“L’istruttoria” – Teatro Due, Parma – 23 aprile 2023 

“L’istruttoria” – Teatro Due, Parma – 23 aprile 2023 
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Come ogni anno, torna al Teatro Due di Parma “L’istruttoria”, lo spettacolo teatrale tratto dall’omonima opera di Peter Weiss. Questa rappresentazione, frutto dell’adattamento di Gigi Dall’Aglio, mette in scena con estrema spietatezza tutti gli orrori e le atrocità dell’Olocausto, avvenute nei Lager. 

Nel corso della mia vita ho studiato, guardato e letto di numerose vicende e avvenimenti accaduti durante la Shoah, il genocidio compiuto dalla Germania nazista ai danni degli ebrei a partire dalla seconda metà del ‘900.
Tutti noi abbiamo avuto modo di conoscere il dramma dell’Olocausto, di riviverlo e di ricordarlo ogni anno con la Giornata della Memoria, leggendo e ascoltando le testimonianze di chi quei giorni terribili li ha vissuti in prima persona, sulla sua pelle. 

Eppure nessuno di questi mi ha toccato tanto quanto la rappresentazione teatrale de L’istruttoria, a cui ho avuto il piacere di assistere lo scorso 23 aprile al Teatro Due di Parma

Questo spettacolo è ormai un appuntamento annuale fisso nel teatro della città, e ha l’importante compito di mantenere vivo il ricordo di quanto accaduto, nella speranza che nulla di tutto questo vada dimenticato. 

“L’istruttoria” 

L’istruttoria è un’opera teatrale documentaria di Peter Weiss, messa in scena per la prima volta da Gigi Dall’Aglio nel lontano 1984, con la partecipazione degli attori dell’ex Compagnia del Collettivo di Parma, facenti ora parte della Fondazione Teatro Due

La storia, messa in scena da quest’opera epocale, non è altro che una raccolta di testimonianze derivate dalle deposizioni processuali degli imputati e dei sopravvissuti al Lager, ricca di agghiaccianti dettagli e vicende personali sconcertanti, sconosciute ai più. 

Ogni racconto, ogni prova portata dinnanzi alla corte – e davanti agli occhi dello spettatore, che assiste inerme e impotente – è un passo in avanti dentro l’abisso, in quell’inferno di terrore e di morte che è il Lager.
Non a caso, gli atti in cui è suddiviso lo spettacolo sono denominati “Canti”, a simboleggiare la vera natura dei campi di concentramento e di sterminio istituiti dal governo tedesco. Luoghi all’interno dei quali tutto ciò che succedeva doveva restare segreto, nonostante la verità fosse ben visibile a tutti. 

Fonte: Fondazione Teatro Due
La struttura de “L’istruttoria”

Ciò che mi ha colpito di più, tuttavia, è stata la struttura data allo spettacolo, estremamente peculiare ed unica nel suo genere

Questa, infatti, punta a rendere lo spettatore il più partecipe possibile, collocandolo inizialmente sulla scena, a stretto contatto con gli attori e la storia che stanno raccontando. Questa vicinanza tra pubblico-attori va ad infrangere la quarta parete che divide i due mondi: il pubblico assiste alla preparazione in camerino degli interpreti, diventando poi una folla confusa all’interno della quale i testimoni cercano di confondersi e, infine, una corte, a cui il giudice, i testimoni e gli imputati si rivolgono fino alla fine dello spettacolo. 

L’intento è chiaro: coinvolgere emotivamente lo spettatore il più possibile, spingendolo ad avvicinarsi maggiormente a quanto raccontato

La componente emotiva 

Per quanto io ritenga L’istruttoria un’opera imperdibile (che mi sento di consigliare caldamente a tutti coloro che fino ad ora, per un motivo o per un altro, se lo sono perso), ammetto che partecipare a questo spettacolo è stata un’esperienza emotivamente molto forte ed intensa – e per certi versi anche difficile.

L’esperienza del Lager, nel quale lo spettatore si immerge, i racconti strazianti di orrori inimmaginabili, la descrizione di un dolore figlio del terrore e della negazione rassegnata della propria umanità, tanto grande e tanto intenso da non lasciare spazio per nient’altro.

Fonte: Fondazione Teatro Due

Gli occhi dello spettatore si riempiono di lacrime, ascoltando le parole dei testimoni chiamati alla sbarra. Un pianto silenzioso, che lascia ben presto spazio a un sentimento ulteriore, che ti lacera fin nel profondo.
L’istruttoria ti annienta, dentro.

Molte storie vengono rivelate: come quella del bambino appena nato, preso a calci per strada, o quelle degli esperimenti compiuti nel Lager sulle donne, nel tentativo di trovare un modo per impedire loro di procreare, o il racconto di uno dei primi imputati che, nonostante sapesse in cuor suo quello che stava accadendo, lo negava a sé stesso. 

“GIUDICE
Le era noto il fine
delle selezioni

IMPUTATO 13
Venimmo a saperlo
Io mi infuriai
Una volta in licenza
ne parlai a mia madre
Non voleva crederci
Non è possibile
disse
Gli uomini non bruciano
perché la carne non può bruciare”

L’istruttoria, Peter Weiss, 1967, Einaudi

Le immagini di queste testimonianze colpiscono con forza, come uno schiaffo, e rimangono impresse nella mente e nel cuore, vivide in tutta la loro crudezza.

A fine spettacolo lo spettatore rimane lì, fermo ed immobile, come annientato.
Piangi, finché non hai più lacrime da versare. Finché non subentra in te uno stato di rassegnata alienazione, simile a quello provato dai testimoni che tutti quei numeri, tutte quelle morti, le hanno vissute in prima persona, sulla loro pelle.

A fine spettacolo il pubblico esce dal teatro in silenzio, prendendosi qualche minuto per riflettere ancora su quanto visto. 

L’importanza del ricordo 

Il fine ultimo de L’istruttoria è dunque raggiunto: lasciare un segno, e scalfire, provocando una rottura, nella corazza impenetrabile dello spettatore. 

Fonte: Fondazione Teatro Due

Ricordandogli ancora una volta la fragilità e la precarietà della sua condizione. 
La feroce natura dell’animo umano, che qui si macchia della più grave di tutte le colpe: la distruzione sistematica dei propri simili. 

Nella speranza che il ricordo di ciò a cui ha appena assistito viva in lui, e non vada mai dimenticato. 

a cura di
Maria Chiara Conforti 
foto da
Fondazione Teatro Due

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Maria Chiara Conforti

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