche nell’utilizzo del dialetto come lingua comunicativa. Il ritmo del film procede seguendo quello naturale della vita e rinuncia ai tagli di montaggio cinematografici.

Una scelta apprezzata, questa, poiché consente di rivivere a livello sensoriale un’epoca passata, quella delle tv a tubo catodico, dei bar di provincia, del divertimento semplice e semplicistico e del sugo della propria mamma, in pentola a cuocere per ore e ore. Tuttavia, il cinema sembra entrare di prepotenza quando Fiorello inizia ad inserirsi nei momenti privati dei due protagonisti, come se a Nino e Gianni fossero destinati soprattutto segmenti onirici e il loro amore assumesse una forma comprensibile solo nella dimensione onirica.

Le sequenze dedicate all’intensificarsi del loro rapporto risultano quasi “rarefatte“, spiragli di luce accecante nel buio notturno. Fuochi d’artificio, insomma, la cui forza si esprime al di fuori del giudizio, al di fuori del tempo. Il loro è un amore semplice fatto di non detti, di accortezze che non si esaurisce neanche dinnanzi agli ostacoli culturali di un’Italia chiusa ed omertosa. Un sentimento non si spegne quando, libero e puro, viaggia a braccia aperte tra le strade della propria terra oltrepassando quella barriera di violenza e odio che appartiene inevitabilmente al mondo. Nino e Gianni, quindi, così coraggiosi nella loro bucolica bolla di amanti, prendono vita quando sono insieme ed uniti anche se, l’attesa che qualcosa cambi per loro, diventa poi un topos vincente del film.

Sospesi aspettando che il pregiudizio si trasformi in accoglienza o che l’oppressione e lo sguardo algido di un bambino, quello del cuginetto di Nino, tramuti in comprensione e conforto. Nessuna clemenza per loro, come comunica, d’altronde, il finale del film.

Tra tradizione e contemporaneità: il cinema di Beppe Fiorello stupisce

I due giovani osservano da lontano una situazione che appare immutabile, cristallizzati, rispetto al resto. Una condizione simile a quando, chiusi nel proprio microcosmo, osservano quei fuochi d’artificio prodotti dalla stessa famiglia di Gianni. La regia di “Stranizza D’Amuri” interrompe la narrazione alle sue battute finali, senza mostrarci quello che succede concretamente ma, piuttosto, facendolo percepire. Gianni e Nino, Giorgio e Toni nel fatto di cronaca, muoiono con due colpi di pistola mentre ancora giacciono vicini mano della mano. Perché mostrare il sangue quando si è vissuto l’amore? Beppe Fiorello indietreggia con la sua macchina da presa, durante tutto il racconto, e lo fa anche nell’ultima, dolce e commovente, scena della sua opera.

Così, dal “cinema puro” ci si riversa delicatamente nel mondo reale, nel momento in cui veniamo a conoscenza della storia vera che ha ispirato la finzione, un fatto forse troppo volte dimenticato. Il dolore si trasforma in bene ed il sacrificio ultimo dei due amanti non si sgretola ma contribuirà a costruire consapevolezza attorno alle “differenze” e alle comunità emarginate.

Belle Fiorello, insomma, firma un’opera di invidiabile bellezza sia nella composizione dei quadri che nella scelta degli attori, la cui intesa irrompe fiera sul grande schermo. Il regista è in grado di combinare elementi melò ad un immaginario tipico della tradizione italiana con dettagli che “profumano” di contemporaneità, specialmente nell’originale uso della musica, un amplificatore emotivo delle vicende narrate.

Tenerezza e crudeltà, ospitalità e diniego, amore e morte: ossimori che convivono coerentemente in “Stranizza D’Amuri”, un film che si allontana dai paradigmi strutturali della semplice “fiction” ma che vuole guardare lontano fin dove, l’amore tra Nino e Gianni – Giorgio e Toni – ancora adesso, dopo oltre quarant’anni, continua a vivere. Nonostante tutto.

a cura di
Noemi Didonna

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