“Barbie”- la nostra recensione del cinetrend più acclamato del momento! 

“Barbie”- la nostra recensione del cinetrend più acclamato del momento! 
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Già campione di incassi dal primo weekend d’uscita, arriva al cinema “Barbie”, il film del momento! Per la regia dell’acclamata Greta Gerwig, con Margot Robbie, Ryan Gosling, America Ferrera, Michael Cera e Ariana Greenblatt, la pellicola mette in scena una commedia brillante e divertente, pur conservando un proprio stile autoriale e satirico, di norma estraneo a un blockbuster di questo tipo. 

“Sin dall’inizio dei tempi, sin da quando è esistita la prima fanciulla, ci sono state le bambole. Ma le bambole avevano sempre raffigurato delle bambine… finché…”

nel lontano 1959 fa la sua comparsa sugli scaffali dei negozi un giocattolo destinato a diventare qualcosa di più di un semplice balocco. 

Dopo aver notato il maggiore interesse della figlia nei confronti delle figure adulte delle attrici ritagliate dalle riviste – con le quali la bambina preferiva giocare a scapito delle sue bambole – Ruth Handler ideò Barbie. 

All’inizio, tuttavia, l’invenzione della donna non sembrò colpire particolarmente Elliot (il marito di Ruth) e Mattson, i due soci di Mattel: una bambola di circa 30 centimetri, raffigurante una donna adulta e bellissima – la concreta incarnazione di ciò che ogni bambina poteva aspirare ad essere! – rappresentava un’idea un po’ troppo progressista per i lontani anni ‘40. No, una trovata del genere non poteva assolutamente venir presa in considerazione! 

Fu solo a seguito del viaggio di Ruth in Svizzera e del suo incontro con la bambola Bild Lilli, la “Femme-Fatale” tratta dai fumetti di Reinhard Beuthien, che Mattel si convinse del tutto. 

Barbie prendeva finalmente vita. 

Barbieland e quella voglia di ritornare bambine 

Welcome to Barbieland!
Il magico mondo di Barbie – rigorosamente rosa confetto – a cui nessuna bambina (o donna, un tempo piccina) potrà resistere! 

E che contemplerà con occhi spalancati, ricolmi di fanciullesca meraviglia, in ogni suo dettaglio, riconoscendovi ogni gioco, ogni avventura, ogni storia raccontata. 

Ogni particolare diventa realtà: l’accuratezza e la minuzia con cui è stata costruita l’ambientazione rendono la prima ora di film veloce e scorrevole, caratterizzata da mille riferimenti all’universo creato da Mattel e a quel fenomeno di massa che le bambine, con la loro fantasia, hanno contribuito a creare. 

La casa dei sogni di Barbie si spalanca davanti ai nostri occhi, con il frigorifero dipinto e i suoi oggetti riprodotti rigorosamente in plastica; i mille outfit impeccabili ed accessoriati, la Chevrolet Corvette C1 che tutte avremmo voluto avere (ma che poche potevano permettersi) e lo scivolo che, dalla camera da letto, finisce direttamente in piscina. 

E ci fa sognare ad occhi aperti, riportandoci bambine per un istante.
Così come i comportamenti dei personaggi, che si aggirano per la città in punta di piedi, sballottati di qua e di là da una forza ultraterrena decisamente familiare. Recitando le loro battute scanzonate ed innocenti, spesso superficiali e vuote – copia esatta di quelle che ci si aspetterebbe di sentir uscire dalla bocca di qualsiasi bambina della Terra. 

«Potrei fermarmi a dormire. Siamo ragazzo e ragazza.»
«Per fare cosa?»
«Veramente non lo so.»

Ken e Barbie, Barbie, 2023 


In questo mondo, ogni Barbie può essere esattamente ciò che vuole, fare ciò che desidera ed ogni giornata procede perfetta, identica in tutto e per tutto alla precedente. Per tutta l’eternità. 

