“Io sono l’abisso”: intervista al compositore Vito Lo Re

“Io sono l’abisso”: intervista al compositore Vito Lo Re
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“Io sono l’abisso”, terzo lungometraggio del regista pugliese Donato Carrisi, ha visto la collaborazione di Vito Lo Re, compositore d’esperienza della colonna sonora del film. L’artista ci ha raccontato qualcosa di più su questa intensa esperienza

Il 27 ottobre 2022 è uscito nelle sale italiane “Io sono l’abisso“, la terza fatica cinematografica di Donato Carrisi. Per l’occasione, abbiamo intervistato Vito Lo Re, compositore e direttore d’orchestra. Il sodalizio tra Lo Re e Carrisi è di vecchia data, i due, infatti, collaborano stabilmente da più di vent’anni.

Vito Lo Re oltre ad essere direttore d’orchestra, ha composto e continua a comporre musica in diversi ambiti: teatro di scena, musica sinfonica, musical, cortometraggi, documentari, produzioni televisive ed infine cinema.

Abbiamo voluto comprendere meglio il suo modo di lavorare, la sua passione per la combinazione tra musica e cinema grazie ad una serie di domande che mettono in luce un artista completo e ricco di sfaccettature.

Ciao Vito, benvenuto su The Soundcheck! Iniziamo parlando di te. Quando e come è nato il tuo amore per la musica?

Mio nonno era un importante concertista di tromba e tre miei cugini sono musicisti professionisti; nella mia famiglia quindi la musica è stata sempre stata molto presente. Sono partito dallo studio della chitarra classica, poi della composizione finché all’università ho deciso che la musica sarebbe stata la mia professione e appena laureato mi ci sono dedicato anima e corpo.

Agli inizi della tua carriera avresti mai pensato di poter realizzare un giorno tutto ciò che hai fatto, specialmente in tanti ambiti diversi come teatro, lirica, musical ed infine cinema?

In genere i ragazzi sognano di diventare calciatori; io sognavo di diventare compositore perché ho sempre avuto il naturale impulso di scrivere musica (e anche perché a calcio ero una schiappa!).
Ricordo che da piccolissimo “suonavo” un vecchio pianoforte di mia zia un po’ come fanno tutti i bambini: premendo tasti a caso; tuttavia nella mia mente a quelle note abbinavo delle immagini di un film che esisteva solo nella mia testa e ora mi rendo conto che quelli erano i miei primi esperimenti di musica applicata.

Qual è stata, ad oggi, la tua sfida più grande? Quella che ha portato al risultato di cui più sei orgoglioso.

Potrei risponderti un po’ banalmente che la sfida più importante è quella che deve ancora arrivare, tuttavia ci sono tanti progetti a cui sono legato: la prima serata su Rai1 con Pippo Baudo, scrivere arrangiamenti per un mostro sacro come Gilberto Gil, il Teatro degli Arcimboldi sold out per il progetto sinfonico con Davide van de Sfroos e ovviamente un posto particolare hanno i lavori fatti con Donato Carrisi; specialmente il nostro primo film, “La ragazza nella nebbia”.

Com’è nato il sodalizio con Donato Carrisi? Su cosa si fonda il vostro legame artistico?

Abbiamo iniziato da ragazzi, calcando lo stesso palcoscenico teatrale. Lui stava cercando un musicista per scrivere le musiche del suo primo lavoro teatrale e ci siamo conosciuti grazie alla mia ragazza di allora. Da quel momento abbiamo collaborato a tantissimi progetti tra canzoni, musical, radio, televisione e cinema.

Come detto in precedenza, hai alle spalle una lunga carriera di direttore e compositore in ambiti molto diversi. Avendo avuto modo di spaziare dal teatro ai musical, dalla musica classica alle colonne sonore, quali sono le principali differenze nel comporre musica per prodotti così distanti tra loro?

Fondamentalmente capire il ruolo che hai su ogni singolo progetto. È ovvio che in un musical la musica sia fondamentale e tutto il progetto ruota attorno a essa. In altri ambiti – soprattutto di musica applicata – devi saper “stare al tuo posto” e metterti sempre al servizio del progetto. E per noi che abbiamo un ego ipertrofico per natura è un fantastico esercizio zen!

Che caratteristiche ha il lavoro svolto per “Io sono l’abisso”?

È stato un progetto diverso dal solito; eravamo partiti da un concept della colonna sonora decisamente più tradizionale che prevedeva l’orchestra e un posizionamento delle musiche nei punti topici, come si fa in genere. Poi però abbiamo cominciato a lavorare di sottrazione, togliendo sempre più punti musica fino a rinunciare completamente al tema principale che avevo scritto e di cui eravamo entrambi convinti.

Questo processo di sottrazione ci ha portato a una scarnificazione delle musiche culminata con la decisione di usarle solo nel finale del film. Qui devo dire che sono stato facilitato perché Donato ha talmente amato il pezzo che avevo scritto, che ha concepito, girato e montato la scena clou del film su quel pezzo che quindi ha l’onere, l’onore e la responsabilità di “reggere” l’effetto emotivo del finale del film.

Dopo tanti anni di carriera, quali sono le motivazioni che ti spingono a comporre e creare continuamente nuove melodie? Da dove deriva la tua ispirazione continua?

Non saprei, come ho detto prima è un istinto naturale che ho sempre avuto. Poi studiando ho imparato a incanalarlo verso la forma che mi serve nel singolo progetto ma scrivere musica è per me il più immediato e comodo mezzo di esprimermi. Non per niente ho una tonnellata di musica scritta ma non utilizzata nel cassetto che probabilmente lì resterà per sempre. Ogni progetto deve avere un qualcosa di appositamente scritto e non di “riciclato” da altrove. È anche una questione di etica professionale.

Dulcis in fundo, una piccola curiosità: hai qualche “rituale” fisso che metti in atto prima, durante o dopo la composizione?

Come compositore no; come direttore invece prima del concerto mi piace bighellonare in teatro e mi cambio d’abito solo tre minuti prima di andare in scena, con sommo piacere sempre degli assistenti di palcoscenico che hanno sempre paura che arrivi in ritardo.

a cura di
Simone Stefanini

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