Setak e il suo nuovo album “Alestalé”
Alestalé è il nuovo album del cantautore abruzzese Setak che unisce il dialetto abruzzese a sonorità internazionali, punto fermo del sodalizio creato tra Nicola Pomponi e Fabrizio Cesare, che cura la produzione artistica anche di questo nuovo lavoro come era stato per l’album d’esordio di Setak, Blusanza, uscito nel maggio 2019.
In questo bellissimo viaggio Nicola (Setak) ci accompagna lungo le strade che raccontano la sua terra, la sua anima. E “a mano a mano” che andiamo avanti ci accorgiamo che tutti i colori che danno vita al suo ultimo album somigliano alla nostra storia, agli “attimi” che non sapevamo di possedere.
Alestalè è pieno di musica che ricorda l’estate, quella di quando eravamo bambini, quella che non seguiva nessuna moda, perché aveva un vestito tutto suo che gli stava benissimo. Alestalè non è una “sorpresa”, però è pieno di regali che valgono la pena di essere scoperti, anche d’estate.
L’INTERVISTA
Se per un artista il primo album è un salto nel vuoto, il secondo è addirittura un lancio nello spazio. Setak, per la seconda volta, è riuscito a convincere, e a vincere, seguendo il proprio istinto. Sei riuscito a seguire il tuo cuore senza minimamente farti influenzare da quello che oggi viene definito “Hype”, qual è il tuo super potere?
Mah, la risposta è molto semplice. Non riesco a dedicare il mio tempo a qualcosa che non mi interessa. Se l’“hype” del momento mi interessasse, mi sarei fatto influenzare molto volentieri. Ho semplicemente fatto quello che secondo me dovrebbe fare qualsiasi artista in circolazione, tracciare un “proprio” percorso, dar voce al proprio stile e alla propria unicità. Sì, mi rendo conto che attualmente questa è una cosa davvero poco cool.
Nelle 12 tracce che vestono il tuo ultimo album, “Alestalé”, è possibile ascoltare uno spaccato della società moderna, tante piccole sfumature di vita. Si parla di forza, di amore, di violenza e di cadute. Si raccontano tante cose, ma la voce principale è un sussurro alla dolcezza, quasi a voler abbracciare l’ascoltatore e dirgli che “tutto andrà bene, in ogni caso”. La pandemia dell’anno passato ha influenzato in qualche modo la creazione del tuo ultimo lavoro?
Il disco era pronto già da prima e la pandemia non mi ha assolutamente influenzato. Anzi, non vorrei mai che qualcosa della mia produzione un domani mi facesse ripensare alla pandemia. Per il resto, come hai già detto tu, Alestalé è un’esortazione ad andare avanti, a non partire sconfitti, a cercare una propria strada, una propria identità. Comunque vadano le cose… Alestalé!
Andando al di là di tutto il tuo operato, sarebbe bello sapere cosa ascolta Nicola (Setak), cosa emoziona un cantautore che ha scelto di portare avanti la sua terra, utilizzandola come vela per dar voce al proprio vento e al proprio viaggio.
Questa domanda mi mette sempre in difficoltà. Sono cresciuto consumando dischi mentre cercavo di imitare i miei idoli alla chitarra. Ho sempre paura di dimenticare qualcuno fondamentale e questo accade spesso. Comunque per farla breve, sono totalmente affascinato da quegli artisti che possono sorprendermi: Paul Simon, Bob Dylan, Peter Gabriel, John Lennon, Van Morrison sono tra i miei punti di riferimento.
Chitarristicamente sono molto legato a Ry Cooder, Ali Farka Tourè, Steve Cropper, Jimmy Page, Jimmy Vaughn, Peter Green, ecc… Di artisti più recenti ho grande stima di Bon Iver, Fink, Silvia Perez Cruz, Marò, St. Vincent. Tra gli italiani in attività ho molto apprezzato l’ultimo disco di Bersani e nel suo genere, anche se è molto lontano da me, Cosmo fa un percorso molto interessante perché è differente da quelli del suo ambiente. Oltre a trovarlo più musicale, ti può sorprendere.
Un disco che ha sposato due figure, Fabrizio Bosso e Francesco Di Bella, nella canzone “Coramare”, come unici riferimenti esterni al tuo panorama. Questa è stata una scelta dettata dai battiti del cuore o una semplice decisione stilistica per dare sonorità ibride al tuo racconto?
E’ stata totalmente una scelta dettata dalla necessità. Non mi interessano i featuring intesi come vetrina promozionale. Mentre registravo in studio Coramare ho sentito il richiamo di Napoli e ho pensato subito a Francesco. Stesso discorso per Bosso. Ho avuto la possibilità di collaborare con lui e il pezzo stesso lo ha chiamato nonostante fosse in quel momento, da un punto di vista tecnico e organizzativo, il più “scomodo”.
C’è anche un’altra collaborazione nell’album di cui sono molto orgoglioso. Si tratta del mio compaesano (e grande amico) Mimmo Locasciulli col quale ho composto e cantato Lu juste arvè, un brano che racconta del lascito spirituale che i padri tramandano ai figli.
Dalla cinquina delle Targhe Tenco ad un nuovo album, il secondo, Setak mantiene sempre la propria direzione, come se già conoscesse il proprio punto di arrivo, il punto d’approdo durante il suo viaggio. Il tuo ostinato coraggio è sicuramente un premio alla musica, a chi la fa perché ci crede davvero, al di là di qualsiasi convenzione. Esistono nuovi progetti per questi anni futuri in cui la musica (si spera) ricomincerà a vedere i palchi e le folle?
Io posso semplicemente sperare che le cose vadano sempre meglio. Io farò la mia parte portando dal vivo Alestalé. E sono contento finalmente di annunciare le prime date del tour estivo, che partirà da Roma il 15 luglio, e prosegue poi il 17 a Pescara, il 27 a Loano (SV) per il Premio Loano, il 2 agosto a Torre Alfina (VT), il 14 agosto a Roseto (TE) e il 20 a Spolotore, con Mimmo Locasciulli. Dopo questo anno di attesa, non vedo l’ora di poter trovare un pubblico in carne ed ossa che viene ad ascoltarci!
Che consiglio daresti ai giovani cantautori che decidono di iniziare il loro viaggio, ma che ancora fanno fatica nel trovare la propria identità?
Non so se sono la persona giusta per dare consigli ma posso sicuramente dire quello che provo a fare io. Cerco di tenere le antenne dritte, non solo sulla musica ma su tutto. Per esempio la lettura di un libro può essere più efficace di mille canzoni o di tante ore passate sullo strumento. Cerco di essere curioso, di osservare e di capire l’essenza delle cose, delle persone, di un’opera, di una canzone. Lo faccio cercando di levare le sovrastrutture che possono depistare per individuarne la vera natura fondamentale.
Un’altra cosa che ho capito nel corso degli anni è che fossilizzarsi solo su un genere o su uno stile può essere mortificante. Si finisce per diventare dei replicanti dei propri idoli. Detto questo gli direi, Alestalé!
Un abbraccio!
a cura di
Alessandro Di Domizio