In quel mondo rosa confetto, ogni barbie fa esattamente quello che ci aspetterebbe da Barbie: essere Barbie. 

Un blockbuster d’autore 

Non mi stupirebbe, dunque, se questo imponente blockbuster, oltre a rilanciare il marchio Barbie (cosa che sta già avvenendo, sul web non si parla d’altro), venisse candidato agli Oscar come miglior film per la miglior scenografia ed i migliori costumi. Categorie nelle quali potrebbe addirittura trionfare! 

Cosa di cui sarei estremamente lieta, in primo luogo per Greta Gerwig. Ha saputo dirigere sapientemente una pellicola di puro intrattenimento, senza però rinunciare a tematiche a lei care e ad un’impronta registica un po’ più autoriale, grazie alla quale il film acquista visibilmente una marcia in più. 

La sua mano c’è, e si vede.

Le citazioni del film

Nel film della Gerwig sono presenti, inoltre, varie citazioni a numerosi capolavori che hanno contribuito, nel tempo, a fare la storia del Cinema.
Un esempio? 

Partendo da 2001: Odissea nello spazio, che la Gerwig omaggia con una brillante sequenza iniziale in cui le bambine, avvistando un oggetto sconosciuto (che altri non è che una Margot di dimensioni monolitiche in costume da bagno), si liberano delle vecchie bambole, contribuendo a questa particolare  “evoluzione”, che segna il passaggio dal vecchio al nuovo. 

Ma anche la citazione di Matrix, quando Barbie, scegliendo tra una décolleté rosa o una birkenstock, deve decidere se rimanere a Barbieland o recarsi nel mondo degli umani. Nella speranza di eliminare definitivamente l’odiata cellulite e i piedi piatti, per ritornare la perfetta Barbie stereotipo che è sempre stata. 

O quelle che strizzano l’occhio a Grease, a Top Gun, Il Padrino, Playtime, Orgoglio e pregiudizio, Rocky e la frecciatina alla Justice League di Zack Snyder

Campione d’incassi 

Per quanto riguarda gli incassi della settimana, Barbie svetta in testa alle classifiche internazionali. La pellicola ha infatti incassato nel suo primo weekend di apertura ben 334 milioni. 

Di questi, solo 155 negli USA, dove il blockbuster è impegnato nella lotta al botteghino con Oppenheimer, il nuovo film di Nolan in uscita in Italia il prossimo 23 agosto. 

Chi vincerà il Barbenheimer? 

Le accuse di sessismo

Nel corso degli anni, Barbie è stata spesso oggetto di aspre critiche da parte di chi vedeva – e ancora vede – la bambola come un insulto alla donna. Una figura stereotipata, la cui bellezza corrisponde a pieno a quei canoni di bellezza imposti da un mondo profondamente maschilista.
Nel film, questo punto di vista è espresso senza troppi giri di parole da Sasha, che “asfalta” Barbie rivelandole come per i ragazzi di oggi non sia altro che un giocattolo vecchio e ormai superato, frutto di una visione retrograda e sessista. 

Secondo questa visione la bambola non ispira le bambine, elevando col gioco la potenzialità presente in loro. Barbie non ti dice cosa puoi diventare, ma soltanto come devi essere. E devi essere esattamente questo: una bionda fisicata dai lineamenti perfetti, magra ma con le giuste curve, dalla brillante carriera e di pelle diafana. 

Ed è proprio il candore dell’incarnato di Barbie a rappresentare una delle tematiche su cui Riccardo Falcinelli riflette in Cromorama. Nei suoi studi cromatici, l’autore evidenza infatti come in realtà la carnagione di Ken, più scura di quella di Barbie, derivi da un topos antichissimo che affonda le radici nella cultura dei nostri avi. Al tempo dei quali le donne erano considerate inferiori e, sempre recluse in casa, non avevano modo, al contrario degli uomini, di abbronzarsi. 

