Con “Tienimi la mano, Diva!” Amalfitano ci canta la sensuale ferocia dei sentimenti

Con “Tienimi la mano, Diva!” Amalfitano ci canta la sensuale ferocia dei sentimenti
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Il secondo disco solista del leader dei Joe Victor esplora in lungo e in largo il lato più demoniaco della bellezza e dell’amore

Nuova musica per Amalfitano, leader dei Joe Victor, che a due anni di distanza da “Il Disco di Palermo”, il suo album d’esordio, continua il proprio percorso solista con “Tienimi la mano, Diva!“.

Otto tracce nelle quali l’artista nato e cresciuto sull’asse Roma-Cortina d’Ampezzo ci mostra il lato più mistico e maledettamente seducente dell’amore. Un concetto complesso, sfaccettato e troppo spesso abusato dalle persone, definito dallo stesso Amalfitano con le seguenti parole:

Un luogo simile a un insieme di emozioni fuori misura, dove tutto il resto sono solo scuse della gente

Amalfitano

Con questa sua nuova avventura solista, il leader dei Joe Victor celebra infatti l’amore nella sua forma più pagana e spirituale, specchio dell’altrettanto seducente ideale della bellezza, evocato nel corso dei secoli da poeti, scrittori e cantanti attraverso l’intervento delle muse.

Questo vero e proprio aiuto divino è stato chiesto da Amalfitano per superare i lunghi mesi del lockdown, periodo durante il quale questo suo secondo disco è stato concepito: una recente e traumatica parentesi delle nostre esistenze durante la quale l’arte (la musica soprattutto) ha subito la coatta solitudine imposta dalla pandemia.

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Amalfitano, “Tienimi la mano, Diva!” (2024)

Oltre alla richiesta di “essere posseduto” da uno spirito attraverso cui riverberare la propria essenza di artista fuori dagli schemi, in grado di mescolare con assoluta libertà cantautorato italiano, funk e rock anglo-americano degli anni ’60 e ’70, l’artista romano è stato aiutato nella lavorazione di “Tienimi la mano, Diva!” da due veterani del panorama musicale nostrano.

Nell’ultima fatica di Amalfitano c’è infatti lo zampino di due professionisti del calibro di Ivan A. Rossi (che ha curato la registrazione e il miraggio di album come “Completamente Sold Out” dei Thegiornalisti e “Megamemoria” di Levante”) e Francesco Bianconi dei Baustelle, che oltre a produrre il disco ha prestato la propria voce in due tracce: “Fosforo” e “Tenerezza”.

Ciao Gabriele. È un piacere averti qui a The Soundcheck. “Tienimi la mano, Diva!” è un disco dedicato all’apice dei vent’anni, all’invidia dei trenta e alla nausea dei quaranta. Un modo elegante per dire quanto invecchiare faccia schifo?

In realtà è un modo per dire come di solito si vede questo andare avanti con l’età, i vent’anni passano come un lampo, a trenta hai invidia dei venti, e sempre a trenta ti da la nausea pensare ai tuoi quaranta, perché pensi che niente ti possa più stupire. È comunque la frase di un trentenne, che per tanti della mia generazione è un momento duro, fatto di ansie e sogni infranti, ma sempre con una grandissima voglia di vivere. In ogni caso credo non debba essere così per forza, magari più si va avanti e meglio si potranno capire molte cose, o vedere il mondo in maniera diversa.

Il titolo dell’album sembra tratto dai film un po’ retrò degli anni ’40 e ’50. Ci spieghi il suo significato?

La Diva del titolo l’ho presa da un passato più lontano degli anni ’40 e ’50, l’ho presa dall’invocazione che i cantori antichi facevano alle muse per essere ispirati, un’ispirazione, che come dice la parola è uno spirito che ti entra dentro, che in quei casi è proprio una possessione, non è il poeta che canta è la musa che canta per bocca del poeta. Io gli ho voluto dare un senso più esistenziale e anche assistenziale, non voglio che mi ispiri solo canzoni ma che mi regga proprio.

In questo disco hai cercato di fondere il cantautorato italiano al rock inglese e americano degli anni ’70 e ’80. Quali sono gli artisti dai quali sei partito per creare questo mix?

Non è mai, almeno per me fin’ora, un percorso ragionato come cucinare un piatto, decidendo che ingredienti metterò e perché, diciamo che per rimanere nella metafora culinaria cucino con quello che trovo nel frigo. Mi piace tantissima musica, tutta diversa, ma prediligo la forma canzone, e viene naturale scrivendo e cantando che alcune cose si leghino a un mondo oppure ad un altro.

Dopo l’esperienza con i Joe Victor hai deciso di dedicarti alla carriera solista, spostando la scrittura dei pezzi dalla lingua inglese a quella italiana. È stato difficile questo passaggio oppure ti è venuto in maniera spontanea?

All’inizio sì perché utilizzavo le “frasi spot” che usavo spesso nella scrittura in inglese traducendole, invece ho capito che bisogna parlare di quello che si vive e si sente, e di come entrambe queste due cose si intreccino e vederne i nodi, come se lo stessi raccontando a un’amica e poi il resto, se è buono, ci pensa la musa.

Nelle tue canzoni, anche quelle più malinconiche, c’è sempre un fondo di ironia. Quanto è importante questo elemento all’interno della tua musica?

È la cosa più importante di tutte, è come avere un occhio che è un satellite, che vede le cose dall’alto, ogni cosa con l’occhio satellite dell’ironia prende altre proporzioni, ogni lacrima può diventare una risata, ogni doloro un piccolo momento di un grande mosaico, senza ironia si finisce con il prendersi troppo sul serio, e rimanere incastrati nelle sue note più traumatiche della vita.

Durante la creazione di “Tienimi la mano, Diva!” hai ricevuto l’aiuto di due professionisti e veterani della scena musicale italiana come Francesco Bianconi dei Baustelle e Ivan Rossi. Qual è stato l’apporto che sono riusciti a dare al disco?

Lavorare con Francesco Bianconi e Ivan Rossi è stato speciale, sono artisti incredibili e persone eccezionali, hanno un modo meraviglioso di vedere la musica. Francesco è pura ispirazione, mentre Ivan è un vero mago del suono.

C’è una canzone dell’album che è ti rimasta in testa più di altre?

A rotazione tutte, un giorno una un giorno l’altra e poi di nuovo da capo.

Qual è il messaggio che, più di tutti, vuoi che arrivi a chi ascolta “Tienimi la mano, Diva!”?

Che esiste una violenza nella parte più profonda del nostro intimo e che non dobbiamo mai dimenticarci quanto può essere liberatoria una canzone quando è straziata dal cuore, e come questa ci fa vedere quella violenza che abbiamo dentro come uno dei momenti più vivi della nostra vita. 

a cura di
Luca Barenghi

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