L’esordio di Sydney Sprague sa di anni ’90, ma manca di originalità
L’album di esordio di Sydney Sprague svela un’anima pop/indie-rock. Il disco, pieno di influenze provenienti dai ruggenti ’90, fatica a trovare la sua strada nonostante la sua riedizione deluxe.
Maybe i Will See You At the End of the World. Questo il titolo dell’album di esordio della ventottenne Sydney Sprague.
Nata a Phoenix, in Arizona, sin da piccola, incoraggiata dai genitori, ha coltivato una grande passione non solo per la musica ma anche per la scrittura di canzoni. La passione, negli anni, ha svelato un vero talento, incoraggiato anche dall’influenza della musica degli anno ’90, come dichiarato da Sydney Sprague stessa. Il suo primo album infatti è stato Baby One More Time di Britney Spears, ma non manca anche uno spassionato ascolto di Avril Lavigne. Per questo ora Sydney Sprague si avvicina di più a un genere pop/indie-rock.
L’album
Il disco di Sydney Sprague nasce dall’esigenza di raccontare le insidie, i problemi e la stranezza di un amore a distanza. L’artista ha dichiarato che ha anche lo scopo di aiutare molte persone in questo periodo difficile che stiamo vivendo. Effettivamente più che aiutare può far immedesimare qualcuno che sta vivendo una situazione simile. L’ansia per il futuro, la paura di non riuscire ad essere felici, in un periodo già complicato di per sé per quanto riguarda “le distanze”. Qui Sydney Sprague ha riversato la sua rabbia, la sua angoscia e la sua tristezza che prendono forma con la voce, mentre la base musicale sembra fare da scenario, da sfondo, a tutto ciò che succede nella sua mente. La musica dà la misura del suo stato d’animo.
Camminare sulle spalle dei giganti non significa imitarli
Effettivamente all’interno dell’album emerge questa presenza “lavignana”: una voce dolce su una base rock, mai graffiante, ma incisiva. Manca tuttavia un marchio di fabbrica, una scelta personale e originale dell’artista. Sydney Sprague sembra restare in superficie. A tratti è un’adolescente arrabbiata, altre una donna sconfitta, ma forte. Nonostante le aggiunte presenti in questa riedizione “Deluxe”, le canzoni si assomigliano tra loro e in alcuni punti sembra davvero di sentire una Avril Lavigne un po’ più calma. Sebbene sia chiaro che Sydney Sprague abbia trovato il suo genere, è come se in questo album fosse ancora alla ricerca del suo stile. Forse nel tentativo di volersi ispirare ai “grandi” è finita per imitarli.
a cura di
Ilaria Mazza
Seguici anche su Instagram!