Super Mario Bros.: il primo videogioco approdato nei cinema

Super Mario Bros.: il primo videogioco approdato nei cinema
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Super Mario Bros, il film del 1993. Il primo tentativo di traslare sul grande schermo un personaggio di successo del mondo dei videogiochi. Come ogni primo tentativo… beh…

Super Mario Bros al cinema. Quanto successo: bellezza estetica, Bowser alias Jack Black che brilla di ulteriore successo e meme propri grazie alla canzone dedicata a Peach… Ah, che bello! Ma è il VOSTRO Super Mario Bros filmico, non il mio.

Ora vi porto con me, facciamo un bel viaggio. Portatevi un cappottino, il più brutto possibile, e seguitemi nei meandri dello spazio-tempo a bodro di una Delorean formato go-kart mentre bestemmiamo allegramente evitando gusci e bucce di banana. Destinazione: 1993, alla scoperta del primo film in assoluto tratto da un videogioco. Perché se pensate che i film tratti da Street Fighter e Doom sono brutti, qui scoprirete un nuovo sentimento: l’amore per il disagio.

Le premesse per fare le cose per bene, ci sono. L’esperienza…

Super Mario Bros., a inizio anni ‘90, è uno dei pochissimi esempi di fenomeno del mondo dei videogiochi conosciuto anche al di fuori della cerchia dei brufolosi marmocchi che impugnano un joystick (all’epoca si chiamavano così) e che imparano l’ars bestemmiae a suon di salti, uccisioni e vittorie al fulmicotone. Nato nel 1981 come avversario di Donkey Kong sotto il nome di Jumpman, il baffuto idraulico di casa Nintendo che dal 1983 è conosciuto col nome di Mario è una star che supera i confini del media videoludico.

Le basi per azzardare un salto interdimensionale dal piccolo tubo catodico al grande schermo del cinema, dunque, ci sono. Le basi per rendere epocale questo passaggio, il primo esempio di videogioco traslato su pellicola cinematografica con attori in carne e ossa, anche.

L’esperienza per un balzo del genere, no.

Luigi Mario e Mario Mario orgogliosi del loro ultimo acquisto: stivaloni Cult limited edition presi su Zalando.cz a soli 23 dollari e 12 goleador

Siamo nei primissimi anni Novanta, ricordiamoci: film sui videogiochi non esistono, se non in pochissimi esempi, tra i quali il discretamente riuscito “Il piccolo grande mago dei videogames” del 1989. Caso vuole che questo lungometraggio appena citato sia un ariete, anzi, un vero e proprio cavallo di Troia sfruttato da Nintendo per lanciare… Super Mario Bros. 3.

Un risultato gradevole, interessante, con una grande risposta di pubblico se non altro per le vendite del videogioco che schizzano in alto più delle più rosee aspettative. Ma è un gioco SUI videogiochi, non TRATTO da un videogioco.

C’era una volta un idraulico cyberpunk… Eh?!

Dietro la macchina da presa vengono scelti Rocky Morton e Annabel Jankel. I due registi non sono esattamente degli sprovveduti. A livello inglese hanno creato un immaginario cyberpunk e, soprattutto, hanno collaborato per varie vie con artisti di spicco quali Talking Heads, Rush, Miles Davis, Elvis Costello e molti altri per la realizzazione di videoclip. Le premesse, dunque, non sono poi così funeree.

Immaginiamo così alcuni passaggi delle chiacchiere tra produttori cinematografici, freschi freschi di acquisizione dei diritti Nintendo, e i registi:

Produttore: “Signori, abbiamo un importante accordo con i giapponesi della Nintendo per realizzare un film su Super Mario Bros”
Rocky Morton e Annabel Jankel: “Grandioso!”
Produttore: “Sapete cos’è?”
Rocky Morton e Annabel Jankel: “No”
Produttore: “In pratica è uno coi baffi che va in giro per un mondo fantast…”
Rocky Morton e Annabel Jankel: “CYBERPUNK”
Produttore: “Ma veramente non c’entra un cavolo il cyberpunk”

Rocky Morton e Annabel Jankel: “Ah, ok. Quali sono le condizioni?”
Produttore: “Nintendo si fida di n…”
Rocky Morton e Annabel Jankel: “CYBERPUNK!”

