“Le otto montagne”: storia di vita e amicizia

“Le otto montagne”: storia di vita e amicizia
Condividi su

Tratto dal best seller omonimo di Paolo Cognetti, vincitore del Premio Strega nel 2017, “Le otto montagne” è diretto dalla coppia di registi belgi Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch. Già autori del dramma “Alabama Monroe – Una storia d’amore”, nominato ai Premi Oscar 2014 come miglior film straniero, ora i due, marito e moglie nella vita, ci raccontano una storia di amicizia e formazione, ambientata negli stessi luoghi in cui la storia è stata scritta.

Questo film, insignito al Festival di Cannes col Premio della Giuria, è disponibile in sala dal 22 dicembre, grazie a Vision Distribution.

Abbozzo di trama

Siamo nel 1984, e il piccolo Pietro si trasferisce con la madre a Grana, paesino della Valle d’Aosta, in cui vive solamente un altro bambino, suo coetaneo, di nome Bruno. Fra i due dodicenni s’instaurerà un’amicizia, destinata, fra alti e bassi, a durare tutta la vita. Bruno resterà sempre fedele alla montagna, mentre Pietro, il cui padre (interpretato da Filippo Timi) è ingegnere a Torino, va e torna più volte dalla città. Ciò che vi è fra i due è un vero legame di fratellanza, che non ha bisogno di troppe parole e, nonostante periodi lunghi di distacco e lontananza, resta inalterato dal tempo.

Sui due aleggia l’ombra dei loro rispettivi padri, di cui cercheranno di cancellare le impronte sul proprio cammino. In questo viaggio d’amicizia e di crescita, verranno man mano introdotti all’amore e alla perdita, alla ricerca della propria individualità. Pietro, nel suo percorso di evoluzione personale, raggiungerà le vette dell’Himalaya, creandosi una vita in Nepal, dove maturerà una diversa spiritualità, distaccandosi gradualmente dall’amico. Bruno, al contrario, resterà legato alla vita da montanaro e al lavoro in alpeggio, seguendo l’esempio dei suoi antenati, incapace di crearsi un futuro diverso.

Significato del titolo

In Nepal, Pietro troverà dunque pienamente il senso della propria esistenza. In lui, diventato col tempo scrittore, si rispecchia lo stesso autore Paolo Cognetti, che del film è stato consulente artistico e per i dialoghi, nonché guida ai percorsi in alta quota. Nel titolo, si riversa il significato pieno della vita. Secondo la tradizione locale, che Pietro ha appreso sull’Himalaya, il mondo è un cerchio composto da otto mari e otto monti, e al centro di questo mondo vi è il grande monte Sumeru, che simboleggia l’inizio della Storia di ogni essere umano.

La domanda che scaturisce da questa visione del mondo è:

Ha imparato di più chi ha visto gli otto mari e le otto montagne, o chi è stato sul monte Sumeru?

La risposta arriva dall’esperienza dei due protagonisti.

Pietro, viaggiatore e pellegrino nel mondo, incarna la figura del viandante, di chi del mondo ha conosciuto più lati; Bruno, invece, per tutta la vita è rimasto, in esistenza solitaria, sulla cima del monte Sumeru, il centro unico del proprio mondo.

Messaggi e metafore

Molti sono dunque i punti di riflessione che possono scaturire dalla visione di questo film.

In Bruno, incarnazione dell’uomo selvaggio, incastonato e parte inseparabile dell’ambiente e della Natura a lui circostante, si può vedere l’ostinazione del lavoro e l’incapacità di separarsi dalle proprie radici. La Natura, che lui vive come essenza reale e concreta, dando ad ogni elemento un proprio nome, nel dialetto locale, domina sovrana, indomabile e dominatrice sulla vita in ogni sua parte. Il lavoro d’alpeggio, con la fatica e l’incertezza, derivati specialmente dalla stagione invernale, è una lotta alla sopravvivenza.

Pietro, per tutta la vita diviso tra la città e la montagna, due lati della personalità del padre, mai realmente conosciuto, e della sua stessa anima, attraverso un diverso percorso di purificazione, dovrà ricostruire la propria esistenza dai ruderi della vita non realizzata del padre. Egli, infatti, nel suo sogno di pellegrino sulle montagne, sarà il tramite attraverso cui i due bambini per primi intrecceranno le proprie vite, e contemporaneamente il motivo del loro distacco.

Riflessioni finali

Il film, in prevalenza girato nel 2021 a Brusson, durante 5 mesi di riprese, ci porta al centro dell’immagine, a partire dallo stesso formato scelto dai registi, il 4:3.

Attraverso tale scelta, siamo condotti a fissare lo sguardo sui personaggi, in primis su Luca Marinelli (voce narrante del film e interprete di Pietro) e Alessandro Borghi, Bruno.

A dominare sono i primi piani, gli sguardi e i volti, per cui le emozioni si manifestano con potenza nella narrazione.

L’intesa fra i due protagonisti traspare autentica, ed è bello rivederli, loro che sono davvero amici nella vita, nuovamente insieme, a sette anni di distanza dal film “Non essere cattivo”, diretto nel 2015 da Claudio Caligari, prematuramente scomparso poco tempo dopo.

Col taglio prescelto dell’inquadratura, dobbiamo poi immaginare il paesaggio oltre al frame visibile, per cui la Natura diventa in sé personaggio ancora più evidente e vivo.

La montagna viene vissuta dai protagonisti e dalla stessa troupe del film completamente, camminando dai 1500 ai 3500 metri, fino a raggiungere i 4000 metri per le scene ambientate sul ghiacciaio. Ad intrecciare insieme il tutto, contribuisce la fantastica partitura sonora ad opera di Daniel Norgren, cantante e compositore svedese.

Nota finale: Se volete proseguire la visione dopo questo film e approfondire la figura dello scrittore Paolo Cognetti, è consigliata la visione del documentario del 2020 “Sogni di Grande Nord”, diretto da Dario Acocella.

a cura di
Matteo Sisti

Seguici anche su Instagram!
LEGGI ANCHE – https://thesoundcheck.it/2022/12/21/avatar-la-via-dellacqua-cameron-e-tornato/
LEGGI ANCHE – https://thesoundcheck.it/2022/12/14/goodbye-dragon-inn-ventanni-di-un-classico/
Condividi su

Matteo Sisti

Un pensiero su ““Le otto montagne”: storia di vita e amicizia

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *