The Recruit: come non essere 007

Approdata sulla piattaforma Netflix il 16 dicembre, The Recruit si muove tra commedia e spy story, portando in scena le vicende di un giovane avvocato della CIA alle prime armi, interpretato da Noah Centineo.
Ufficio affari legali semplicemente complicati
Quante volte ci siamo detti: “da grande voglio essere un agente segreto”, vuoi per James Bond, vuoi per uno dei milioni di film e libri sul genere usciti negli ultimi 50 anni.
Io stesso, in uno dei miei viaggi oltreoceano, seduto su una panchina davanti al pentagono mi sono chiesto come fosse stare li dentro, cosa si potesse provare ad essere il protagonista di una di quelle missioni tanto decantate nei film di spionaggio.
Spinto da questo moto d’interesse, all’uscita di The Recruit mi sono lanciato di schianto sul telecomando della mia tv e ho iniziato la visione dei suoi otto episodi, divorandomeli in men che non si dica.
Ma come ci sono finito qui in mezzo?
Ecco, dopo questo fantastico preambolo, possiamo dire che The Recruit non parla di agenti segreti, o meglio ne parla, ma non come siamo abituati a vederli. Niente superuomini in grado di spaccare tutto con un mignolo o agenti in giacca e cravatta con l’ultimo ritrovato tecnologico tra le mani, pronti per risolvere tutto con un martini, agitato non mescolato.
Ma allora cosa bisogna aspettarsi da questa serie d’azione, ma non solo?
Partiamo subito col dire che si tratta di un procedural drama, ma che, come spesso accade in questo periodo, è un ibrido che si lascia andare anche a molti momenti tragicomici. Questa corrente della commistione sta avendo sempre più estimatori facendoci tornare indietro nel tempo di circa 15 anni e ricordandoci forse il suo più celebre predecessore “Chuck”.
L’inserimento di questa serie all’interno del filone e la programmazione in un momento come quello sotto le feste può certamente dare una spinta a The Recruit e alla sua sopravvivenza, vero mamma Netflix?
Non sono una spia, sono un avvocato
Siete al vostro secondo giorno di lavoro, nessuno vi conosce, negli occhi avete la felicità del posto dei sogni, il primo incontro col capo.
Da questo preludio potrebbe sembrare la storia perfetta per il nostro protagonista e, invece, è l’inizio di un turbinio di eventi che porteranno lui e tutti coloro che lo circondano in una spirale discendente fino ad arrivare all’inaspettato colpo di scena finale.

Owen (Noah Centineo) è un giovane avvocato da poco assunto alla CIA, il suo lavoro all’interno dell’ufficio legale dovrebbe essere semplice, seguire contenziosi per l’agenzia standosene comodo alla sua scrivania.
Lester (Colton Dunn) e Violet (Aarti Mann) sono due colleghi che vedono nell’ultimo arrivato il pesce perfetto per scaricargli tutte le peggio scartoffie, ma proprio da questo “lascito” inizia tutto. Alla ricerca di serie minacce per la sicurezza nazionale tra migliaia di lettere di folli mitomani, Owen ne trova una altamente plausibile.
Max Meladze (Laura Haddock) è una ex risorsa che si trova in carcere e pur di tornare nel suo paese minaccia di rivelare tutto quello che sa ai media; dall’incontro dei due inizia “una serie di sfortunati eventi” che tra sparatorie, colleghi arrivisti e superiori che fanno tutto ciò che è in loro potere per insabbiare verità scomode, porteranno il nostro protagonista a disilludersi sul mondo lavorativo che lo circonda e sui giochi di potere annidati dietro ad esso.

Forse, una nuova stella è nata
The Recruit segna, forse, l’ascesa di Noah Centineo che, ormai lanciato come simbolo di Netflix nelle Rom-Com, cerca una nuova definizione nel suo percorso artistico con un personaggio, quello di Owen, che si allontana fortemente dai ruoli precedenti.
Si può definire la serie come un percorso di formazione tanto per il personaggio quanto per l’attore, dove inizia come un semplice avvocato per arrivare ad essere forse quello che nella sua testa lo è sempre stato, il vero personaggio di un film d’azione. Tra tutte le caratterizzazioni quella di Centineo è forse quella più calzante e sorregge, a volte, i vari personaggi secondari che si alternano nel prosecuo della storia.

Ci si aspettava di più da Laura Haddock e dalla sua Max che, introdotta come personaggio duro e “superiore”, ben presto perde di mordente salvandosi solo nelle scene di pura azione, forse più vicina alla capacità attoriale dimostrata in Transformers – l’ultimo cavaliere che in quella vista in Downtown Abbey.
La ricerca di una storia d’amore, anche se solo accennata a più riprese, è certamente la parte meno interessante della storia e forse anche la più inutile visto il mood della serie, quasi a volersi ricollegare col suo celebre predecessore Chuck, e alla sua storia d’amore con Sarah Walker nell’omonima serie. Il fulcro di tutto è lo sviluppo del personaggio di Owen in un’evoluzione fisica, spirituale e personale che ricorda molto velatamente quello che è il romanzo di formazione per eccellenza: Il Maestro e Margherita.
Una risorsa per trovarli e nell’ombra smascherarli
Questa è la perfetta serie da guardare senza troppo impegno, 8 episodi che volano veloce tra scene d’azione, battute più o meno riuscite e una disillusione sempre più incalzante andando avanti nella storia.
Per una volta la CIA ne esce non come l’agenzia perfetta che risolve tutti i problemi, ma come un’accozzaglia di persone per lo più inette che quasi si trova lì per caso e crea più danni che reali soluzioni.
Un crescendo di situazioni che portano il nostro “Eroe” da spalla a protagonista, da apprendista al più navigato dei lavoratori.
Noah Centineo riesce a scrollarsi di dosso l’etichetta di drama king per evolversi in attore pronto al grande palcoscenico, più maturo e centrale per futuri progetti di Netflix. Meno forti sia per presenza scenica che per intensità del personaggio tutti gli altri attori, forse anche penalizzati da una storia che a volte perdeva di mordente e ciò si manifestava nella narrazione.
Il finale di stagione fortunatamente è riuscito a risollevare alcune linee secondarie mantenendo alto l’interesse per un’eventuale seconda stagione, ad oggi non ancora annunciata, che potrebbe portare degli sconvolgimenti nella storia.
In attesa di novità da parte di Alexi Hawley non ci resta che aspettare e sperare che mamma Netflix non ci chiuda l’ennesima serie dopo la prima stagione.
a cura di
Andrea Munaretto