“Come D’Aria” di Ada D’Adamo

“Come D’Aria” di Ada D’Adamo
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Il titolo di questo libro, Come D’Aria, è un gioco di parole che racchiude la storia di Ada e Daria, raccontata con grande amore e insieme tanta sofferenza da Ada D’Adamo.

In questo romanzo autobiografico, che ha vinto il Premio Strega 2023, Ada, rivolgendosi alla figlia disabile, parla della sua esperienza della maternità e della malattia. Racconta anche di sé stessa come donna, del suo rapporto con il corpo quando era una ballerina e poi, dopo, quando è diventato sempre più difficile da controllare. 

Ho fatto fatica ad aprire questo libro e in alcuni momenti anche ad andare avanti, ma ho deciso di continuare. In effetti il dolore traspare in ogni pagina e ti colpisce proprio come uno schiaffo ben assestato sulla faccia.  Ogni parola è ricalcata almeno due volte e lascia il segno. 

Quando hai un figlio disabile cammini al posto suo, vedi al posto suo, prendi l’ascensore perché lui non può fare le scale…Diventi le sue mani e i suoi occhi, le sue gambe e la sua bocca. Ti sostituisci al suo cervello. E a poco a poco, per gli altri, finisci con l’essere un po’ disabile pure tu: un disabile per procura.”

Daria è affetta fin dalla nascita da una disabilità molto grave, Ada scopre di avere un tumore al quarto stadio e decide di raccontare la loro storia. 

In questa vicenda il corpo è un protagonista: diventa ostacolo e crea separazione. A mano a mano che le loro malattie progrediscono i loro corpi si distanziano mentre le parole legano il tempo intrecciando passato e presente in una trama composta da tanti piccoli momenti, belli, brutti e a volte tremendi ma che, comunque, compongono questa storia e la rendono unica.

Come D’Aria: la mia esperienza di lettura
Come D'Aria

La frase che più mi ha colpito è stata questa:

“Ecco perché quando mi sono ammalata, non mi sono stupita più di tanto. Quella ferita, quella lesione sulla schiena, quel nodulo al seno erano lì da tanto tempo. Questo tumore sono io, è la mia identità. In esso mi riconosco e, finalmente, vivo”.

È come se il corpo potesse contenere già tutta la nostra storia, ogni esperienza rimane intrappolata dentro ed emerge come una ferita, una malattia, quando meno te lo aspetti. Questa lettura del corpo spaventa ma può diventare un monito che ci porta a curare quelle ferite prima che diventino malattia. 

Ma se il corpo nasce già malato?

Quello che ho pensato io, ininterrottamente, mentre leggevo è stato: ma perché la vita riesce ad essere così ingiusta? Perché se già c’è una malattia deve aggiungersene un’altra, perché tanto dolore tutto insieme? Non c’è niente da sperare, niente da pensare, solo l’attesa perché quel dolore possa finire. 

Ma la risposta non ce l’ha nessuno. Nemmeno Ada che proprio grazie alla scrittura libera quella parte di sé che non si fa più domande, quella che ha solo bisogno di far esplodere le parole per renderle visibili e ascoltabili anche da tutti coloro che non vivono la sua condizione

Ciò che ne viene fuori è un racconto che non fa sconti, che ti mette davanti agli occhi ogni dettaglio e tu non puoi più girarti dall’altra parte. 

Come D’Aria: il racconto di Ada

La scrittura di Ada D’Adamo è lucida e precisa, parla della sua quotidianità dei problemi che si incontrano quando si vive con una persona in condizione di disabilità, di quando si è ammalati, e della fatica che si fa ad esporre e a far riconoscere le proprie necessità e difficoltà in un mondo che a volte fa fatica a capire, ad ascoltare.

Ci sono poi spiragli di luce, piccole finestre aperte sulla vita scolastica di Daria, con pagine che riportano biglietti di compagni che manifestano affetto nei suoi confronti a testimonianza dell’importanza di quei piccoli gesti che a volte valgono davvero tanto.

Come D’Aria, il corpo diventa d’aria, diventa ogni persona che, come Daria e Ada, soffre e che ha bisogno di ascolto e amore. 

Questo libro lo consiglio a chi è pronto a confrontarsi con un’esperienza di lettura a tratti sconfortante e difficile che chiede attenzione e ti fa riflettere su ciò che spesso non ci soffermiamo a pensare, ma che ci riguarda tutti.

a cura di
Anna Francesca Perrone

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