Perché dobbiamo gioire del ritorno del My Chemical Romance
La reunion dei My Chemical Romance è diventata realtà da diverse settimane
Già saliti sui palchi degli Stati Uniti con un concerto-evento a Los Angeles prima di Natale, il ritorno in Europa è stato sancito da una serie di serate in Regno Unito all’anfiteatro di Milton Keynes e con una serie di tappe in giro per l’Europa.
Tra queste, una data italiana che si terrà il 4 luglio prossimo all’interno del Bologna Sonic Park dell’Arena Joe Strummer.
Una band che, pur vantando una discografia di soli quattro studio album, ha inevitabilmente lasciato il segno nella musica contemporanea.
Almeno tre grandi dischi, tra i quali svetta almeno un capolavoro universalmente riconosciuto.
Il ritorno dopo sei anni di assenza
Di ritorno della band di Gerard Way se ne parla già da pochi secondi dopo l’annuncio della separazione avvenuta nel 2013. Appena subito dopo la pubblicazione di quel Conventional Weapons.
Quest’ultimo, con il rilascio settimanale di dieci inediti suddivisi in cinque coppie, ha anticipato la tendenza dei lanci di singoli che ormai spopola negli ultimi anni.
Da questo punto di vista, i My Chemical Romance si sono confermati una band con una chiara visione della propria opera, figlia dei grandi totem del rock.
Più di quanto si potesse intuire dal debutto I Brought You My Bullets, You Brought Me Your Love che, quello sì, era figlio di un ben preciso periodo storico e di un movimento musicale, quello emo e post-hardcore, contemporaneo.
Un disco d’esordio che permise loro comunque di ottenere un consistente seguito nella scena di riferimento.
Il botto di Helena
È con il lavoro successivo che il gruppo esplode letteralmente, mostrando i semi di quanto poi svilupperanno i progetti futuri.
Con Three Cheers For Sweet Revenge infatti dimostrano di essere il tipo di gruppo che stravolge la propria immagine in funzione del disco pubblicato.
Pur mantenendo ancora un certo attaccamento sonoro al primo lavoro, il look diventa ben definito, con camicia e pantaloni neri ed una vistosa cravatta nera che caratterizza il vestiario dei componenti, con Gerard Way che si presenta davanti alla stampa e sul palco con un vistoso eyeliner nero.
Proprio Gerard Way porta nella matrice della band la sua altra grande passione, quel mondo dei fumetti che è stato anche il suo impiego principale prima di diventare famoso con la band.
Il tour promozionale diventa a questo punto una vera e propria continuazione di quanto fatto su disco e, come confermato dalla stessa band, la sua prima canzone Helena si collega idealmente a quella Demolition Lovers che chiude il loro debutto.
Ed è il video di Helena che ci ha fatto scoprire che dietro i My Chemical Romance c’è autentico talento e non solo dei ragazzi che cavalcano la moda emo e dark del periodo.
La clip del singolo è un vero e proprio capolavoro artistico perfettamente studiato a livello di sceneggiatura e di recitazione, che vede la band protagonista in un funerale.
Qui emerge soprattutto un segmento tra i più toccanti dei video contemporanei. Quello nel quale il ballo sguardo in camera del cadavere (la ballerina Tracy Phillips) si chiude con una sua caduta sulla bara e la successiva marcia funebre.
Forse anche volontariamente, un segnale dal futuro.
Il The Wall della nostra epoca
Sì, perché il successivo The Black Parade è quel disco che consegna i My Chemical Romance nell’Olimpo delle band che hanno lasciato un segno nella storia della musica.
Anche questa volta il gruppo stravolge il suo look, mutando anche la loro natura stessa e diventando i The Black Parade. Un gruppo che nel look sembra una versione dark dei Beatles di Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band.
Molto forti ed impegnative anche le tematiche trattate all’interno del concept album. Un lavoro che racconta il percorso verso il decesso di un giovane paziente che rivive i suoi ricordi, con quella “marching band” che è la personificazione della morte.
Un disco passato per molti sottogamba e da tanti criticato…
Perché pubblicato da una band che ha avuto la grande sfortuna di essere sempre stata etichettata in maniera errata o comunque riduttiva.
