Dogman – la recensione in anteprima del nuovo film di Luc Besson! 

Dogman – la recensione in anteprima del nuovo film di Luc Besson! 
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In uscita oggi giovedì 12 ottobre al Cinema, “Dogman”, il nuovo film di Luc Besson con protagonisti Caleb Landry Jones, Jojo T. Gibbs, Christopher Denham, Clemens Schick, John Charles Aguilar e Grace Palma. Distribuito da Lucky Red, il film è stato presentato alla 80ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica a Venezia, dove ha riscosso un notevole successo.

“Dovunque ci sia un infelice, Dio invia un cane”.
È questa la frase di apertura di Dogman, l’ultimo film di Luc Besson, al cinema da oggi 12 ottobre. 

Una pellicola cupa e drammatica che racconta la storia di Douglas, un uomo dal passato oscuro la cui esistenza nasconde un singolare mistero: l’intenso rapporto che lo lega ai suoi “figli”, un branco di cani che rappresenta a tutti gli effetti la sua vera famiglia. 

Interrogato dalla psicologa Evelyn nella prigione dov’è detenuto, l’uomo racconterà alla donna e al pubblico la sua toccante vicenda, ripercorrendo con la memoria gli episodi più dolorosi del suo passato. 

La storia di Douglas, tra violenza e tragedia 

Uno degli elementi più interessanti di Dogman è sicuramente la storia di Douglas che, fin da giovanissimo, ha dovuto saggiare sulla sua pelle la violenza e le brutture di un mondo senza pietà, che colpisce senza guardare in faccia nessuno. 

Douglas si racconta con una calma e una lucidità sconcertante: i continui gesti di violenza di un padre disturbato, la segregazione in una gabbia assieme ad un branco di cani, che il ragazzo ammette di amare più della sua stessa famiglia. Poi, il drammatico incidente, a cui segue la condanna a vita su una sedia a rotelle. Gli assistenti sociali, con il passaggio da una comunità all’altra. 

“L’idea mi è venuta leggendo un articolo su una famiglia francese che aveva rinchiuso il proprio figlio in una gabbia quando aveva cinque anni. Così mi sono chiesto che vita può avere oggi questo ragazzo dopo tutto quello che gli è capitato. Cosa mai può diventare? Ho provato ad immaginare la sua vita e ho cominciato a scrivere una sceneggiatura credibile”.

Luc Besson

Ogni evento, ogni torto ingiustamente subito, porta il ragazzo ad estraniarsi sempre di più dal mondo e a rifiutare ogni legame con i propri simili, rifugiandosi nell’affetto delle sole creature che egli ritiene possano amarlo realmente, in modo totalmente puro e disinteressato: i suoi cani. 

Vivendo con loro fin da bambino, Douglas sviluppa infatti una connessione speciale con questi animali, arrivando a farsi capire e a capirli, comunicando con loro.
Una capacità rara, nata dal profondo amore che lo lega alle creature – la sua vera famiglia! Un dono che non tarderà ad usare, come forma di risarcimento per quello che la vita gli ha sempre negato e che Dogman è invece convinto gli spetti di diritto. 

Il reietto 

Luc Besson ci fornisce quindi il ritratto di un uomo estremamente solo che, dopo aver reciso ogni rapporto umano, decide di vendicarsi sulla società che lo ha escluso ed etichettato per lungo tempo. 

“Il mondo reale non ha fatto altro che respingermi. Io mi sono adattato.”

Douglas

Dopo Joker, torna sul grande schermo un nuovo personaggio, emblema dell’emarginato per eccellenza: colui che, dopo aver a lungo sofferto, si distacca dal mondo, arrivando a rinnegare perfino la sua appartenenza alla razza umana. 

Come per il personaggio di Phoenix, la vita di Douglas procede lenta, segnata da una violenza brutale e dal rifiuto costante da parte di tutti quelli che lo circondano. 

Il dolore che ne deriva è intenso e incurabile: una ferita che non si rimargina, l’atroce urlo di una creatura solitaria. Per sopravvivere al mondo, Dogman si reinventa, assumendo nuove identità, maschere, colori: drag queen il venerdì notte; ladro, criminale e paladino degli oppressi il resto del tempo. 

Douglas inizia così la sua doppia vita, indossando costantemente una maschera dietro la quale si cela un uomo afflitto da un profondo dramma esistenziale.

Quello di un individuo che non sa più chi è.
O che, forse, non lo ha mai saputo. 

“Mi sono sempre piaciuti i travestimenti. È questo che fai, se non sai bene chi sei, giusto? Ti travesti, ti inventi un passato, dimentichi il tuo.”

Douglas

La prova attoriale di Caleb Landry Jones

Uno dei principali pregi della pellicola è rappresentato, inoltre, dall’alta performance attoriale offertaci dall’intero cast. 

Prima tra tutti quella di Caleb Landry Jones, che dà piena voce a Dogman, interpretando magnificamente il suo dramma vitale. 

Dapprima lucido e controllato nel racconto della sua infanzia, il personaggio di Jones inizia man mano ad aprirsi con la psicologa, diventando sempre più emotivo. 

La recitazione si fa progressivamente più passionale, toccando corde sempre più profonde mentre la storia di Douglas entra nel vivo. 

L’INTERPRETAZIONE DI CALEB LANDRY JONES

Nel corso del film, Jones si destreggia abilmente davanti alla macchina da presa, passando, con il suo sguardo magnetico, da uno stato emotivo ad un altro.
Rabbia, tristezza, dolore, amore: perfettamente credibile in ognuno di essi. L’attore riesce a donare al suo personaggio un’intensità e un trasporto tali da rapire completamente lo sguardo del pubblico. 

Quest’ultimo assiste ammaliato alla sua prima performance drag come Edith Piaf, sulle note travolgenti di La Foule, interpretato dall’artista con pathos ed emozione crescenti, tra la folla commossa del night club. 

Un film senza identità 

Nel turbinio degli eventi che si susseguono frenetici sullo schermo, tra lacrime, risate, dolore, commozione e divertimento, una domanda si fa largo, spontanea, nella mente dello spettatore: che cos’è il “Dogman” di Luc Besson? 

Durante la proiezione, infatti, il film si avvale di numerosi linguaggi, passando da toni più cupi ad altri decisamente più divertenti, prendendo più volte direzioni differenti. 

La stessa esperienza di vita di Douglas, che inizia ad interpretare, nel corso della sua esistenza, una gran varietà di ruoli senza mai cristallizzarsi in una forma definita, è emblema di un film privo di una vera e propria identità. 

Un film che mischia le carte continuamente, lasciando lo spettatore col fiato sospeso a chiedersi ripetutamente cosa capiterà dopo.
Una pellicola che – forse – aspira ad essere un po’ troppe cose, e nel farlo perde il filo.

Un film che si spoglia di qualsiasi giudizio etico e non sembra intenzionato a lasciare dietro di sé alcun reale messaggio morale, volendosi forse semplicemente raccontare. 

Volendosi forse limitare al racconto di una bella storia. 

Dogman è questo: una storia accattivante, in grado di tenere il pubblico incollato allo schermo, ma, come il suo omonimo protagonista, totalmente privo di una sua distinta identità. 

a cura di
Maria Chiara Conforti 

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