Drive my car: un film che celebra la vita

Drive my car: un film che celebra la vita
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Drive my car è l’ultimo capolavoro di Hamaguchi Ryusuke. Ci permettiamo di definirlo capolavoro perchè è un film struggente che sa scavare nei sentimenti universali con uno sguardo a una nuova apertura e celebrazione della vita stessa.

Tratto da un racconto di Murakami Haruki presente nella raccolta “Uomini senza donne” il film narra la storia di Yûsuke Kafuku un attore e regista che ha perso la moglie per emorragia cerebrale e accetta di trasferirsi a Hiroshima per avviare un laboratorio teatrale. Il suo metodo di lavoro include attori che parlano lingue differenti, perfino il linguaggio dei segni. Lo spettacolo verte sul dramma Zio Vanja di Anton Checov.

Drive my car

La direzione del laboratorio impone però al regista di essere accompagnato da una giovane autista. La sua presenza discreta e accettare l’ascolto del regista su cassetta dei dialoghi teatrali per memorizzare il testo, porterà l’uomo piano piano a confidarsi con lei. Nasce così un rapporto di scambio reciproco che sfocerà nella condivisione di momenti tragici della loro vita.

Un film premiato

Drive my car ha già avuto numerosi premi (Festival di Cannes, Golden Globes, NSFC Award). Si muove con eleganza in due ambienti diversi come l’auto e il teatro. A tratti sembra un film on the road, a tratti una pièce teatrale, due ambienti che a poco a poco si sgretolano per lasciare posto a un uomo ritrovato che abbandona i sensi di colpa per accogliere gli altri. Dalle due miserie condivise dalla giovane autista e dal regista nasce una nuova consapevolezza che diventa rinnovamento della persona e viene sublimata dalle ultime parole del personaggio di Sonja, nell’opera zio Vanja:

Zio Vanja, vivremo. Vivremo una lunga, lunga fila di giorni, di lente serate: sopporteremo pazientemente le prove che il destino ci mandera; […] e quando arriverà anche per noi la nostra ora, moriremo umilmente, e di là, oltre la tomba, diremo che abbiamo sofferto, che abbiamo pianto, che la sorte è stata amara per noi, e Dio avrà pietà di noi, e io e te zio, caro zio, vedremo una vita luminosa, bella, incantevole, conosceremo la gioia, e guarderemo alle nostre disgrazie di oggi con tenerezza, con un sorriso … e riposeremo! […]

Zio Vanja

L’opera Zio Vanja di Cechov è una rappresentazione delle occasioni mancate nella vita che non sappiamo cogliere. La messa in scena è la vita del regista-protagonista prima di quel momento, la sua incapacità di accogliere e saper ascoltare gli altri. La genialità del film sta nella scelta di attori di lingua diversa che costringe lo spettatore stesso a predisporsi all’ascolto e all’attenzione (sopratutto se si tratta di linguaggio dei segni).

Se proprio dobbiamo trovare una pecca al film sta nell’eccessiva durata (circa tre ore). Il film richiede pazienza, a volte Hamaguchi Ryusuke da spazio a immagini senza audio, come a voler imprimere i sentimenti nel silenzio. Ma sopratutto (forse) è il tempo necessario per capire gli stati d’animo che il film mette in evidenza. Si ha come la sensazione che in Giappone le vicende personali vengono vissute in un tormento interiore che non porta a sbocchi e quindi il film sembra un invito a un apertura che riesce a tramutarsi anche in respiro universale.

Perchè vale la pena vederlo

Personalmente Drive my car è un film che mi ha colpito molto perchè ho attraversato episodi di vita simili al protagonista. Ma non solo, l’incomprensione di coppia che ne deriva e un trauma che rimane sempre irrisolto e sepolto dalla quotidianità e dai doveri coniugali. Consiglio la visione di questo film a tutti, primo per l’attualità e l’universalità delle vicende. In una società dove l’individualismo, l’incapacità di saper ascoltare e condividere il dolore altrui è una piaga sottile che mina i rapporti con gli altri.

Per questo Drive my car diventa un film necessario, un’opera di apertura al dialogo e all’accettazione come unica via di uscita. Un film che celebra la vita in un momento attuale che mette alla prova le nostre certezze lasciando aperta la porta alla speranza di un rinnovato cammmino di vita per tutti noi.

a cura di
Beppe Ardito

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Beppe Ardito

Da sempre la musica è stata la mia "way of life". Cantata, suonata, scritta, elemento vitale per ridare lustro a una vita mediocre. Non solo. Anche il cinema accompagna la mia vita da quando, già da bambino, mi avventuravo nelle sale cinematografiche. Cerco di scrivere, con passione e trasporto, spinto dall'eternità illusione che un mondo di bellezza è possibile.

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