I Follya raccontano la rinascita nel loro album a colori

I Follya raccontano la rinascita nel loro album a colori
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I Follya presentano il loro disco omonimo, pubblicato il 3 novembre: album di rinascita che allontana i dissapori e si tinge di sfumature inedite.

Bisogna partire da zero per riscrivere la storia.

Allontanarsi per poi ritrovarsi: è questo il percorso di vita e lavorativo toccato ai Follya, gruppo musicale prima conosciuti come i Dear Jack. Gli scontri del passato sono un lontano ricordo, infatti ora governa una maturità musicale che permette alla band di esprimere al meglio il proprio messaggio artistico.

Follya è un album che aderisce al mondo reale, alle difficoltà di un periodo chiuso e asfissiante, ma che guarda al dolore con gli occhi lucidi di chi non abbandona la speranza. Le sonorità si mescolano e si muovono scaltre tra generi diversi: è il pop, però, che guida il nuovo lavoro dei FOLLYA, un pop non scontato né ripetitivo.

Possiamo parlare, piuttosto, di una linea guida che raccoglie al suo interno tante spinte diverse sia musicalmente che testualmente. Non c’è più tempo per non essere se stessi e questo i FOLLYA lo sanno bene. Per questo motivo, il loro (quasi) disco d’esordio è una vera e propria esplosione di colori e sfumature dove diversità, tenacia e amore si uniscono per dare origine ad un progetto di grande coraggio.

Questa sera e domani i FOLLYA presentano il nuovo disco in due live inediti a Roma e Milano. Intanto, la nostra redazione ha avuto l’occasione di scambiare due chiacchiere con il gruppo.

Ciao ragazzi e benvenuti su The Soundcheck! Intanto, congratulazioni per l’album. Iniziamo subito ad entrare nel vivo. Quali sono state le vostre sensazioni prima che il disco venisse rilasciato?

Grazie mille. Siamo molto soddisfatti del lavoro che abbiamo fatto dopo anni di separazioni e schiaffi in faccia. Siamo contenti anche perché è un disco che ci diverte un sacco e ci divertirà molto live. Stiamo ricevendo anche molte domande da parte dei giornalisti che si soffermano sul testo e affermano di ritrovarsi nei nostri pezzi. Abbiamo notato commenti positivi anche dal punto di vista musicale non solo da giovani ma soprattutto da persone grandi, amanti degli anni ’80. In effetti, l’album riprende in alcuni punti il sound storico di quegli anni…

Dal lato stampa, permettetemi di fare una considerazione: non posso che confermare questo atteggiamento positivo e propositivo che investe un po’ tutti gli aspetti del disco. In effetti, siete riusciti anche a livello descrittivo a raccontare e a spiegare il significato del vostro nuovo lavoro. In particolare, poi, vi siete soffermati sul senso di rinascita che “Follya” rappresenta per voi e mettete in chiaro di esservi allontanati da un periodo buio. In cosa è consistito questo periodo? Che difficoltà avete affrontato e in che modo, invece, questa rinascita si manifesta?

Ci siamo allontanati dai litigi e dai disaccordi: ovviamente siamo cresciuti e siamo persone diverse rispetto a quando avevamo vent’anni in virtù della nostra maturità anagrafica. Non abbiamo nello specifico abbandonato quel periodo poiché alcune influenze del passato ci sono tutt’ora, però siamo riusciti a trovare una chiave pop diversa rispetto a prima, con suoni inediti. Ci siamo evoluti sotto molti punti di vista ed in primis a livello musicale e testuale: ovviamente abbiamo una penna diversa nel nostro nuovo lavoro. C’è un altro modo di dire le cose e di metabolizzarle e questo ha comportato la realizzazione di un progetto altamente differente.

Quindi, è evidente come questo cambiamento di cui parlato è confluito anche linguisticamente….

Certamente! Sono successe troppe cose nel mondo, tra pandemie e guerre, per dire alcuni esempi. La realtà attorno ci ha permesso di vedere le cose sotto una nuova luce. Crescere personalmente poi ha poi un suo riscontro anche nella musica che vogliamo proporre.

Avete questa esigenza di non etichettarvi musicalmente e nell’album siete stati in grado di spaziare tra la synth wave e il punk rock… Qual è il motivo che si nasconde dietro questa scelta? Non vi basta più rientrare all’interno del termine ombrello del pop?

Il genere del disco, invece, possiamo proprio denominarlo come Pop perché si tratta di un album che è tanto radiofonico e fruibile ai più. Tuttavia, all’interno di “Follya” convivono molte più sfaccettature che, come dicevi tu stessa, si rifanno ad altri generi quali rock o alle sonorità degli anni ’80.