E lì, il bivio…

Non so fino a che punto l’espressione di disappunto e disagio sia arte recitativa. Forse è reale.
“Come sono bello!” “Beh, oddio… Parliamone”

Per Super Mario Bros. – Il Film la scelta di discostarsi dall’ambientazione giocoforza cartoonesca dell’opera originaria in favore di un contesto realistico con atmosfere che strizzano l’occhio all’immaginario cyberpunk o fantascientifico, è sia pericolosa, sia affascinante. Ma la scrittura della sceneggiatura è ardua, si cancella e riscrive in continuazione. Si arriva persino a cambiare direzione in corso d’opera, fino ad arrivare a questo incipit:

“Circa 65 milioni di anni fa, un meteorite si schianta sulla Terra, uccidendo i dinosauri e dividendo l’universo in due dimensioni parallele. I dinosauri sopravvissuti entrano nella nuova dimensione ed evolvono in una razza umanoide.

Vent’anni fa (1960 circa, ndr), una donna misteriosa lascia un grande uovo, insieme a una pietra, in un orfanotrofio cattolico di New York. Mentre tenta di scappare in una galleria sotterranea, viene avvicinata dal presidente Koopa, che chiede la posizione della pietra. La donna spacca uno dei sostegni della galleria, provocando una frana, uccidendola e bloccando Koopa dal lato interno. Intanto, le suore assistono alla schiusa dell’uovo, contenente una bambina”.

Ringraziamo Wikipedia e la mia pigrizia per questo estratto

Ecco, non è frutto di acidi tutto ciò. O forse solo in parte. Fatto sta che le premesse della trama destabilizzano non poco.

“Vieni a prenderla, figlio di una lucertola!”

Dopo oltre trent’anni, non ho mai capito perché abbiano pensato che Koopa (alias il moderno Bowser) fosse un Dinosauro, quando invece è semplicemente un carapace un po’ più tamarro della media. Di dinosauri, in Super Mario Bros., c’è solo Yoshi. Che qui è una versione addomesticata di un velociraptor rapito in tenera età dall’isola di Jurassik Park e che si vede per 4 minuti scarsi.

In tutto questo, anche i Goomba, quei cosi marroncini alti quanto metà della metà della gamda di Super Mario nel videogioco, ora sono il risultato di un esperimento/punizione attuato da Koopa. Ah, sì, nella pellicola Koopa (che, ribadiamo, nei videogiochi in futuro sarà chiamato Bowser), è un uomo d’affari senza scrupoli con il vizio di avere dei geni alieni discendenti… dai dinosauri.

Capite bene perché Bob Hoskins e John Leguizamo sono “costretti” a ubriacarsi durante le riprese: Super Mario Bros. – Il Film è talmente caotico che dobbiamo aspettare il 2024 per poter apprezzare di nuovo il senso di mefistofelico smarrimento degli attori sul set (Madame Web. Chi dimentica è complice).

Il bro è un duro. Si è operato alla lingua. Oppure sta mangiando un pesce crudo…
Un cast stellare per un’implosione da nana gigante

Il cast. Un cast stellare. Bob Hoskins (qui nei panni di Mario Mario – no, non è una ripetizione) è reduce da tanti successi e film apprezzati, non è nuovo ad esperimenti strani (in “Chi ha incastrato Roger Rabbit?” ha recitato per quasi tutto il tempo con blue screen e pezzi di legno che doveva immaginare con le sembianze di Bugs Bunny, Paperino e via discorrendo), John Leguizamo (qui nei panni di Luigi Mario – capito? Mario è anche il cognome…) lavora con Brian DePalma, Dennis Hopper (il big-maddafakkah-boss Koopa) è mente o volto di film come Easy Rider, Gioventù Bruciata, Apocalypse Now, Colpo Vincente, Velluto Blu… Insomma, i coniugi Morton e Jankel non hanno reclutato esattamente gli ultimi degli stronzi.