In realtà, oggi, la bambola più famosa del mondo si presenta in veste ben diversa dall’avvenente bionda in costume da bagno creata agli inizi degli anni ‘60. Alta, bassa, magra, curvy, caucasica o dalle più disparate etnie. Cantante, sirena e ballerina, ma anche football player, fotografa, giornalista e dentista. Alcuni (tra cui la sottoscritta) sarebbero portati ad etichettare questo come un’intelligente mossa di marketing perfettamente in linea con quella visione portata avanti dal politically correct. 

In ogni caso, credo sia magnifico che ogni bambina possa trovare in negozio una bambola simile a lei, da rendere protagonista delle sue avventure. Per quanto mi riguarda, quand’ero piccola avrei fatto carte false per una barbie dai capelli castani come i miei! 

La componente femminista 

Uno degli aspetti più criticati del film è sicuramente la cosiddetta “componente femminista”, che a molti spettatori sembra non essere proprio andata giù. 

“Barbie, un inno al femminismo.”
“Un film vuoto, privo di contenuti, colmo di personaggi insulsi e stereotipati, soprattutto quelli maschili.”: sono queste le opinioni condivise da un’enorme fetta dell’opinione pubblica e della stampa. 

Facciamo un po’ di chiarezza. 

Il mondo di Barbie è, sì, femminista, nel senso più letterale del termine, poiché nasce come un vero e proprio universo femminile. 
D’altronde, un mondo composto da bambole e destinato, fin dagli albori, alle bambine… come potrebbe non esserlo?

Esso ruota da sempre attorno alla figura femminile, ponendola al centro e rendendola a tutti gli effetti la vera protagonista di giochi, desideri e sogni. 

Nessuna bambina, così come le barbie della pellicola, ha mai dato veramente importanza a nessun Ken, “perché ken è completamente superfluo.” Questa frase, che Margot Robbie si lascia scappare a metà film con un pizzico di cattiveria, riassume perfettamente – a mio avviso – il succo del discorso. 

Ken è nato come fidanzato della bambola, come suo comprimario.


“È Barbie e Ken. Non Barbie, e Ken.” 

La vera protagonista è sempre stata Barbie. Perché nel film dovrebbe essere diverso? 

Ken, con i suoi pettorali di plastica ed il suo sorriso smagliante, svolge da sempre quella funzione di mero accessorio che, nel nostro mondo, è per secoli spettata (e in molti luoghi spetta ancora) alle donne. 

La critica alla società attuale 

A questo discorso si collega il vero messaggio del film, totalmente opposto a quel femminismo di facciata tanto sbandierato in questi giorni sul web. 

Barbieland è un mondo femminista, in cui prevale il girlpower. Ma è un luogo perfetto?
Assolutamente no.
Così come non lo è la realtà in cui viviamo, sua esatta versione speculare. 

Barbieland è il nostro mondo, ma capovolto, pieno delle stesse ingiustizie e degli stessi paradossi. Quelli presenti all’interno della nostra società, dove ancora predomina tacitamente il patriarcato. 

« È chiaro che non state attuando come si deve il patriarcato.»
« Oh no lo attuiamo, solo che ora lo nascondiamo meglio.»

Barbie, 2023

In modo analogo a ciò che accade nel nostro mondo si concluderà, dunque, la rivolta dei ken: nessun potere verrà, di fatto, loro elargito. Essi non giungeranno alla parità dei diritti, ma ci arriveranno (presumibilmente) a poco a poco, nel tempo, così come avviene per le donne nel nostro mondo. 

Barbie è, dunque, un film femminista? Nella sua critica alla società maschilista del nostro mondo, o a quella profondamente femminista di Barbieland, lo è certamente.

Ma solo se ci fermiamo a riflettere sul significato moderno del “femminismo”: una “corrente di opinione volta a promuovere una cultura della parità e dell’uguaglianza tra i sessi” (Treccani). 

