Intervista ai Caveleon, tra ricerca sonora e presa di posizione

Intervista ai Caveleon, tra ricerca sonora e presa di posizione
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In occasione dell’uscita del singolo In Silence, un brano che nasce con la volontà di portare avanti il messaggio del movimento che segue la tragica morte di George Floyd, abbiamo scambiato quattro chiacchiere con i Caveleon, band milanese formata da Leo Einaudi, Giulia Vallisari, Federico Cerati e Agostino Ghetti e che per l’occasione ha collaborato con Avex.

Ciao Leo, raccontaci il momento in cui è scattata nei Caveleon la decisione di non restare in silenzio e di produrre questa canzone.

Il problema della terrificante violenza scatenata dal razzismo in America è un problema globale, il comportamento istituzionalizzato della più grande potenza ‘democratica’ rischia di diventare un modello mondiale estremamente pericoloso.

Non prendere posizione, vedendolo come un fatto lontano dalla nostra realtà, dal nostro “giardino”, o pensare che ci siano altre questioni “più importanti”, sarebbe un atto cinico e in qualche modo egoistico.

Noi pensiamo che la storia mostri come ci sono precisi istanti e luoghi, in cui la società decide di prendere una posizione netta, di sollevarsi e rompere quel filtro che ormai ci allontana e separa sempre di più dalla realtà.

Siamo musicisti, questo è il nostro lavoro, la nostra passione e il nostro modo di esprimerci. Abbiamo percepito l’ingiustizia, ci siamo sentiti coinvolti, e abbiamo reagito componendo musica.

Per noi “Black Lives Matter” non è un hashtag o una frase scritta sui social per fare tendenza; è il fuoco della protesta, da cui ognuno di noi ha il dovere di attingere, che, pur venendo da lontano, ci dà, per l’ennesima volta, la possibilità di unirci per creare una forza dirompente con l’obbiettivo comune di un reale e drastico cambiamento.

Cantare aiuta ad amplificare un messaggio come un gran eco, cosa ti auguri per queste nuove generazioni? I valori che ti hanno trasmesso genitori o esperienze di vita che ritieni imprescindibili?

Non omologarsi. Dedicarsi alla ricerca del proprio strumento di espressione e coltivarlo, liberi da qualsiasi giudizio. E’ un concetto semplice, ma sempre più difficile da attuare.

Perché hai scelto proprio Avex nella collaborazione? Avete già lavorato assieme?

Abbiamo conosciuto Avex perché anche lui faceva parte della nostra vecchia etichetta (Futurissima). Ci hanno colpito fin da subito le sue grandi doti nella scrittura, il modo in cui vive la musica e, sopra ogni cosa, la sua versatilità.

È un artista a tutto tondo e sa calarsi perfettamente in qualsiasi situazione, mettendo sempre la propria impronta riconoscibile. Abbiamo già suonato insieme dal vivo e collaborato in un brano per il nuovo album; la collaborazione per “In Silence” è nata in modo molto spontaneo.

Non è sempre facile restare uniti in una band. Il vostro progetto che portate avanti qual è e quando vi siete conosciuti? 

Il progetto Caveleon è nato in modo molto naturale. In seguito agli studi di composizione al conservatorio di Milano e varie esperienze di lavoro a Londra nella musica per cinema, ho cominciato la scrittura dei primi brani che poi sarebbero andati a far parte del nostro EP di esordio.

Così ho iniziato a suonarli nel mio seminterrato insieme ad Agostino, con cui sono legato da un’amicizia di lunga data, che ci ha portati spesso a collaborare e a condividere i nostri gusti e la passione per la musica.

La sua formazione da autodidatta e le diverse esperienze nella scena musicale milanese, spaziando dal rock classico al post-punk, gli hanno permesso di ricercare e creare un kit di batteria molto particolare che rende il suo stile immediatamente riconoscibile.

Federico si è aggiunto poco tempo dopo. La sua grande passione per il mondo dei software musicali, dei sintetizzatori, sia analogici che digitali, e della musica per immagine, oltre alle esperienze in vari studi di registrazione, erano perfetti per completare il nostro mondo sonoro.

Abbiamo scoperto Giulia mentre eravamo in studio di registrazione ad ascoltare le prime demo delle nostre nuove canzoni. Dopo il suo percorso di formazione nel canto Jazz, aveva fondato nel 2013 il progetto “Jenny Penny Full”, con cui ha preso parte a tour in tutta Italia e in Europa. Il caso vuole che in quel momento fosse libera. L’abbiamo chiamata subito, ci siamo visti il giorno dopo e così è nato Caveleon.

La sfida che ci ha affascinato fin da subito è stata di cercare di unire i nostri background musicali e i nostri percorsi, mantenendo ognuno la propria identità, ricercando una chiave per trovare un punto di incontro che ci rispecchiasse come un insieme.

Ci sentiamo in costante evoluzione e sempre in bilico, senza però aver paura di uscire dal nucleo che siamo riusciti a creare. Questo lascia grande spazio alla creatività e al divertimento.

Ascolta altro dei Caveleon
C’è un album in vista? I testi si concentreranno su temi sociali o ci puoi dire altro?

Dopo quasi due anni di intenso lavoro, possiamo dire che il disco è pronto! A ottobre 2019 siamo andati per due mesi in “ritiro” nella casa di campagna di Leo. Abbiamo avuto il tempo di dedicarci con calma alla ricerca sonora che avevamo bene in mente, divertendoci anche a sperimentare durante la fase di registrazione.

Abbiamo fatto il mix a Bristol e siamo tornati in Italia esattamente il giorno prima del lockdown. Sicuramente l’album affonda le sue radici dentro al nostro primo EP Caveleon, ma siamo più liberi dal giudizio e abbiamo un bagaglio di esperienza che ci ha permesso di avere una grande evoluzione, sia nel sound, che nella scrittura.

In questo momento siamo alla ricerca di una nuova etichetta, vorremmo ampliare i nostri orizzonti anche verso l’estero. Sappiamo che, visto il momento, bisognerà avere molta pazienza, ma siamo molto fiduciosi e non vediamo l’ora di portare il nuovo disco in tour.

Non posso non chiederti come hai vissuto i mesi di quarantena e cosa ti porterai dietro di questo periodo…

Ci portiamo dietro tanti insegnamenti da questo periodo, ci ha permesso di capire quali siano le priorità reali. Svegliarsi ogni giorno con il pensiero di affrontare e vivere una condizione, non dal punto di vista del singolo, ma da quello di un’intera popolazione, probabilmente ci ha aiutati a costruire un senso di comunità e supporto che prima facevamo fatica a percepire.

Uscire di casa e vedere Milano deserta ci dava un senso di smarrimento, ma, allo stesso tempo, eravamo rapiti dalla bellezza di un mondo silenzioso, privo della solita caoticità insensata, in cui a volte si riusciva addirittura a respirare aria di montagna. A volte ci capita di sentirne la mancanza. Crediamo che tutti abbiano imparato qualcosa e speriamo che con il tempo questo ci porti ad un miglioramento sotto tutti i punti di vista. 

Ci mancano i live, il tour, il contatto con le altre persone, dare vita ai nostri brani. Il live è la nostra dimensione. In questo momento è difficile capire cosa succederà, sembra che qualcosa stia cominciando a muoversi, ma la strada verso la normalità sembra ancora molto lontana. Non crediamo in un futuro della musica live fatta di streaming e di concerti online.

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