Pensa che a 14 anni, noi suonavamo il punk rock mentre devo ammettere (parla in prima persona Alessia Bernabei) di aver sposato negli ultimi dieci anni la synth wave e il tutto decennio degli anni ’80 anche dal punto di vista cinematografico; un genere che ha cambiato radicalmente il mio modo di vedere le cose. Tutto quello che ci piace essere, tutto quello che siamo è all’interno del disco. Se questo piace alle persone? Non lo sappiamo, saremo molto felici, certamente se il pubblico apprezzerà. Ma intanto Follya piace molto a noi.

A proposito di cinema: questo sembra avervi influenzato sia musicalmente ma anche nella ricerca estetica. Convenite con questa affermazione? Vi siete ispirati a qualcosa in particolare anche per i videoclip?

Sicuramente sì, se teniamo conto che dopo la musica la nostra passione è propio il cinema. Siamo fan di film low budget, di film d’autore ma soprattutto del periodo 80-90 che è più vicino alla nostra generazione. Amiamo anche i film di genere come “Singing in the rain” e siamo molto appassionati ai lavori di James Dean. Sì, quindi, confermo che dal punto di vista estetico ci sono molte di queste influenze. Anche nelle foto promozionali in bianco e nero abbiamo giocato con questo rapporto con la Settima Arte.

Mi viene in mente, per esempio, il colletto che io (Alessio Bernabei) indosso e quanto questo rimanda ad un immaginario associabile ai film di Tim Burton. Rientra tutto nel concept dell’album: non tutti i pezzi, però, rispecchiano questo mood. Quello che abbiamo voluto fare è creare una sorta di arcobaleno di emozioni: una vera e proprio esplosione di sensazioni che vanno a confluire nel disco. Siamo certi, comunque, che nel live il pubblico si potrà davvero divertire.

A proposito di live state preparando un tipo di spettacolo più completo magari un po’ più teatrale nella sua composizione?

La band e la sua musica sarà sempre al centro della scena, quindi non definirei i futuri live come teatrali. Però, chi verrà ai nostri concerti potrà ritrovare degli spunti tratti dal cinema sia nell’intro che negli spazi musicali o strumentali. Lo show che stiamo preparando è dinamico e non piatto: la sfida sarà riuscire a combinare tutte queste sfumature di colore nel live e attualizzare i brani del passato che continuiamo a suonare ancora adesso.

“Follya” è un disco molto aderente al reale che tratta temi di attualità come l’amore tossico, il senso di alienazione e isolamento frutto dei meccanismi di questa società moderna. Quanto è importante secondo voi che la musica abbia una voce nel contesto attuale? E, ancora, in che modo credete che la vostra musica possa influenzare i più giovani o chi si riconosce in quello che scrivete?

In un mondo fatto di tanta plastica e finzione, abbiamo voluto dire la nostra nella maniera più chiara e veritiera possibile. Quando diventiamo adulti siamo tutti un po’ soli e queste sensazioni le abbiamo messe nei nostri pezzi come per esempio in “anche basta”. Raccontiamo dell’amore tossico, di quel tipo di amore che distrugge e non costruisce. Siamo crudi e sinceri nel parlare di noi e della realtà attuale, così delicata e complessa. Ma la cosa pià interessante è che anche gli adulti, i cinquantenni per esempio possono riconoscersi nelle nostre parole, scritte da chi di anni ne ha 30. Tutti posso immedesimarsi in questo linguaggio. I giovani catturano assimilano tutto: il nostro compito è parlare chiaro.

La questione più interessante, però, è che raccontate le difficoltà anche in chiave ironica…

Esatto. Non vogliamo appesantire il tutto: è ovvio che la forma rende molto più semplice comprendere il contenuto. Per esempio il brano “tutto okkei” ha un titolo esemplificativo poiché in questa espressione è racchiusa un’ attitudine ipocrita: dire di stare bene per semplificarci la vita, ma dietro quel “tutto ok” si nasconde un mondo di difficoltà.

C’è un pezzo che non vedete l’ora di suonare live?

In verità, tutti i brani del disco sono molto divertenti quando li performiamo sul palco. Noi stiamo suonando da fan di questo lavoro e non solo in qualità di compositori di “FOLLYA”. Questa attitudine, ce ne rendiamo conto, è una cosa rara ma sopratutto è una cosa davvero bellissima.

a cura di
Noemi Didonna

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Noemi Didonna

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