Dischi che escono – Giugno 2021

Dischi che escono – Giugno 2021
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Dieci dischi da ascoltare mentre si spera che chiunque tranne la Francia vinca Euro 2020

Per la prima volta dal dopoguerra non è applicabile l’imbattibile regola per il riconoscimento degli anni bisestili: quelli in cui si giocano gli Europei. È solo una delle tantissime certezze che il COVID ha disintegrato, rendendoci più insicuri e più titubanti. Per fortuna alcune continuano a sopravvivere, tipo che i gatti sono meglio dei cani, che le band pop punk dei primi 2000 sono immortali (non qualitativamente), che in estate a parte le hit annuali di Enrique Iglesias esce sempre poca roba. Tuttavia dieci dischi da prendere c’erano.

Japanese Breakfast – Jubilee

L’indie pop di Michelle Zauner (che è mezza coreana e mezza statunitense, senza apparenti tracce di Giappone) si sbilancia fortemente più verso il pop che verso l’indie, ed è una mossa azzeccatissima: la patina eterea a rischio inconcludenza dei precedenti album viene sostituita da bassi alla Nile Rogers (Be Good) e una netta sensualità (Posing in Bondage). Proprio alla fine c’è pure una ballatona da Dinosaur Jr con un lungo assolo, perfetta proprio perché non c’entra niente.

L’highlight: Posing in Bondage
Per chi apprezza: Le produzioni asiatiche per occidentali

7/10

Wolf Alice – Blue Weekend

Ellie Rowsell si affina prepotentemente come songwriter e come performer e, alla terza uscita dei suoi Wolf Alice dopo un discreto esordio e un ottimo seguito, piazza il capolavoro assoluto. Indie-space rock dalle sfaccettature molteplici, con il pezzo folk apocrifo degli ABBA, l’inno con il piano insistito che vuole suonare come Elton John, un sinuoso pezzo trip-hop che parla in scioltezza di autoerotismo femminile. Eccetera eccetera. Il tutto (tranne un pezzo punk inutile nel mezzo) suonato perfettamente e cantato in maniera incredibile. Disco dell’anno a meno di miracoli.

L’highlight: una qualsiasi eccetto Play the Greatest Hits
Per chi apprezza: avere il senso dell’udito

9/10

Maroon 5 – Jordi

Jordi è un nome proprio che, in periodo di europei, non può che ricordarmi uno specifico Jordi della nazionale spagnola che infranse i sogni della scandalosa Italia di Prandelli in finale di Euro 2012 con un secco 4-0. Tutto sommato, se ripenso all’angoscia di quelle due ore di quella finale, al senso di nullità che trasmisero tutti e undici i poveracci in maglia azzurra, a Casillas che chiedeva all’arbitro di non fare giocare tutto il recupero per pietà, non sono sicuro che siano statis molto peggio dei quaranta minuti e rotti necessari per ascoltare il Jordi dei Maroon 5. Che sono alla frutta, da anni ormai, e lo certificano nel modo più evidente che una “band” può fare: circondarsi di una squadra di calcio di ospiti (anche in maniera postuma, come nel caso di Juice WRLD) e realizzare il nulla.

L’highlight: …
Per chi apprezza: Farsi del male

1/10

King Gizzard & The Lizard Wizard – Butterfly 3000

Se si facesse una rubrica dei nuovi album usciti su base non mensile ma trimestrale, i King Gizzard sarebbero presenti ad ogni appuntamento. Butterfly 3000, che non sarà veramente il numero 3000 ma poco ci manca, è l’ennesima variazione sul tema di una band che sa fare tutto e finisce per fare quello che gli pare, in maniera sempre equamente fresca, divertita e ovviamente poco rifinita. Sono gli amici che dicono genialate ogni volta che li vedi, che ti fanno ridere sempre, di cui poi però alla fine non ti ricordi quasi niente. Questa volta si ricorderà un approccio vagamente più pop, più leggero, più allegro, che sicuramente – di questi tempi ma in realtà in qualsiasi periodo – non fa male.

L’highlight: Blue Morpho
Per chi apprezza: L’estemporaneità e l’allegria

6.5/10

Rise Against – Nowhere Generation

I Rise Against nel 2021 sono un concetto che fondamentalmente di suo già fa ridere, con Tim Mcllrath che superati i 40 sembra una via di mezzo tra un impiegato delle poste e una variante un po’ più giovane del povero Eriksen (che però di anni ne ha 29). Lineamenti a parte rimane tutto per com’è sempre stato: un pop punk con un elevatissimo nostalgia factor, ottimo per fare scorribande con le macchine pimpate nei primissimi Need For Speed Underground e sentirsi degli adolescenti riottosi e politicamente impegnati.

L’highlight: Nowhere Generation
Per chi apprezza: Al Gore

5/10

Cautious Clay – Deadpan Love

Joshua Kerpeh, classe 1993 e il nome d’arte più bello della storia dei nomi d’arte (dopo aver vinto al fotofinish la sfida contro Com Truise), pubblica il suo vero esordio dopo una carriera di songwriter per gente di bassissimo livello come John Legend e Taylor Swift. Le capacità ci sono, l’attitude anche, con un r&b a cavallo tra il Childish Gambino allegrotto e il Post Malone romantico, da macchinata al crepuscolo al ritorno dal mare.

L’highlight: Whoa
Per chi apprezza: l’hip-hop delicato

7/10

Garbage – No Gods No Masters

I Garbage hanno un’esistenza abbastanza travagliata e soltanto sette album in quasi trent’anni di discografia. No Gods No Masters arriva a cinque anni dal precedente e riprende un discorso musicale ininterrotto e mai evoluto dai tempi di Stupid Girlo e Only Happy When It Rains, solo ovviamente più stantio, meno interiorizzabile, semplicemente lontano. Per i non nostalgici è facilissimo passare oltre.

L’highlight: Wolves
Per chi apprezza: l’assenza di compromessi

4.5/10

Kings of Convenience – Peace or Love

I due menestrelli norvegesi, mai scioltisi ufficialmente, tornano a pubblicare un album a dodici anni dall’ultimo Declaration of Dependence, e in tutto questo tempo non è cambiato praticamente nulla: due acustiche, una serie infinita di arpeggi con corde pizzicate pianissimo, sentori blues, liriche sussurrate, nessuna soluzione di continuità. Da Misread, da quella hit incredibile del 2004, sembrerebbe che abbiano fatto una sola, lunga, delicatissima canzone. E va bene così.

L’highlight: Rocky Trail
Per chi apprezza: il tempo, quando si ferma

7/10

The Mountain Goats – Dark In Here

Grezzo, triste, diretto. Una raccolta corposa e devastante di canzoni che parlano di tragedie e disastri, con arrangiamenti ricercati e un gusto retrò che non fa mai male. Anche tre dischi in un anno, con forse un po’ più di incisività in più rispetto ai summenzionati KJ.

L’highlight: Rocky Trail
Per chi apprezza: il tempo, quando si ferma

7/10

Pendulum – Elemental

Ed è infine arrivato il momento: i Pendulum ritornano. Per davvero. Non a fare i dj set, ma a portare dall’altro lato del pianeta terra una musica di una tamarraggine tale da sembrare importata da altri pianeti dove il senso del gusto non esiste. È roba terribile, un rock elettronico senza capo né coda, vincitore morale di ogni loudness war, kitsch, con parti sintetiche stucchevoli e voci agghiaccianti. È perfetto così. È esattamente ciò che volevamo. Bentornati.

L’highlight: Tutto
Per chi apprezza: le garanzie

10/10

a cura di
Riccardo Coppola

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Riccardo Coppola

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