“L’ospite e altri racconti” di Amparo Dávila: i 35mm di paura

“L’ospite e altri racconti” di Amparo Dávila: i 35mm di paura
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L’ospite e altri racconti si apre con un frammento di diario di luglio e agosto.

Lunedì 7 luglio

Il mio vicino, il signor Rojas, è parso sorpreso di trovarmi seduto sulle scale. Senz’altro la cosa che più ha attirato la sua attenzione è stata il mio sguardo, visibilmente triste. Di colpo mi è sembrato di suscitare in lui un vivo interesse. Mi sono sempre piaciute le scale, con la gente che sale trascinando il fiato, e quella che scende cadendo sorda come una massa informe. Forse per questo ho scelto le scale per andare a soffrire.

Frame tratto dal film Lui, del regista Luis Buñuel, 1953. Foto da internet
L’ospite e altri racconti: perché lui

La prima cosa che bisogna indagare è perché questa raccolta di racconti e non un più conosciuto Carver o Capuana, per esempio. Indagare è il termine giusto non perché io sia un detective in gonnella, bensì perché Amparo Dávila indaga dentro di voi e scompone bauli di paure e cassetti di incertezze. Estremizza la Nuestra Señora de la Santa Muerte rendendo la paura dell’ignoto ancora più terrificante. Accende e spegne l’amigdala come farebbe un bambino che scopre di avere l’interruttore della luce a portata di mano. Più precisamente, come un lettore che ha pieno possesso dell’intensità della sua lampada da terra e ne regola la luminosità ogni istante.

Si sceglie L’ospite e altri racconti perché ci si sente annoiati e tutto risulta superfluo e già visto. La paura è una sicurezza, come le due dita sulla piccola rotellina che muove su e giù la luce della nostra lampada.

L’ospite e altri racconti: scomodità

La raccolta di racconti è scomoda, come poteva esserlo quella della Nettel. Disagevole, forse, il formato del libro, volutamente tagliato male, quei volumi che non stanno in piedi e che disturbano il pruriginoso bisogno di simmetria e perfezione. Una copertina inquietante illustrata da Mimicocodesign, nessuna banda laterale e la numerazione delle pagine è interna.

L’ospite e altri racconti, Amparo Dávila, Safarà

Non è casuale se avete appena deciso – con l’occhio critico del lettore che vuole smentire un suo simile – di leggerlo: vediamo se fa veramente paura, vediamo se, come dice, è così scomodo.

«Sei sempre più isterica, è davvero doloroso e deprimente vederti così… ti ho spiegato mille volte che è una creatura inoffensiva».

– L’ospite

L’ospite e altri racconti: cos’è?

Una raccolta di racconti di paura antica, quella in bianco e nero dei vecchi film. Testi di poche pagine che si affacciano in storie già vive, tendendo a disorientare chi legge. Un’ottima traduzione che ci permette di ragionare su come si costruisce un racconto vecchia scuola e sul perché proviamo paura, senso di oppressione e fastidio.

L’ospite e altri racconti: li leggi i racconti?, chiese la libraia

Questa è una cosa che ho sentito diverse volte e immagino ci sia qualcuno disposto a leggere per imparare anche a scrivere. Amparo Dávila, con la sua scrittura zoppicante, ci fa tornare alla mente la creatura deforme di Mr. Hyde, le teorie lombrosiane e quel mostro che c’è e che, forse, vediamo solo noi. Merito di questo stile di scrittura che lascia in bilico, come costretti a camminare su assi traballanti di legno marcio.

I racconti sono un genere difficile in Italia. Tendenzialmente più apprezzato all’estero, da noi viene spesso percepito come una storia a metà, come “un romanzo che non ci ha creduto abbastanza”. Eppure in poche pagine ci troviamo a far riemergere quotidianità personali lunghe anni o paure riflesse di un’infanzia che torna a bussare.

Frame dal film Babadook, di Jennifer Kent. Immagine da internet

Leggere L’ospite e altri racconti permette di aprire una serie di porte che cigolano, che ci faranno tornare in mente Poe e il substrato kafkiano, così come la nausea provocata da Vertigo o La finestra sul cortile con quel senso di essere costantemente il soggetto che osserva per avere piacere ma che è al tempo stesso osservato, diventando oggetto. Sarà una lettura rapida come il bisogno di arrivare a conoscere la fine di queste storie.

a cura di
Ylenia Del Giudice

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