L’umanità di Barbie

Concentriamoci ora sulla protagonista del film, la Barbie interpretata magistralmente da Margot Robbie. Pur rappresentando la bambola stereotipo per eccellenza – quella a cui si pensa immediatamente menzionando il noto brand -, in cuor mio sapevo che questo personaggio avrebbe rivelato una profondità ben maggiore rispetto a quella osservata dai trailer. 

Le mie aspettative non sono state disattese: il viaggio compiuto da Barbie nel nostro mondo racchiude, infatti, al suo interno un percorso interiore ben più grande

Il battito d’ali di una farfalla, rappresentato dai pensieri esistenziali sulla condizione mortale degli uomini, la renderà cellulitica, complicata e depressa. Tutto quello che una bambola non può essere.
Ma la condurrà anche in un incredibile viaggio, che le consentirà di abbracciare a pieno l’esistenza umana, prendendone parte. 

Arriviamo così ad una delle mie parti preferite del film: quando Barbie smette di essere un blockbuster e, spogliatosi del trash e di tutti quei lustrini, si ferma a riflettere sullo scorrere della vita e del tempo. 

Quell’istante in cui la Barbie di Margot, seduta alla fermata del bus, inizia a percepire la Vita attorno a sé. Tutto quel dolore, quella rabbia e quella tristezza provate dalle persone, che per lei non hanno alcun senso. A cui la bambola non riesce a trovare un senso.

Ma anche le risate e la gioia, la felicità di un istante. Lo sguardo stupefatto della bambola si incrina, lasciando posto ad un sorriso. Ed è lì che Barbie inizia ad amare la Vita.

E a comprenderne tacitamente il segreto. 

C’è bellezza, in tutto questo. Nella vita, che lascia spazio alla morte, senza la quale la prima non avrebbe alcun senso. Nello scorrere delle stagioni, e nella vecchiaia che avanza, con le rughe che porta con sé. In quel “Sei bellissima” rivolto alla donna della panchina, colmo di stupore per qualcosa di nuovo e sconosciuto. Qualcosa di mai visto prima. 

Barbie cessa di essere solo un’idea e abbraccia la sua umanità, trovandone i semi dentro di sé. Cogliendone dolore ed imperfezione, cessa di essere Barbie, diventando Barbara. 

Perché, in fondo, “lei può essere tutto ciò che vuole”. Perfino una semplice umana. 

Le figure femminili nel Cinema di Greta Gerwig 

Il personaggio di Margot Robbie è solo l’ultimo di una serie di affascinanti e riuscitissime protagoniste femminili che, con il loro temperamento e le loro qualità, hanno contribuito a caratterizzare fortemente la visione cinematografica di Greta Gerwig. 

Ricorderete di certo il carattere ribelle e anticonformista di Lady Bird, che nel film sta attraversando il periodo complicato dell’adolescenza, con tutti i suoi alti e bassi. Con i sogni e le aspettative che esso porta con sé. 

O il discorso sulle donne di Jo, la più indisciplinata e sognatrice delle sorelle March, un personaggio dalle idee troppo moderne e progressiste per il suo tempo. 

Il monologo decisamente moderno di Jo March

Personaggi forti, ma anche estremamente fragili e spezzati. Vere e proprie eroine, in grado di rialzarsi ogni volta, superando le avversità della vita. 

Lo stesso si può dire di Barbie che, con una sola frase, riesce a riversare su ognuno di noi tutto il dramma della condizione della donna moderna.

“Non sono abbastanza brava a fare niente.” 

Lei, Barbie stereotipo, creata unicamente per essere ammirata in quanto tale, si rende conto di non avere alcun talento nascosto, totalmente priva di alcun valore. 

Barbie è perfetta, ma rappresenta un oggetto fine a se stesso. 

