“Jurassic World: il dominio”. Era meglio il libro

“Jurassic World: il dominio”. Era meglio il libro
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“Jurassic World: il dominio. Era meglio il libro“, direbbe qualcuno. Il film, nelle sale dal 2 giugno, mette a dura prova l’equilibrio tra finzione e realtà, tra i fan dei dinosauri e quelli, invece, che seguono la storia senza immaginare un possibile cambiamento.

Frame del film Jurassic World il regno distrutto

Partiamo dalla prima reazione che hanno avuto molti dopo aver visto il primo capitolo della trilogia di Jurassic World:

Cosa gli è saltato in mente di domare i Velociraptor? Questa cosa non si può fare, il dinosauro non può essere domato.

Abbiamo accettato la clonazione del DNA e la nascita dei dinosauri, perché limitare la visione al solo addestramento degli animali? Al circo, del resto, vanno ancora tante persone per osservare e battere le mani alla vista dell’orso bruno sulla palla che gira in tondo.

Jurassic World: la storia si ripete

Non è la prima volta che ci ritroviamo a discutere di metafore e simbolismi che riguardano la società in cui viviamo da anni, e la trilogia di Jurassic World non fa eccezione: cliché patinati o come direbbero Duccio e Ferretti sul set, “smarmella tutto“. Slanci di effusioni coronati da battute sulla falsa copia de “al mio segnale, scatenate l’inferno“; minuti e minuti di tensione, di inseguimenti e denti sempre più grandi di dinosauri non più alla portata del nostro sguardo.

Sono tante le cose che hanno fatto storcere il naso, certamente. Anche perché, è innegabile, ad oggi vorremmo vedere la realtà, qualcosa che racconti davvero come erano i dinosauri e non come avevano scelto di rappresentarli nella trilogia di Jurassic Park.

Frame del primo film Jurassic Park
Jurassic World: è meglio il libro

Senza entrare nel dettaglio della trama di questo ultimo capitolo, per non causare il solito e fastidioso spoiler, parliamo del libro. Si, esiste un libro dal quale tutto ha avuto inizio di Michael Crichton, pubblicato nel 1990, che si chiamava proprio Jurassic Park. Talmente tanto fu il successo del romanzo che nel 1993 uscì nelle sale la trasposizione cinematografica, con tutte le sue impossibilità e i suoi errori.

La scelta di non modificare, nel corso degli anni, l’aspetto dei dinosauri, deriva dal nostro bisogno di lasciarli così come li abbiamo sempre visti (anche nel documentario a puntate di Super Quark, dove Piero Angela dirigeva Il Pianeta dei Dinosauri). Serviva lasciare intatto un piccolo ricordo della nostra infanzia, dei primi disegni illustrati sui libri e delle prime immagini realizzate al computer degli anni ’90.

Anni dopo, comunque, sempre Michael Crichton pubblicò quello che conosciamo come Jurassic Park – The Lost World. In questo modo, si lavorò al sequel cinematografico partendo sempre da una storia già quasi del tutto scritta.

Colpo di scena. Arthur Conan Doyle, il padre di Sherlock Holmes, aveva scritto Il Mondo Perduto nel 1912.

Copertina del romanzo di Arthur Conan Doyle, The Lost World, pubblicato nel 1912
Jurassic World: l’origine del mito

Malone è un giornalista che sceglie di lanciarsi in un viaggio folle per far colpo sulla donna dei suoi sogni. Ha il compito di intervistare Challenger, lo zoologo che non tollera l’invadenza dei giornalisti. Gli racconta, nonostante l’avversione, di aver viaggiato in Sud America e di aver trovato dei resti relativi alla vita della Preistoria ma anche di aver trovato quella stessa epoca ancora in vita. Si avvia perciò una nuova spedizione, perché nessuno credeva a Challenger data l’assenza di prove.

Nonostante l’ennesima fuga delle prove viventi, finalmente la squadra riesce a dimostrare che le scoperte effettuate non sono frutto di un’invenzione.

Una illustrazione nel romanzo di Arthur Conan Doyle, The Lost World

Dall’uscita di questo romanzo vennero realizzati molteplici film. Quindi, in pratica, Jurassic Park, Jurassic World, Spielberg e Crichton non si sono inventati assolutamente nulla.

Jurassic World: il declino dell’uomo, Musk e la Monsanto

Da fan dei dinosauri e dei film poco accurati scientificamente, sento però il bisogno di suggerirvi la visione di questo ultimo capitolo. Come successe per Star Wars, anche qui c’è il bisogno di tornare ai vecchi eroi della prima trilogia. Anche qui c’è la necessità di utilizzare vecchie immagini che ci fanno sentire compresi e non sperduti fra bestie inesistenti, confusione storica e addestratori.

Musk, Jobs e la Monsanto vengono simbolicamente citati, così come l’esigenza di ritornare a un vago senso di ordine etico e morale. Si parla di clonazioni, di malattie che possono essere curate e di DNA mutabili per renderci quasi impossibilitati a morire, esseri resi perfetti per non affrontare nessuna sofferenza.

La visione di questo ultimo capitolo, allora, non sarà più connessa strettamente al nostro bisogno di scrivere la parola fine sulle storie che abbiamo seguito negli ultimi vent’anni, bensì sarà legata all’identificazione delle nostre azioni attraverso lo specchio di una storia fatta di uomini che cercano di dominare, di dinosauri come Dolly e di una natura che si riprende il proprio posto.

a cura di
Ylenia Del Giudice

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