In realtà, anche già da un primo ascolto, in The Black Parade emergono tutte quelle influenze che ancorano il gruppo più alla tradizione degli anni Settanta che a quella del Terzo Millennio.
The Black Parade è una rock opera ben ancorata al suo anno di uscita, il 2006. Prende a man bassa ispirazione da gruppi come Queen, David Bowie e Pink Floyd, sia dal punto di vista artistico sia da quello dello show proposto sul palco.
The Black Parade può essere considerato tranquillamente il The Wall della nostra epoca. Ciò non è una boutade da articolista web per acchiappare qualche view, ma quello che emerge da un ascolto approfondito.
Chi non ha sentito già dal primo ascolto lo spettro di Roger Waters aleggiare su Mama?
Insieme ad un ascolto approfondito è necessario anche uno studio, alla portata di tutti grazie anche a strumenti come YouTube, di ciò che la band è stata in quella precisa fase storica.
Un album che vanta fan anche insospettabili, ultimo della lista il chitarrista degli Slayer e degli Exodus Gary Holt.
Con la promozione di The Black Parade i My Chemical Romance diventano anche sul palco un’altra band, come lo furono i Pink Floyd ai tempi della promozione di The Wall, piegando arte e concept live in funzione del disco.
L’intero tour diventa infatti una piéce teatrale che vedrà la band immedesimarsi nei propri alter ego per una grande fetta del concerto e inscenando dei segmenti del concept. Ad esempio: Gerard Way che su The End interpreta il paziente protagonista del disco.
Un tour ambizioso e clamoroso, ma toccato anche da numerose sfortune, come gli imprevisti familiari o gli infortuni che hanno indirettamente caratterizzato l’intero tour.
Dal nero di The Black Parade al colore di Danger Days
“Oggi la nostra preoccupazione è quella di salire sul palco e divertirci! La cosa importante per un artista è quella di non fossilizzarsi su una proposta, altrimenti rischi di morire”.
In passato ebbi l’occasione di intervistare la band prima del loro concerto al Palasharp. Questa frase di Gerard Way, secondo me, riassume perfettamente la spiegazione per la pubblicazione dell’ultimo lavoro Danger Days: The True Lives Of The Fabulous Killjoys.
Un disco di grande rottura rispetto al precedenteche, pur mantenendo la scelta di un concept album, si discosta dal punto di vista dell’immagine e dei suoni.
Danger Days è una vera e propria esplosione di colori
Una storia che sembra voler depressurizzare la band dopo un’intera tournée basata su un concerto statico e teatrale.
I My Chemical Romance qui si divertono, diventano più elettronici e sotto certi punti di vista anche più pop e psichedelici.
Rispetto al passato, grazie anche agli alter ego Killjoys,i testi diventano anche più politici, criticando il consumismo ed il conformismo, da sconfiggere a botte di colori e di ritornelli che entrano in testa al primo ascolto.
Un disco che di fatto conferma il talento innato dei My Chemical Romance ma al quale sono collegati gli ultimi ricordi della band in Italia.
Danger Daysnon riscosse infatti un grande successo dalle nostre parti. Al punto che il loro ultimo show da headliner al Palasharp fu un’autentica delusione dal punto di vista delle affluenze. I presenti ricorderanno buona parte delle tribune del palazzetto coperte.
Ma ben più ignobile fu il pubblico nella loro ultima calata italiana…
La band fu tra i piatti principali del Sonisphere di Imola che, a distanza di anni, rimane uno dei festival più incredibili passati dalle nostre parti nel Terzo Millennio.
Uno show fischiato la cui unica colpa è stata quella di avere luogo prima dei Linkin Park che, guardando il concerto dal backstage, volevano dare omaggio a modo loro a dei colleghi.
L’esito del concerto di Bologna, le cui prevendite inizieranno tra poche ore, è incerto. Sarà un successo? Sarà un flop?
Personalmente non mi sbilancio ma, visto il successo delle altre date e il percorso di una band che è stata ampiamente rivalutata negli anni, io mi prendo largo.
Il biglietto lo comprerò tra poche ore, all’apertura delle prevendite!
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A cura di
Nicola Lucchetta
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