Quattro chiacchiere con i Dena Barrett

Quattro chiacchiere con i Dena Barrett
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Quattro ragazzi da Viareggio, città che li ha cresciuti anche artisticamente.

Tutti con già alle spalle una storia fatta di dischi e concerti con altri progetti, ma nel 2020 decidono di scriverne una loro personale, sotto un unico nome: Dena Barrett, una storpiatura del nome del personaggio interpretato da Sigourney Weaver in Gosthbusters, in omaggio alla forte passione comune per i film anni ’80. Per sentirsi una persona sola, una singola entità. Insieme al produttore Andrea Pachetti (prod. Emma Nolde, Zen Circus) hanno da poco realizzato il loro primo album. È lì, è nascosto, ma finalmente pronto ad uscire allo scoperto. Intanto, noi gli abbiamo fatto qualche domanda sul loro secondo singolo, “Vorrei farmi esplodere la faccia”: ecco cosa ci hanno detto.

Bentrovati Dena Barrett, un esordio poche settimane fa e ora già un nuovo singolo. State bruciando le tappe: cosa bolle in pentola?

A noi sembra invece tutto lentissimo. Abbiamo finito di lavorare al disco un anno e mezzo fa e non vediamo l’ora che esca fuori tutto intero. Questi primi due singoli ci hanno fatto tirare un bel sospiro di sollievo, uscire da un’attesa così lunga è sempre molto bello. Quindi ecco, in pentola ha bollito il nostro primo disco, ora va servito.

Raccontateci un po’ di voi: da dove parte il progetto, e da quanto tempo state lavorando al tutto?

Abbiamo deciso di creare il progetto alla fine del 2019. Io (Tommaso) avevo alcuni brani scritti e ho proposto ad Elia di lavorarci insieme. Ci siamo subito trovati bene e abbiamo capito che la dimensione migliore per noi e per i brani era quella della band. Così a noi si sono aggiunti Michel e Marco, iniziando un percorso di amicizia e di creazione che ogni giorno ci stimola sempre di più.

Avete esordito con “Halloween”, mettendo in luce una certa propensione all’invettiva: quali sono le cose che più delle altre vi fanno arrabbiare?

Molte cose e diverse per ciascuno di noi quattro. Una che ci accomuna è sicuramente quella che abbiamo espresso nel primo singolo, ovvero il fatto di sentirsi inermi di fronte ad alcune situazioni che sembrano sormontarci, come il rapporto tra un quasi trentenne e la ricerca di un lavoro stabile e soddisfacente, che sembra un’impresa impossibile. Ma non abbiamo solo la rabbia da offrire, tranquilli.

“Vorrei farmi esplodere la faccia” conferma l’attitudine dinamitarda tendendo il filo rosso che dal precedente singolo sembra condurre ad un disco d’esordio. Come nasce il brano?

Vorrei farmi esplodere la faccia nasce da un audio che mi ha mandato Tommi e che io (Marco, bassista) ho rielaborato in mansarda con una chitarra classica vecchia e senza 4 corde, infatti ne bastavano due. Più che esplosioni e dinamiti, vorrei è sinonimo di energia pura dovuta da stress che ti trascina e ti strapazza in qua e in là senza mai fermarti. In studio siamo riusciti a dargli una forma più rotonda, ma di per sé il pezzo ha rispettato la sua natura punk.

Distruzione è sempre una forma di creazione? Perché la canzone sembra comunque parlare anche di questo…

Indubbiamente. Per passare da una situazione che ci tiene sotto scacco (come, ad esempio, una relazione tossica) alla liberazione da essa, serve un gesto forte, uno sforzo che raramente abbiamo mai fatto prima, che permetta di cancellare ciò che siamo stati e rinascere.

Come ci si salva da queste “facce” che abbiamo, e che spesso “ci fanno pena”?

Non facendole davvero esplodere. Una volta presa consapevolezza che quello che siamo o che vediamo dentro a uno specchio non ci piace, allora forse, si può arrivare a una reazione. In questo nostro brano abbiamo voluto raccontare questo momento. Un urlo liberatorio dopo la fine di qualcosa che ci ha tenuti intrappolati in un corpo e in una mente che non era la nostra.

a cura di
Redazione

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