La maternità surrogata come reato universale

La maternità surrogata come reato universale
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Il 19 giugno 2023 approderà alla Camera il testo di legge n. 306. La proposta di legge della maggioranza mira a rendere la maternità surrogata reato universale, ovvero un reato grave al punto d’essere perseguibile in Italia anche quando commesso all’estero.

Poche settimane fa, la ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità, Eugenia Maria Roccella, è stata duramente contestata da un gruppo di attivisti di Extinction Rebellion e Non una di meno al Salone del Libro, Torino, dove avrebbe dovuto presentare il suo Una famiglia radicale.

Ai manifestanti che urlavano slogan, la ministra ha detto: “Lottate contro l’utero in affitto insieme a noi, contro la mercificazione del corpo delle donne, lottate contro un mercato razzista dove i figli delle donne nere costano meno di quelle bianche”.

È chiara la posizione della ministra e del governo, ostili con determinazione alla pratica della gestazione per altri. Il 19 giugno, infatti, verrà discussa alla Camera la proposta di legge sulla maternità surrogata.

Il progetto di legge prevede punizioni severe per quelli che raggiungono la condizione di genitorialità attraverso la pratica del cosiddetto utero in affitto, anche se all’estero. Di fatto, la maternità surrogata è vietata in Italia sin dal 2005: la novità del testo sta nell’aggiunta di un emendamento, già approvato in Commissione di Giustizia, che sancisce il perseguimento di chi ricorre alla maternità surrogata in qualsiasi altro paese.

In sostanza, la proposta di legge n. 306, se approvata, renderebbe la gestazione per altri un “reato universale”, illegale anche se compiuto all’estero, e anche se la condotta risultasse legittima e regolamentata dalla legge straniera.

Cos’è la maternità surrogata

La surrogazione di maternità è una forma di procreazione assistita. Consente di scomporre il processo procreativo in varie fasi, affidando ognuna a un soggetto diverso, tutti legati da un contratto. Nella sua versione più nota e discussa, è una donna (definita madre naturale o madre surrogatagestante per altri) che provvede alla gestazione per conto di una o più persone, ovvero i futuri genitori del nascituro.

Una donna, dunque, fornisce l’ovocita, un uomo lo sperma, e un’altra donna, la gestante, il proprio utero, che ospiterà gli embrioni creati in laboratorio.

Il contratto tra futuri genitori e gestante definisce ogni fase del procedimento, le responsabilità e i doveri di ogni soggetto, e anche la remunerazione spettante alla madre surrogata. Esisterebbe pure una differenza tra Gpa (gestazione per altri) altruistica e Gpa commerciale. Nel primo caso, quello della gestazione altruistica, non sarebbe previsto un contributo pecuniario per la gestante. Ma la distinzione è complessa perché il terreno diventa scivoloso nel tentativo di differenziare i concetti di rimborso e remunerazione, lavoro e dono.

La surrogazione di maternità prevede, dunque, che una donna porti a termine una gravidanza senza rivendicare alcun diritto di genitorialità sul figlio che partorirà, accogliendo un embrione generato su iniziativa di single o coppie (eterosessuali o omosessuali) che non possono avere figli naturalmente e adotteranno il bambino o la bambina dopo la nascita.

Ricorrono alla Gpa prevalentemente coppie eterosessuali con problemi di fertilità, ma lo fanno anche coppie di uomini, e più raramente coppie di donne.

In alcuni paesi, la gestazione per altri è legale. Ad esempio, è consentita a titolo gratuito in Australia, Belgio, Canada, Danimarca, Grecia, Israele, Regno Unito. È invece consentita la gestazione per altri retribuita in Russia, Stati Uniti (Arkansas, California, Florida, Illinois, Texas, Massachusetts, Vermont), Sudafrica, India, Thailandia, Ucraina.

In Italia

In Italia la Gpa è vietata dalla legge 40 del 2004, approvata durante il secondo governo Berlusconi, tra le più restrittive d’Europa. La legge regolamenta il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita e consente solo a coppie sterili o infertili con componenti maggiorenni, di sesso diverso e coniugati o conviventi in età potenzialmente fertile, di ricorrere alla gravidanza assistita.

Ha subito varie modifiche nel corso degli anni perché risultava fortemente limitante per le coppie che volessero ricorrervi. Oggi, molti divieti contenuti nella stesura originale della legge non esistono più. Resta, però, ancora vietata la procreazione assistita per le coppie omosessuali, così come le pratiche di maternità surrogata.

In conseguenza all’approvazione della legge n. 306 risulterebbe allora un inasprimento della pena, ma anche un’apertura a diversi dubbi di natura giuridica. La proposta di legge rappresenterebbe infatti un’eccezione al principio di territorialità, disciplinato dall’art. 6 del Codice penale, che punisce secondo la legge italiana chiunque commetta reato nel territorio dello Stato.

Si scontrerebbe poi con il principio della doppia incriminazione, per cui una condotta punita dalla legge italiana sarebbe perseguibile anche all’estero, a condizione che la stessa sia punita anche ai sensi della legge straniera. Cosa ne è di chi ricorre alla gestazione per altri in Paesi che la ammettono e la regolamentano?  

Chi perde

La pratica della gestazione per altri resta insidiosa e complessa, apre a domande di natura morale, innesca discussioni sul corpo delle donne, la sacralità della gestazione, la mercificazione dei corpi, il desiderio di genitorialità, i limiti etici di utilizzo della scienza. La questione è complessa al punto che anche dentro al movimento femminista si levano insieme voci favorevoli e convintamente contrarie. In questi giorni, infatti, molte associazioni femministe hanno sostenuto la proposta di legge del Governo Meloni.

Ad ogni modo, l’approvazione della legge sortirebbe, tra gli effetti, quello di peggiorare le condizioni dei minori già nati attraverso la pratica della Gpa. La legge n. 306, se approvata, condurrebbe alla precarizzazione della loro condizione esistenziale, una condizione già precaria, soprattutto nel caso dei figli adottati da famiglie omogenitoriali.

Già con una circolare del 19 gennaio, il Ministero dell’Interno ricordava che la Cassazione aveva indicato lo stop alle trascrizioni dei certificati dei figli di due padri nati all’estero con maternità surrogata. Conseguiva l’azione della prefettura di Milano che chiedeva al sindaco della città, Beppe Sala, di interrompere il riconoscimento alla nascita dei figli delle coppie Lgbt.

L’impressione è che il governo Meloni, quando impegnato a combattere pratiche come quella della surrogazione di maternità, abbia in mente precisi segmenti sociali, minoritari e discriminati, contro cui voglia più forte concretizzare il disaccordo: tutta la comunità lgbtq+.

È notizia di questi giorni di giugno, infatti, mese dedicato ai diritti lgbtq+, cosiddetto Pride Month, che la Regione Lazio abbia revocato il patrocinio al Roma Pride perché la giunta regionale non intende sostenere manifestazioni che promuovano “la pratica dell’utero in affitto”.

a cura di
Federica Valzani

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