Marco Mengoni, la “Materia” di cui è fatto un uomo che non ha paura del cambiamento
Marco Mengoni è un talento e ha un talento. Non è esattamente la stessa cosa. È predisposto naturalmente alla musica e ha un mezzo che gli permette di esprimersi compiutamente. Un mezzo che, col tempo, si è strutturato, intensificato, fino a diventare la materia prima della sua espressione artistica.
Non parlo della sua voce, che usa con abilità e mai in modo prevedibile, ma della sua personalità, che – a dispetto della fretta con cui tutto accade – si è presa il tempo per centrarsi, maturare e imparare a restare fedele al cambiamento. La personalità di Marco Mengoni si è definita, ma resta in tensione, è curiosa, vigile, accogliente, quindi la sua materia è impattante, imprevedibile ma riconoscibile.
È lui, ma senza restare incasellato in una definizione: in altre parole, è pop, nell’accezione più esatta del termine (e del genere). Mengoni è un artista che scrive e canta canzoni che hanno una forma pop, ma che abbracciano terre, tempi, sguardi, sensazioni, umori diversi. Si contamina, non ha l’abitudine di essere una cosa soltanto, ogni tassello che aggiunge allarga il quadro, non lo completa, ne allunga la prospettiva.
Ad oggi, è uno dei migliori rappresentanti del genere pop, perché la sua produzione ha uno spessore, con buona pace di chi guarda ancora con sospetto gli artisti che provengono dalla televisione, fanno pop e hanno una cura scrupolosa di ogni elemento che “arreda” le canzoni. Il pop, del resto, è la combinazione perfetta di forma e contenuto, di intimità e spettacolarità, di contemporaneità e lungimiranza. E tutto questo Marco Mengoni lo sa bene.
Materia (Terra), il nuovo disco di Marco Mengoni: il corpo e l’anima
E veniamo a Materia (Terra), il suo nuovo disco, che segue Atlantico, un album riuscito sotto ogni punto di vista. Materia, va detto subito, non somiglia al suo predecessore, ma dal suo precursore ha imparato il coraggio e la combinazione di toni, sentimenti, verità.
Se Atlantico era un viaggio attraverso l’oceano, Materia è fatto in casa, nasce dentro le quattro mura di un sentimento, e da dentro lascia esplodere verità intime, fertili, concrete. Tutte le verità di un adulto consapevole, che ha imparato che «solo nel perdono cambia un uomo».
Se in Atlantico c’erano le due anime musicali di Marco Mengoni, quella elettronica e quella dal sapore latino, in una spiazzante ma complementare commistione di suoni e generi, Materia (Terra) vira più coerentemente verso il soul, con sprazzi di R&B e cori gospel.
Ma il contrasto c’è ancora, è più che mai vivo, perché la materia di Mengoni ha il pregio di non lasciarsi qualificare da una sola definizione: nel disco, infatti, esiste una narrazione concreta, corporea, emotiva, ma esiste anche un racconto poetico, simbolico, sospeso. C’è la vita e c’è la sua metafora, l’amore carnale e la sua rappresentazione spirituale. Quindi la scrittura di Materia (Terra) è su due livelli, ognuno dei quali mette in luce una verità.
Le canzoni di Materia (Terra), un disco che parla due lingue
Non a caso, il disco si apre e si chiude con due brani che ben sintetizzano questa opposizione. Il primo pezzo è Cambia un uomo, una storia di autodeterminazione, crescita, cambiamento: è il racconto di una coppia che si trova di fronte a un bivio, che deve imparare a riconoscersi e decidere se scegliersi ancora.
È un amore che non è finito, ma che è cambiato, come ogni cosa che subisce l’usura del tempo, delle consapevolezze che arrivano senza essere precedute da un monito. L’amore cambia forma, i suoi protagonisti se ne accorgono ma non sanno come restare né come andarsene: abbandonare il campo significa rinunciare, ma per rimanere serve essere insieme, nello stesso presente, di fronte allo stesso bivio.
Cambia un uomo è concreta, diretta, senza vaneggiamenti: «Ridi mentre penso a quali nomi dare ai nostri figli», canta Mengoni, «Vedi, potremmo essere questi, però invece ancora scherzi».
A chiusura del disco, invece, c’è Un fiore contro il diluvio, che sin dal titolo dimostra di parlare un’altra lingua, quella dei sensi, dei simboli, delle sensazioni. Un fiore contro il diluvio è un’immagine di fragilità, di impotenza, di dolore, ma anche di coraggio, che forse è solo incoscienza, ma poco importa: è il racconto di un’intimità messa a nudo.
«E allora sarà per sempre, ma considerando che niente dura in eterno, ci riempiremo di spalle per sembrare forti, ballando ma fuori tempo», così canta Mengoni.
In definitiva…
Ecco, Materia (Terra) parla due lingue, ma riesce a farsi capire da chiunque voglia conoscere la storia di un ragazzo diventato uomo, a fuoco ma in costruzione, pronto a osservare l’aspetto che assume la vita dopo una crepa. Marco Mengoni non ostacola l’evoluzione delle cose, anzi, ne è parte, dapprima si lascia travolgere, poi ne diventa narratore.
E così i suoi dischi sono intensi, mai mediocri, stratificati, ma senza perdere la loro struttura pop(olare). Inoltre Materia (Terra), che è il primo album di una trilogia, è un disco suonato, cosa molto rara di questi tempi, e raccoglie le penne di molti giovani autori che hanno saputo cucire su Mengoni un abito raffinatissimo e non convenzionale, dal gusto elegante ma non inaccessibile.
Materia è l’uomo, il suo corpo e la sua anima, il suo presente e la sua memoria, la sua casa e le sue incertezze. È la vita che vive e quella che vive sospesa da terra. È una storia che finisce con i puntini di sospensione, perché si scrive poco per volta e ogni volta accende i riflettori su una verità da indagare e rivelare.
a cura di
Basilio Petruzza
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