Il risultato però è un disastro: 38 milioni di dollari guadagnati a fatica e a fronte di un budget per la sola lavorazione del film che si aggira tra i 42 e i 48 milioni. In questi calcoli non ci sono le spese di marketing e pubblicità varie.

Capite bene che il flop di critica e pubblico adulto e post adolescenziale è stato così imponente da tenere Nintendo alla larga del grande schermo per un bel po’ (la casa nipponica aveva ben altro in mente, per esempio una collaborazione altrettanto disastrosa con Philips e buttare alle ortiche una collaborazione con Sony per un aggiornamento del Super Nintendo che avrebbe permesso alla console di leggere dei Compact Disc. Nome in codice del progetto: Play Station).

Sì, Toad. Il funghetto rompicoglioni. Qui è un cantautore contro il SYst3ma.
Il ricordo che trasfigura la realtà

Il sottoscritto, però, ha un ricordo poetico nei confronti di Super Mario Bros. – Il Film. All’epoca quel bimbo biondo fissava il Grunding 32 pollici con un misto di amore e terribile sentimento da “mi deve piacere per forza, è un film su uno dei miei videogiochi preferiti”. A trent’anni di distanza, un amorevole imbarazzo pervade quello stesso bimbo biondo, ora cresciuto e con delle tempie molto ampie, segno inequivocabile di saggezza (fatemi credere sia così).

Super Mario Bros. – Il Film ha però un merito indubbio: è stato il primo esempio coraggioso di far comunicare due medium all’epoca così terribilmente diversi. Oggi è “facile” trasporre un The Last Of Us, perché alcune tipologie di videogiochi sono dei veri e propri film interattivi. Prima, solo delle avventure punta e clicca, o giochi di ruolo come Ultima potevano vantare di una trama degna di questo nome. Ma erano realtà di nicchia, che non avrebbero incontrato la curiosità del pubblico generalista. Super Mario, invece, aveva quella forza.

“La potenza è nulla senza il controllo”, diceva Ronaldo. O era la Pirelli… ad ogni modo, quel che è mancato all’epoca è stato il conoscere la sorgente, il materiale originale, così da poter trovare un pur minimo collegamento tra il Mario pixelloso e il Mario di un rassegnato, incazzato “ma le bollette devo pagarle comunque” Bob Hoskins.

Se volete, con 18 euro vi portate a casa un pezzo di storia. Brutta, ma pur sempre storia

È uno di quei film che fanno il giro, talmente brutto, mal calibrato, che non puoi non volergli bene. Un continuo WTF roboante, al quale si deve riconoscere un tentativo, seppur maldestro, di fare qualcosa di diverso. Ma quest’ultimo commento proviene dalla parte più romantica, buonista e ottimista del qui presente scribacchino. Tutti gli altri diranno che Super Mario Bros. – Il Film del 1993 è una cagata intergalattica.

Forse sono più savi di me, invero.

a cura di
Andrea Mariano

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Andrea Mariano

Andrea nasce in un non meglio precisato giorno di febbraio, in una non meglio precisata seconda metà degli Anni ’80. È stata l’unica volta che è arrivato con estremo anticipo a un appuntamento. Sin da piccolo ha avuto il pallino per la scrittura e la musica. Pallino che nel corso degli anni è diventato un pallone aerostatico di dimensioni ragguardevoli. Da qualche tempo ha creato e cura (almeno, cerca) Perle ai Porci, un podcast dove parla a vanvera di dischi e artisti da riscoprire. La musica non è tuttavia il suo unico interesse: si definisce nerd voyeur, nel senso che è appassionato di tecnologia e videogiochi, rimane aggiornato su tutto, ma le ultime console che ha avuto sono il Super Nintendo nel 1995 e il GameBoy pocket nel 1996. Ogni tanto si ricorda di essere serio. Ma tranquilli, capita di rado. Note particolari: crede di vivere ancora negli Anni ’90.

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