Tuttavia è in questa sua incapacità su cui fa leva il suo discorso che riusciamo ad immedesimarci e a comprendere a pieno.

Il dramma di un mondo finto, dove conta più essere che apparire.
Dove chiunque è dipinto come geniale e perfetto.
Chiunque, tranne noi.

Le arriva in aiuto Gloria che, col suo monologo accorato, getta luce sulla condizione della donna moderna. Che deve essere tutto, senza essere niente. Senza concedersi mai un momento di debolezza, egoismo o tristezza, sempre comprensiva e sorridente. Continuando a mostrare gratitudine, nonostante sia “letteralmente impossibile essere una donna”. 

Greta torna dunque a dar voce alle donne, colme di tutte le loro paure e le loro mancanze. Di tutte quelle imperfezioni e quei fallimenti che, però, fanno parte della vita.
E, nella vita vera, nulla va mai come ci si aspetta. 

Piccola nota di merito 

Dulcis in fundo, un piccolo elogio allo strepitoso Ken interpretato da Ryan Gosling. Un personaggio davvero spassoso e a tratti sopra le righe, capace di distinguersi per presenza scenica e per il ruolo chiave assegnatogli nel corso del film. 

La vera sorpresa della pellicola è stata, infatti, la storyline riservata a questo personaggio, che è stato in grado di sorprendermi profondamente. 

Dietro alle spassose gag, ai suoi capelli biondo platino e agli addominali scolpiti, si cela infatti un personaggio emotivamente fragile, capace di acquisire man mano una sempre maggiore coscienza di sé. Esposto per la prima volta al mondo degli uomini e alla mentalità fortemente maschilista della nostra realtà, Ken inizia a provare emozioni mai sperimentate. 

Dapprima ammirato ed invidiato, si inizierà a sentire sempre più considerato e potente (due sensazioni decisamente nuove per lui). Tanto da fargli decidere di ritornare a Barbieland per insegnare agli altri ken tutto ciò che ha imparato sul patriarcato, instaurando così un nuovo governo. 

Per quanto mi riguarda, ho trovato l’evoluzione dell’innocuo Ken nei panni del supercattivo del film  una scelta parecchio azzeccata, capace di gettare nuova luce su questo personaggio, rendendolo estremamente interessante. 

Tuttavia, dietro le azioni da lui compiute si nasconde, in realtà, un personaggio molto insicuro e smarrito, alla continua ricerca di un ruolo da interpretare in grado di svelargli definitivamente il suo posto nel mondo.

Costantemente ignorato da Barbie, Ken è da sempre costretto a vivere nella sua ombra, poiché è stato appositamente creato per questo. Alla fine del film, tuttavia, sarà proprio la bambola a “liberare” Ken dalle sue catene, rivelandogli che entrambi possono coesistere separatamente, disponendo di una propria differente identità. La quale non si basa su tutti i vestiti, la automobili, o le case-ville-mojo-dojo da lui possedute: nulla di tutto questo, infatti, può bastare per definirlo. 

Barbie continuerà ad essere Barbie, mentre Ken si realizzerà in quanto Ken.

Tirando le somme… 

… per questo film nutrivo aspettative altissime, tutte decisamente appagate dall’incredibile risultato finale presente sullo schermo. 

Una pellicola capace di unire ad una giusta dose di buon trash una serie di tematiche complesse, rivolte ad un pubblico più adulto. 
Un film che si presta a svariate letture e a numerose interpretazioni, contente argomenti estremamente attuali attraverso i quali è possibile sensibilizzare le nuove generazioni. 

E poi, ci sono Margot Robbie e Ryan Gosling nei panni di Barbie e Ken. 
Trovatemi, dunque, un ulteriore motivo per correre in sala ed amare questo film.

Quindi, se non lo avete ancora fatto, concedetevi due ore di tempo e non perdetevi Barbie, il nuovo cinetrend dell’estate! 

a cura di
Maria Chiara Conforti

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