“Vita di Pi”, l’atto di fede di Ang Lee

“Vita di Pi”, l’atto di fede di Ang Lee
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“Vita di Pi” di Ang Lee è una lezione di vita. È una storia dalle differenti letture, che porta alla fine della narrazione un messaggio ultimo: la vita è un continuo atto di fede.

Vita di Pi” è un film di Ang Lee, uscito nel 2012 e tratto dall’omonimo romanzo di Yann Martel. Il film ha permesso al regista di origini taiwanesi di conquistare il suo secondo Oscar per la migliore regia e tre statuette per la migliore fotografia, effetti speciali e colonna sonora.

Il protagonista di questa storia dovrà affrontare una grande e tortuosa avventura in compagnia di una tigre, un viaggio avventuroso e pieno di insidie, che cambierà per sempre la visione della sua vita.

La religione come elemento cardine

Piscine Molitor Patel, il personaggio principale del film (interpretato da Gautm Belur, Suraj Sharma, successivamente Irrfan Khan), apre la narrazione raccontando la propria storia di vita allo scrittore Yann Martel (interpretato da Rafe Spall) interessato a scrivere della sua avventurosa storia. 

Difatti la narrazione tratta le vicende avvenute durante l’infanzia del protagonista a seguito di uno sfortunato naufragio al quale sopravvisse per ben 227 giorni a bordo di una scialuppa di fortuna. In sua compagnia erano presenti quattro animali dello zoo di famiglia.

Il film si apre con una frase che viene poi ripetuta durante tutta la narrazione “Lei ha una storia che mi farà credere in Dio”, che indubbiamente porta lo spettatore anche più distratto a nutrire una rinnovata curiosità. 

Inizialmente l’opera tratta quella che è una lunga indagine della ricerca del divino, e di come, il protagonista, fin da bambino si approcci al mondo con un filtro mistico e religioso. È lo stesso Pi ad ammettere “Gli dei sono stati i supereroi della mia infanzia”. 

Se il bambino protagonista si presenta così propenso alla scoperta della religione e con una fiducia cieca nella natura, il padre (interpretato da Adil Hussai) si presenta invece come un personaggio prudente e scettico riguardo al campo mistico e religioso. “La religione è oscurità”, è ciò che dice al figlio Pi notando la sua euforia per un mondo a lui sconosciuto. 

Di particolare importanza è quindi il rapporto con la natura e con gli animali, legame portante per tutta la narrazione. La storia quindi pone come base un mondo ordinario in cui il piccolo Pi, fiducioso in elementi naturali, sente il richiamo e il fascino di una tigre del Bengala. Questa azione risveglia la paura e la diffidenza del padre che cerca in modi brutali di riportare il figlio alla realtà.

“Dio preferiva questa storia”

Il piccolo Pi, appassionato di culto e religione, studioso di cristianesimo e induismo, si ritrova a dover abbandonare momentaneamente le sue abitudini e i suoi studi. Figlio di una famiglia disagiata economicamente, è costretto a partire su un’imbarcazione mercantile per trasferirsi in Canada. 

Sarà questo il punto di rottura che porterà Pi e la sua famiglia a vivere l’esperienza traumatica di un naufragio. Soltanto Pi riuscirà a salvarsi salendo su una scialuppa di salvataggio insieme ad alcuni animali dello suo zoo, tra cui una tigre chiamata Richard Parker.

In questo caso l’animale assumerà un ruolo principale e primario per il protagonista, il quale, senza la sua presenza non avrebbe più trovato uno scopo alla sua esistenza. Difatti, se inizialmente lo spettatore vede la tigre come un pericolo, man mano riesce ben a comprendere il ruolo narrativo dell’animale: quello del salvatore

Durante questo lungo viaggio, in cui la bestia e il bambino si troveranno a condividere una zattera, sarà predominante la spettacolarità delle immagini. Difatti la macchina da presa mostra un mare in tempesta o calmo e lucente, simbolo di tormento interiore o di fede.

L’incarnazione di Dio

Questa lunga avventura può essere vista come un continuo e perpetuo atto di fede nei confronti della vita.

Difatti, il rapporto con Dio, elemento fondante del film, viene messo in rilievo proprio da elementi che rimandano alla sua figura. Durante il tortuoso naufragare, la divinità si manifesta sotto forma di molteplici rappresentazioni: un pesce, quando il protagonista necessita di cibo, un mare tranquillo e calmo, o ancora, una tempesta, dove Pi, riconoscendo la mano di un Dio non più misericordioso come aveva sempre creduto, si chiede cosa avrebbe più potuto fare per salvarsi.

Sono i continui rimandi ad una divinità altra che portano il protagonista a non arrendersi. Ad ogni sfida, la narrazione si alterna ad un respiro più calmo e in grado di bilanciare le emozioni. 

Significato ultimo

L’opera mette in scena la vita come un continuo atto nella fiducia dei miracoli. Ciò che è mostrato all’interno della narrazione non da certezze allo spettatore, il quale non sarà mai sicuro davvero che tutta la storia sia realmente accaduta. Questa rimane infatti solo una storia, quindi un atto di fede anche per noi spettatori. 

Per questo il senso ultimo dell’opera dipende prettamente dal tipo di filtro adottato dallo spettatore. Questa può essere letta sotto due punti di vista differenti.

Da un lato si potrebbe interpretare la storia come una narrazione di avventura, sopravvivenza e formazione, così che il naufragio possa essere inteso come una metafora del delicato passaggio dal mondo dell’infanzia a quello dell’età adulta. La storia pone il protagonista nella posizione di dover prendere delle scelte, cavandosela in solitudine senza l’aiuto di una figura tutrice.

D’altro canto potrebbe essere ben inteso anche come testimonianza religiosa, sul confronto tra trascendenza e razionalismo, quindi sul paradosso che vede la religione e la fede contrapporsi ad una visione più schematica e razionale

Questa visione schematica è ben interpretata dai due investigatori della compagnia assicuratrice che chiederanno al giovane naufrago di raccontare le cose per come “realmente accadute”. È così che Pi si ritrova a dover trasformare la sua storia iniziale in una storia canonica, legando le vicende realmente accadute a persone in carne ed ossa, per far si che l’uomo medio possa comprendere con più facilità.

Conclusioni

Qui preferiamo prendere in considerazione entrambe le posizioni. Nella narrazione, formazione e fede si uniscono per dare vita ad un prodotto originale e pregno di un forte significato emotivo.

La fede del protagonista è qui vista come un grande insegnamento per lo spettatore. Attraverso il filtro dello sguardo di Pi, vediamo come ogni evento risulti essenziale per la sua comprensione di significati profondi delle vicende accadute.

Messaggio finale è proprio la fiducia nell’esistenza, portando il protagonista ad attrarre, anche nelle situazioni più brutte, la bontà del mondo e tutte le sue fortune.

a cura di
Valentina Vitrani

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