L’abisso – Corte degli Agostiniani – 14 luglio 2020

L’abisso – Corte degli Agostiniani – 14 luglio 2020
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L’abisso di Davide Enia è andato in scena sul palco della Corte degli Agostiniani, a Rimini, per l’anteprima del Santarcangelo Festival martedì 14 luglio.

Appunti per un naufragio

Tratto dal suo romanzo, Appunti per un naufragio, scritto dopo aver raccolto centinaia di testimonianze dirette ed aver assistito agli sbarchi sull’isola di Lampedusa, con L’abisso Enia racconta la sua testimonianza diretta: la prima volta che ha partecipato all’arrivo a terra di un barcone, gli incontri con le persone che a Lampedusa ci vivono, con i sommozzatori.

Storie che non sono la sua, ma che contribuiscono a stravolgere per sempre la sua esistenza. La sua vita si intreccia con le vicende a cui si trova a fare da testimone. Intorno a lui ci sono suo padre, suo zio, la sua compagna, una coppia di amici. Tutti si fanno forza l’un l’altro, riannodano legami, si trovano sempre più uniti.

La legge del mare

Il palco è nero, c’è silenzio. Solo qualche gabbiano che schiamazza e vola sopra alla corte.

Davide Enia e Giulio Barocchieri, il musicista che lo accompagna in questa avventura, salgono sul palco.

La scena è minimale, non serve di più. La presenza di Enia è potente. Compie pochi gesti, pochissimi movimenti, ma netti, essenziali. Il pubblico è catturato fin dal primo momento.

In mare ogni vita è sacra. Se qualcuno ha bisogno di aiuto, noi lo salviamo. Non ci sono colori, etnie, religioni”, inizia così lo spettacolo, con le parole del sommozzatore. “È la legge del mare”, salvare chi ha bisogno d’aiuto.

In apnea

L’abisso è mosso dall’urgenza di raccontare una tragedia che continua ad accadere, anno dopo anno, inarrestabile. Da più di vent’anni ormai Lampedusa ha smesso di essere l’isola dei pescatori o delle vacanze estive, per diventare il camposanto degli annegati nel Mediterraneo.

Durante lo spettacolo mi accorgo di avere le braccia strette intorno alle spalle. Mi sto abbracciando. È un gesto incontrollato, spontaneo. Come se cercassi di proteggermi dall’orrore di quei racconti. Mi guardo intorno: alcuni spettatori stringono con le mani le poltroncine di legno della Corte, altri sono talmente concentrati da non sbattere nemmeno le palpebre. Cerco una parola che possa descrivere questa sensazione: è apnea.

Tutti siamo coinvolti nel racconto che fa Enia di quei momenti terribili, ma non è solo questo. Ogni singola parola pronunciata è sangue e carne. Prende vita, acquista un peso sulla scena.

La legge di terra

Vincenzo pianta una croce di legno per ogni cadavere recuperato dal mare, ed è con lui che impariamo a conoscere la seconda legge, quella di terra: seppellire i morti. E poco importa se sono musulmani, “tutti abbiamo le ossa bianche” ci dice in dialetto, dalla voce di Enia.

L’abisso è uno spettacolo ironico, doloroso e commovente. Si piange, si stringe l’anima tra i denti, ci si sente naufraghi in mezzo al mare in burrasca.

Del resto, come ci ricorda Enia “siamo tutti figli di una traversata in barca” e non dovremmo mai dimenticarlo.

a cura di
Daniela Fabbri

Immagine da
Ufficio stampa Santarcangelo Festival

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Daniela Fabbri

Sono nata nella ridente Rèmne, Riviera Romagnola, nel 1985. Copywriter. Leggo e scrivo da sempre. Ho divorato enormi quantità di libri, ma non solo: buona forchetta, amo i racconti brevi, i viaggi lunghi, le cartoline, gli ideali e chi ci crede. Nutro un amore, profondo e viscerale, per la musica, in tutte le sue forme. Sono fermamente convinta che ogni momento della vita debba avere una colonna sonora. Potendo scegliere, vorrei che la mia esistenza fosse vissuta lentamente, come un blues, e invece sono sempre di corsa. Mi piacciono gli animali. Cani, gatti, procioni. Tutti.

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